Duomo di Milano
Il Duomo di Milano, ufficialmente Cattedrale Metropolitana della Natività della Beata Vergine Maria (Dòmm de Milan in milanese, IPA: [ˈdɔm de miˈlãː]), è la cattedrale dell'arcidiocesi di Milano e monumento nazionale italiano. Simbolo del capoluogo lombardo, e situato nell'omonima piazza al centro della metropoli, è dedicata a santa Maria Nascente. È la chiesa più grande d'Italia (la più grande della Repubblica Italiana, giacché la basilica di San Pietro, più grande, è nel territorio della Città del Vaticano; la seconda più grande considerando, invece, tutta la penisola italiana), la terza nel mondo per superficie, la sesta per volume. È sede della parrocchia di Santa Tecla nel duomo di Milano..
Nel luogo in cui sorge il duomo un tempo si trovavano l'antica cattedrale di Santa Maria Maggiore, la cattedrale invernale, e la basilica di Santa Tecla, cattedrale estiva. Dopo il crollo del campanile (1386), l'arcivescovo Antonio da Saluzzo, sostenuto dalla popolazione, promosse la ricostruzione di una nuova e più grande cattedrale (12 maggio 1386), che sorgesse sul luogo del più antico cuore religioso della città[1]. La costruzione della cattedrale fu dettata anche da scelte politiche ben precise: con il nuovo cantiere la popolazione di Milano intendeva rimarcare la centralità di Milano agli occhi di Gian Galeazzo che, con un colpo di Stato, aveva da poco deposto lo zio Bernabò e riunificato i domini viscontei, preminenza messa in dubbio dalla scelta del nuovo signore di risiedere e di mantenere la sua corte, come già il padre Galeazzo II, a Pavia e non a Milano[2][3]. Per il nuovo edificio si iniziò ad abbattere entrambe le chiese precedenti: Santa Maria Maggiore venne demolita per prima, Santa Tecla in un secondo momento, nel 1461-1462 (parzialmente ricostruita nel 1489 e definitivamente abbattuta nel 1548)[4].
La nuova chiesa, a giudicare dai resti archeologici emersi dagli scavi nella sacrestia, doveva prevedere originariamente un edificio in mattoni secondo le tecniche del gotico lombardo. Nel 12 gennaio 1387 si gettarono le fondazioni dei piloni, opere colossali che erano state già progettate su disegno l'anno precedente. Durante il 1387 si continuarono gli scavi delle fondazioni e si continuarono i piloni. Ciò che fu fatto prima del 1386 venne tutto disfatto o quasi. Nel corso dell'anno il duca di Milano Gian Galeazzo Visconti, assunse il controllo dei lavori, imponendo un progetto più ambizioso[1]. Il materiale scelto per la nuova costruzione divenne allora il marmo di Candoglia (e in misura molto minore anche il marmo di Ornavasso[5]) e le forme architettoniche quelle del tardo gotico di ispirazione renano-boema. Il desiderio di Gian Galeazzo era infatti quello di dare alla città un grandioso edificio al passo con le più aggiornate tendenze europee, che simboleggiasse le ambizioni del suo Stato, che, nei suoi piani, sarebbe dovuto diventare il centro di una monarchia nazionale italiana come era successo in Francia e in Inghilterra, inserendosi così tra le grandi potenze del continente. Gian Galeazzo mise a disposizione le cave e accordò forti sovvenzioni ed esenzioni fiscali: ogni blocco destinato al Duomo era marchiato AUF (Ad usum fabricae), e per questo esente da qualsiasi tributo di passaggio. Come testimonia il ricco archivio conservatosi fino ai giorni nostri, il primo ingegnere capo fu Simone d'Orsenigo, affiancato da altri maestri lombardi, che nel 1388 iniziarono i muri perimetrali. Nel 1389-1390 il francese Nicolas de Bonaventure venne incaricato di disegnare i finestroni[4].
A dirigere il cantiere vennero chiamati architetti francesi e tedeschi, come Jean Mignot, Jacques Coene o Enrico di Gmünd, i quali però restavano in carica per pochissimo tempo, incontrando una scoperta ostilità da parte delle maestranze lombarde, abituate a una diversa pratica di lavoro. La fabbrica andò quindi avanti in un clima di tensione, con numerose revisioni, che nonostante tutto diedero origine a un'opera di inconfondibile originalità, sia nel panorama italiano che europeo[1].
Inizialmente le fondazioni erano state preparate per un edificio a tre navate, con cappelle laterali quadrate, i cui muri divisori potessero fare anche da contrafforti. Si decise poi di fare a meno delle cappelle, portando il numero delle navate a cinque e il 19 luglio 1391 venne deliberato l'ingrossamento dei quattro pilastri centrali. Tuttavia c'era una crescente preoccupazione per la stabilità dell'intera struttura, per via di insufficienti masse inerziali da contrapporre all'azione delle spinte. Così nel settembre dello stesso anno venne interrogato il matematico piacentino Gabriele Stornaloco per definire la sezione trasversale e l'alzato, attraverso una precisa diagrammazione geometrica e cosmologica (lo Stornaloco era anche un astronomo e cosmografo). Il 1º maggio 1392 si scelse la forma delle navate progressivamente decrescenti per un'altezza massima di 76 braccia[4].
Tuttavia i rapporti tra Gian Galeazzo e i vertici della fabbrica (scelti dai cittadini di Milano) furono spesso tesi: il signore (che nel 1395 era divenuto duca di Milano) intendeva trasformare il duomo nel pantheon dinastico dei Visconti, inserendo nella parte centrale della cattedrale il monumento funebre del padre Galeazzo II e ciò trovò la forte opposizione sia della fabbrica sia dei milanesi, che volevano rimarcare la propria autonomia. Ne nacque uno scontro, che costrinse Gian Galeazzo a decidere la fondazione di un nuovo cantiere destinato esclusivamente alla dinastia viscontea: la Certosa di Pavia, alla quale, senza scrupolo, destinò a più riprese molti dipendenti della fabbrica del Duomo, anche di alto livello, come Giacomo da Campione o Giovannino de’ Grassi[3][6].
Costruzione del corpo basilicale Filippo Abbiati, San Carlo entra a Milano (1670-80)Nel 1393 fu scolpito il primo capitello dei pilastri, su disegno di Giovannino de' Grassi, il quale curò un nuovo disegno per i finestroni e fu ingegnere generale fino alla morte nel 1398. La presenza dei capitelli sui pilastri lo differenzia nettamente dal gotico d'oltralpe, dove le nervature dei pilastri proseguono nelle arcate dando maggiore slancio verticale alla costruzione. Nel 1400 prese il suo posto Filippino degli Organi, che curò la realizzazione dei finestroni absidali. Dal 1407 al 1448 egli fu responsabile capo della costruzione, che portò a termine la parte absidale e il piedicroce, chiuso provvisoriamente dalla facciata ricomposta di Santa Maria Maggiore[4].
Il 16 ottobre 1418 Papa Martino V consacrò l'altare maggiore, spostato nella sua posizione definitiva al centro della nuova crociera tra l'11 e il 12 ottobre. L'altare fino a quel momento era rimasto infatti nella sua precedente collocazione nel vecchio corpo di Santa Maria Maggiore, protetto dai resti della vecchia abside, demolita solo in quest'occasione. La cerimonia fu grandiosa ed ebbe una grandissima partecipazione popolare, anche se vanno considerate inverosimili le cifre proposte dalle cronache dell'epoca (80 000 e 100 000 persone), corrispondenti probabilmente alla totalità della popolazione cittadina di allora[7].
Dal 1452 al 1481 fu a capo del cantiere Giovanni Solari, che per i primi due anni fu affiancato anche dal Filarete, architetto toscano chiamato dal duca Francesco Sforza. Seguirono Guiniforte Solari, figlio di Giovanni, e Giovanni Antonio Amadeo, che con Gian Giacomo Dolcebuono costruì il tiburio nel 1490. Alla morte dell'Amadeo (1522) i successivi maestri fecero varie proposte "gotiche", tra le quali quella di Vincenzo Seregni di affiancare la facciata con due torri (1537 circa), non realizzata[4].
Nel 1567 l'arcivescovo Carlo Borromeo impose una ripresa solerte dei lavori, mettendo a capo della Fabbrica Pellegrino Tibaldi, che ridisegnò il presbiterio, il quale venne solennemente riconsacrato nel 1577, anche se la chiesa non era ancora terminata[4].
Questione della facciata Il Duomo alla fine del SettecentoPer quanto riguarda la facciata, Pellegrino Tibaldi disegnò un progetto nel 1580, basato su un basamento a due piani animato da colonne corinzie giganti e con un'edicola in corrispondenza della navata centrale, affiancata da obelischi. La morte di Carlo Borromeo nel 1584 significò l'allontanamento del suo protetto che lasciò la città, mentre il cantiere veniva preso in mano dal suo rivale Martino Bassi, che inviò a Gregorio XIV, papa milanese, un nuovo progetto di facciata[4].
Progetto del Tibaldi.Nel XVII secolo la direzione dei lavori vide la presenza dei migliori architetti cittadini, quali Lelio Buzzi, Francesco Maria Richini (fino al 1638), Carlo Buzzi (fino al 1658) e i Quadrio. Nel frattempo nel 1628 era stato fatto il portale centrale e nel 1638 i lavori della facciata andavano avanti, con l'obiettivo di creare un effetto a edicole ispirato a Santa Susanna di Roma[4]. A tal fine pervennero nel XVIII secolo i disegni di Luigi Vanvitelli (1745) e Bernardo Antonio Vittone (1746)[4].
Tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce completò il coronamento del tiburio e la guglia maggiore, sulla quale fu innalzata cinque anni dopo la Madonnina di rame dorato[8], destinata a diventare il simbolo della città. Lo schema della facciata di Buzzi venne ripreso a fine secolo da Luigi Cagnola, Carlo Felice Soave[9] e Leopoldo Pollack. Quest'ultimo diede inizio alla costruzione del balcone e della finestra centrale.
Nel 1805, su istanza diretta di Napoleone Bonaparte, Giuseppe Zanoia avviò i lavori per il completamento della facciata, in previsione dell'Incoronazione di Napoleone Re d'Italia, che avvenne il 6 maggio 1805. Il progetto venne finalmente concluso nel 1813 da Carlo Amati[4]. Proseguì per tutto l'Ottocento l'aggiunta di statue e l'erezione delle guglie, a opera di vari architetti (Pestagalli, Vandoni, Cesa Bianchi), su ispirazione delle guglie quattrocentesche. Tra gli scultori che vi lavorarono nei primi anni dell'Ottocento, si può ricordare Luigi Acquisti.
Manutenzione e restauri Portone principale: un dettaglio del danno del bombardamento Fianco destro dopo i bombardamenti del 1943Nel 1866 venne demolito il basso campanile che si trovava sulla navata e le campane vennero trasferite nel tiburio, tra le doppie volte. Per tutto il XIX secolo furono completate le guglie e le decorazioni architettoniche, fino al 1892[4]. Per tutto il secolo si susseguirono inoltre lavori di restauro, volti a sostituire i materiali danneggiati dal tempo.
Nel corso della seconda guerra mondiale, la Madonnina venne coperta da stracci, onde evitare che i riflessi di luce sulla sua superficie dorata da poco rifatta potessero venire usati come punto di riferimento per i bombardieri alleati in volo sulla città, mentre le vetrate furono preventivamente rimosse e sostituite da rotoli di tela. Pur non essendo stato centrato da bombe a elevato potenziale, anche il duomo venne danneggiato durante i bombardamenti aerei e il suo portone centrale bronzeo mostra ancora oggi alcune "ferite" da parte di spezzoni di bombe esplose nelle vicinanze. Nel secondo dopoguerra, a seguito dei danni subiti dai bombardamenti aerei, il Duomo fu restaurato in gran parte, successivamente le restanti porte di legno furono sostituite con altre di bronzo, opera degli scultori Arrigo Minerbi, Giannino Castiglioni e Luciano Minguzzi.
I quattro piloni centrali che sostengono il tiburio vennero costruiti in serizzo con solo la parte esterna in marmo. Le due parti, interna ed esterna, erano tenute insieme da calce e mattoni rotti. Questa mancanza di uniformità diminuiva sensibilmente la loro capacità di sostegno. Inoltre, il tiburio e la guglia della Madonnina vennero costruiti su archi a tutto tondo, posizionati sopra gli archi ogivali. Questi archi sollecitavano i piloni in maniera non uniforme, spingendoli verso l'esterno. Nel corso del XIX secolo, nel timore che potessero crollare, vi furono numerosi interventi di restauro, i quali, più che risolvere i problemi, ne occultarono i segni. Verso la metà del XX secolo, a causa dell'aumento del traffico (con conseguenti continue vibrazioni) e dell'abbassamento della falda freatica (che portò i piloni a sprofondare leggermente), la situazione statica del Duomo divenne critica.
Nel 1969, per evitare crolli (pezzi di marmo, anche di grosse dimensioni, si erano già staccati, piombando nelle navate), la zona circostante il Duomo venne chiusa al traffico e si ordinò il rallentamento dei treni della linea 1 della metropolitana. Il restauro statico dei piloni iniziò nel 1981 e venne concluso nel 1986 in occasione del seicentenario della costruzione[4]. Ancora oggi la manutenzione della cattedrale è affidata alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, i cui interventi sono continui, tanto da fare nascere l'espressione milanese Longh come la fabbrica del Domm, per intendere qualcosa di interminabile[10].
Architetti, ingegneri e consulenti della fabbrica
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