Toscana

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Contesto di Toscana

La Toscana (AFI: /tosˈkana/) è una regione italiana a statuto ordinario di 3 649 447 abitanti, situata nell'Italia centrale, con capoluogo Firenze. Confina a nord-ovest con la Liguria, a nord con l'Emilia-Romagna, a est con le Marche e l'Umbria, a sud con il Lazio. A ovest, i suoi 397 km di coste continentali sono bagnati dal Mar Ligure nel tratto centro-settentrionale tra Carrara (foce del torrente Parmignola, confine con la Liguria) e il Golfo di Baratti; il Mar Tirreno bagna invece il tratto costiero meridionale tra il promontorio di Piombino e la foce del Chiarone, che segna il confine con il Lazio.

Il capoluogo regionale è Firenze, la città più popolata (360 843 abitanti), nonché principale fulcro storico, artistico ed economico-amministrativo; le altre città capoluogo di provincia sono: Arezzo, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa, Pisa, Pistoia...Leggi tutto

La Toscana (AFI: /tosˈkana/) è una regione italiana a statuto ordinario di 3 649 447 abitanti, situata nell'Italia centrale, con capoluogo Firenze. Confina a nord-ovest con la Liguria, a nord con l'Emilia-Romagna, a est con le Marche e l'Umbria, a sud con il Lazio. A ovest, i suoi 397 km di coste continentali sono bagnati dal Mar Ligure nel tratto centro-settentrionale tra Carrara (foce del torrente Parmignola, confine con la Liguria) e il Golfo di Baratti; il Mar Tirreno bagna invece il tratto costiero meridionale tra il promontorio di Piombino e la foce del Chiarone, che segna il confine con il Lazio.

Il capoluogo regionale è Firenze, la città più popolata (360 843 abitanti), nonché principale fulcro storico, artistico ed economico-amministrativo; le altre città capoluogo di provincia sono: Arezzo, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa, Pisa, Pistoia, Prato e Siena. Amministra anche le isole dell'arcipelago toscano, oltre a una piccola exclave situata entro i confini dell'Emilia-Romagna, in cui sono situate alcune frazioni del comune di Badia Tedalda.

Il nome è antichissimo e deriva dall'etnonimo usato dai Latini per definire la terra abitata dagli Etruschi: "Etruria", trasformata poi in "Tuscia" e poi in "Toscana". Anche i confini della odierna Toscana corrispondono in linea di massima a quelli dell'Etruria antica, che comprendevano anche parti delle attuali regioni Lazio e Umbria, fino al Tevere. Fino al 1861 è stata un'entità indipendente, nota con il nome di Granducato di Toscana con una enclave costituita dalla Repubblica e poi Ducato di Lucca. Da allora ha fatto parte del Regno di Sardegna, del Regno d'Italia e successivamente della Repubblica Italiana.

In epoca granducale aveva anche un inno, composto dal fiorentino Egisto Mosell e intitolato La Leopolda. La festa regionale, istituita nel 2001, ricorre il 30 novembre, nel ricordo del suddetto giorno del 1786 in cui furono abolite la pena di morte e la tortura nel Granducato di Toscana, primo ordinamento al mondo ad abolire legalmente la pena capitale.

Di più Toscana

Population, Area & Driving side
  • Popolazione 3745983
  • La zona 22987
Cronologia
  •   Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Toscana.
     Leonardo da Vinci

    La storia della Toscana abbraccia un lungo arco di tempo, che spazia dalla preistoria ai giorni nostri, risultando fondamentale dal Medioevo in poi per la nascita della lingua italiana, la letteratura e la scienza, nonché per l'identità culturale italiana (soprattutto il Rinascimento, oltre all'età medievale).

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      Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Toscana.
     Leonardo da Vinci

    La storia della Toscana abbraccia un lungo arco di tempo, che spazia dalla preistoria ai giorni nostri, risultando fondamentale dal Medioevo in poi per la nascita della lingua italiana, la letteratura e la scienza, nonché per l'identità culturale italiana (soprattutto il Rinascimento, oltre all'età medievale).

    Le prime tracce certe della presenza umana risalgono al Paleolitico, con comunità di cacciatori raccoglitori. Nell'VIII millennio a.C. appare in territorio toscano la cosiddetta cultura della ceramica cardiale che segna l'introduzione della rivoluzione neolitica. Tra la fine del Neolitico e il Calcolitico, nella regione ci sono importanti testimonianze lasciate dalla cultura del Rinaldone, e dalla cultura del vaso campaniforme. Con l'età del Bronzo fiorisce la cultura appenninica che verrà seguita dalla cultura protovillanoviana nella fase finale dell'età del bronzo.

    Tra il X e l'VIII secolo a.C., nell'età del ferro trova la sua massima espressione la cultura villanoviana che rappresenta la fase più antica della civiltà etrusca.[1][2][3][4][5] Mentre le aree della Toscana nord-occidentale sono abitate dagli antichi Liguri.[6] Tuttavia, il confine tra Liguri ed Etruschi cambiò più volte durante l'età del ferro. Nella Toscana nord-occidentale, l'area tra i fiumi Arno e Magra fu culturalmente allineata con gli Etruschi nella prima età del ferro, e passò sotto controllo ligure nella tarda età del ferro.[6]

    Il culmine dello splendore della civiltà etrusca fu raggiunto attorno al VI secolo a.C., con possedimenti che andavano dalla zona settentrionale della Pianura Padana, detta Etruria padana, alla Campania, detta Etruria campana: furono costruite strade, tra le quali si sono ben conservate le Vie Cave (tra Sovana, Pitigliano e Sorano), realizzarono un maestoso complesso sacro termale in località il Bagnone a Sasso Pisano, vennero bonificate alcune paludi ed edificate importanti città toscane, come Pisa, Arezzo, Chiusi, Volterra, Populonia, Vetulonia, Roselle, Fiesole oltre all'ultima importante scoperta, ancora anonima, sorta in prossimità di Prato, di Gonfienti. II livello di civiltà raggiunto da questo grande popolo è testimoniato dalle interessanti similitudini - inconsuete per il Mediterraneo del tempo - tra i diritti degli uomini e quelli delle donne e ponendo fondamentali basi per l'urbanistica romana.

    Nel III secolo a.C. gli Etruschi furono sconfitti dalla potenza militare di Roma e, dopo un primo periodo di prosperità, dovuto allo sviluppo dell'artigianato, dell'estrazione e della lavorazione del ferro, dei commerci, tutta la regione decadde economicamente, culturalmente e socialmente. I Romani, che si insediarono presso le preesistenti località etrusche, fondarono anche nuove città come Florentia e Cosa, attualmente una delle meglio conservate con le mura, il foro, l'acropoli e il capitolium, sorto originariamente come Tempio di Giove, oltre ad avere una propria monetazione. Sarà, tuttavia, dal nome latino degli Etruschi, Tusci plurale di Tuscus, che l'attuale regione prese il nome di Etruria in epoca romana, Tuscia in epoca medievale, e, infine, Toscana.

    Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente la regione passò attraverso le dominazioni ostrogota e bizantina, prima di divenire oggetto di conquista da parte dei Longobardi (569), che la eressero a ducato con sede a Lucca (Ducato di Tuscia). Con la caduta dei Longobardi per opera di Carlo Magno, il ducato divenne contea e successivamente marchesato di Lucca (Marca di Tuscia). Nell'XI secolo il Marchesato passò agli Attoni, grandi feudatari Canossiani, che possedevano anche Modena, Reggio Emilia e Mantova. A quella famiglia apparteneva la famosa Contessa Matilde di Canossa, nel cui castello avvenne l'incontro fra il papa Gregorio VII e l'imperatore di Germania, Enrico IV. Proprio in questo periodo iniziò a svilupparsi in tutta la regione il fenomeno dell'incastellamento.

    Nell'XI secolo Pisa divenne la città più potente e importante della Toscana, con l'estensione del dominio della Repubblica Marinara a quasi tutta la Toscana tirrenica, alle isole dell'Arcipelago Toscano e alla Sardegna e Corsica. A sud è presente il dominio degli Aldobrandeschi, importante casata di origine longobarda, che controllava la parte meridionale delle attuali province di Livorno e Siena, oltre all'intera provincia di Grosseto, al territorio del monte Amiata, fino all'Alto Lazio, entrando spesso in conflitto con il Papato, fino all'emergere della città di Siena, che più tardi entrerà in competizione con Firenze.

    Attorno al XII secolo inizia il periodo dei liberi Comuni, e Pistoia diventa il primo comune in Italia, con lo Statuto dei consoli del Comune di Pistoia. Nascono le prime forme di democrazia partecipativa e le associazioni di arti e mestieri, che fecero della Toscana un irripetibile esempio di autonomia culturale, sociale ed economica.

    Tra la fioritura delle varie città toscane si vede la città di Lucca divenire un centro molto ricco e prosperoso grazie alla produzione tessile ed al commercio della seta, oltre che ad essere un importante meta nella Via Francigena. Fra le città della regione si impone ben presto, per motivi culturali ed economici ma anche militari, il Comune di Firenze.

    In questo periodo che va dal X secolo al XIII secolo vengono effettuati vari tentativi di creare un coordinamento politico tra i vari poteri toscani, da quello portato avanti dei marchesi di Toscana (da Ugo il Grande a Beatrice di Lorena) a quello espresso dai comuni della Lega toscana (1197). Sarà comunque Firenze ad imporsi come forza aggregante pan-toscana tra XIV e XVI secolo.

     Cosimo I de' Medici, Granduca di Toscana

    Grazie a numerosi letterati e artisti, tra il Trecento e il Quattrocento la Toscana, ed in particolare la città di Firenze, diedero un determinante contributo al Rinascimento Italiano. Divenuta entità politicamente autonoma a partire dal XII secolo la Toscana si frammentò anch'essa in una miriade di stati tra i quali la Repubblica di Firenze e la Repubblica di Siena erano le più importanti. La fioritura dei commerci portò in alcune città della regione alla nascita delle banche (Firenze e Siena in primis). L'unificazione toscana sotto un'unica città iniziò con la politica espansionistica fiorentina già nel XIV secolo, quando la repubblica iniziò a fagocitare i territori toscani in successione, frenata solamente dalla repubblica di Siena, che a sua volta annetteva quasi tutti i territori della Maremma e del monte Amiata, e dalla Repubblica di Lucca.

     Confini della Toscana meridionale tra XV e XVI

    Durante il XV secolo salì al potere la famiglia Medici che, come le maggiori famiglie fiorentine, si era arricchita con le banche ed aveva ottenuto rilevanza politica nelle istituzioni repubblicane a partire dalla metà del Quattrocento, con Cosimo il Vecchio. A partire da Lorenzo il Magnifico il potere mediceo si consolidò (a parte due interruzioni repubblicane dal 1494 al 1512 e dal 1527 al 1530): nel 1532 Alessandro ottenne il titolo di Duca di Firenze e nel 1569 Cosimo I quello di Granduca di Toscana. In questo momento tutta l'area toscana, eccetto Lucca che rimase una repubblica autonoma, Piombino che costituiva un principato a sé stante, e l'area di Orbetello e Monte Argentario collocata nello Stato dei Presidii, era sotto la signoria fiorentina essendo caduta la repubblica di Siena nel 1555 nelle mani degli ispano-fiorentini che dal 1557 ne ebbero la sovranità.

    La famiglia Medici continuò a regnare sopra la Toscana ininterrottamente fino al 1737. L'ultimo granduca della famiglia fu Gian Gastone de' Medici che non ebbe eredi, mentre l'ultima della famiglia, Anna Maria Luisa, elettrice Palatina, si occupò del Granducato dalla morte del fratello e riuscì grazie alla sua lungimiranza a fare sì che l'immenso patrimonio artistico che era nei secoli divenuto patrimonio della famiglia non potesse essere portato via da Firenze nemmeno dai futuri regnanti che il Granducato avrebbe avuto.

    Il Granducato di Toscana, alla morte di Gian Gastone, passò alla famiglia dei Lorena, in particolare a Francesco Stefano di Lorena, già marito di Maria Teresa d'Asburgo, imperatrice d'Austria. Egli non mise mai piedi né in Toscana né a Firenze, e ne lasciò l'amministrazione al figlio Pietro Leopoldo. La più importante innovazione voluta dai Lorena, proprio grazie a Pietro Leopoldo, fu l'abolizione (per 4 anni, fino al 1790 quando fu ripristinata) della pena di morte nel Granducato di Toscana, per l'epoca una innovazione di non poco rilievo. Il provvedimento entrò in vigore il 30 novembre 1786 e, prendendo spunto da questo, è stata istituita in tempi recenti la Festa della Toscana, che si tiene ogni anno nel giorno di tale anniversario.[7][8]

    L'unica interruzione alla sovranità lorenese fu la parentesi napoleonica che durò fino al 1814, quando sul serenissimo trono granducale fu restaurato Ferdinando III figlio di Pietro Leopoldo. Lucca e Piombino invece riuscirono a mantenere una certa autonomia col governo di Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone, durante il Principato di Lucca.

    Napoleone portò in Italia, e quindi anche in Toscana, che fu annessa alla Francia, l'idea moderna di "nazione" (concetto nato con la rivoluzione industriale). Anche per reazione al nazionalismo francese, infatti, si ebbe anche in Toscana la nascita del pensiero nazionalista, che alimentò gli ideali del nazionalismo italiano, avente nella Toscana il suo centro motore: i "grandi toscani" divennero "grandi italiani" e Dante, Petrarca, Boccaccio, ma anche Niccolò Machiavelli e Galileo Galilei, vennero "arruolati" come simboli di una "Italia" da far "rinascere" a nuova vita, insieme a tutti i suoi valori di "libertà" comunale, creatività e indipendenza.

    Fu così che la Toscana divenne uno dei centri più importanti del movimento indipendentista e risorgimentale italiano. Coscienti della peculiarità, per non dire superiorità, della loro patria, i leader del movimento risorgimentale toscano si impegnarono a fondo per l'indipendenza dell´Italia.

    Lo stesso ultimo granduca regnante, Leopoldo II di Toscana, e l'ultimo primo ministro toscano, Bettino Ricasoli, furono, in tempi e modalità diversi, convinti che nell'Unità d´Italia, la Toscana avrebbe potuto meglio mantenere e sviluppare la propria identità etnica, usando un termine più moderno.

    Insomma, la Toscana, che aveva una sua etnia ben definita dai tempi antichi (basti vedere la storia del nome, che non è un latinismo - come "Italia", che non era un italianismo, altrimenti sarebbe stato "Itaglia" - ma lo sviluppo dell´etnonimo antichissimo di Etruria), preferì "investire" nel progetto "italianista" così che nel XIX secolo darà in dote al Regno d'Italia il suo immenso patrimonio culturale ed ideale, e per alcuni anni anche la capitale[9].

     Il Ponte del Diavolo a Borgo a Mozzano

    L'ultimo Granduca della Toscana fu il figlio di Ferdinando, Leopoldo II, che regnò fino all'ingresso del territorio toscano nel nascente stato unitario italiano. Il periodo lorenese fu per la Toscana un periodo illuminato, a partire dal governo di Pietro Leopoldo (che riformò l'ordinamento giudiziario), fino all'ultimo granduca che ottenne risultati molto positivi, con la costruzione delle prime ferrovie, la creazione del catasto e la bonifica della Maremma.

    Dopo le rivoluzioni del 1848-1849, il ritorno di Leopoldo venne tuttavia supportato da una guarnigione austriaca che gli alienò le simpatie popolari. Nel 1859, quando la Toscana stava per entrare nel regno dell'Italia del Nord, non si oppose in maniera tenace alla sua destituzione, ma partì da Firenze lasciandola pacificamente nelle mani dei rivoluzionari. La curiosa espressione usata nell'occasione, dato che era iniziata la rivolta alle cinque del mattino, fu che alle sei dello stesso mattino, quando il granduca partì da Firenze, la rivoluzione se ne andò a fare colazione. Il passaggio dal Granducato di Toscana allo Stato Unitario Italiano fu frutto di un'incruenta rivoluzione.

    Nel 1847 la Toscana è completamente unificata con l'entrata del Ducato di Lucca nel Granducato di Toscana a non molti anni dall'Unificazione col Regno d'Italia.

    Nei giorni 11-12 marzo 1860 fu celebrato un plebiscito, che confermò l'unione della Toscana alla monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II. I risultati del voto furono proclamati a Firenze il 15 marzo 1860 da Enrico Poggi, uno dei ministri del Governo Provvisorio Toscano. La Toscana fu così annessa al Regno di Sardegna e quindi al nascente Regno d'Italia.

     Targa commemorativa plebiscito marzo 1860 annessione Toscana al Regno d'Italia (a Campiglia Marittima)
     La suddivisione amministrativa del Granducato di Toscana attorno al 1850 Il compartimento statistico della Toscana all'interno del Regno d'Italia

    L'unione al Piemonte era vista dalla classe dirigente moderata toscana (con a capo personalità di spicco come Bettino Ricasoli e Gino Capponi) come la via migliore per valorizzare le peculiarità toscane, le libertà cittadine, preservare il potere delle aristocrazie dall´invadenza modernizzatrice dei sovrani lorenesi. L'idea, infatti, dei moderati toscani era quella di costituire una specie di federazione con le altre terre italiane[10]. Non è un caso quindi che nei primi anni di Unità, in Toscana ci fu un forte movimento federalista e autonomista che unì tutti coloro che - dai cattolici, ai garibaldini, agli ex-mazziniani, dai codini e legittimisti ai democratici, dai cattolici agli autonomisti - si opponevano al centralismo amministrativo piemontese e auspicavano un assetto federale dello Stato. Tale partito (tra i cui esponenti si ricordano Giuseppe Montanelli, l'allievo di Carlo Cattaneo, Alberto Mario, Luigi Castellazzo, Giuseppe Mazzoni, Clemente Busi, Eugenio Alberi, Padre Bausa O.P., Luigi Alberti, Giuseppe Corsi, l'arcivescovo di Pisa Cosimo Corsi, ecc.) rappresentò la più importante alternativa al partito moderato-liberale del governo unitario (tra i cui esponenti c'era Bettino Ricasoli), ed ebbe alcune riviste di un certo prestigio come La Nuova Europa (federalista-democratico), La Patria e Firenze (federalista-cattolici)[11].

    La storia della Toscana si identifica, da questo momento, con quella dello Stato Italiano, di cui fa parte, pur conservando una sua specificità che la distingue da tutte le altre regioni.

    In attesa del trasferimento della capitale a Roma, cosa che avvenne dopo la conquista savoiarda della città nel 1870, Firenze ospitò il governo della nazione per cinque anni. Nel contesto degli avvenimenti contestativi post-unificazione è stata inserita dagli storici l'avventura mistico-rivoluzionaria di David Lazzaretti, un predicatore che riuscì a muovere le folle della zona del monte Amiata e della Toscana meridionale in nome di una alternativa religiosa e sociale, a fronte non tanto dei nuovi assetti nazionali, ma soprattutto della fragilità sociale di quel territorio e del declino dei costumi del clero romano. Per aver organizzato una processione su Arcidosso, in cui le istituzione e la borghesia di allora paventavano assalti alla proprietà privata come prodotto di un socialismo che allora era solo agli albori, venne ucciso dalla forza pubblica nel 1878[12].

    Durante la Resistenza la Toscana fu teatro di una feroce e violenta guerra tra le brigate partigiane, appoggiate da buona parte della popolazione (da sempre impegnata nelle lotte sindacali e antifasciste) e l'esercito tedesco appoggiato dalle squadre fasciste. Stragi come Sant'Anna di Stazzema ricordano quanto sia stato grande il contributo dei Toscani alla Guerra di Liberazione e quanto sangue sia stato versato senza batter ciglio, pur di liberare il territorio dall'occupazione nazista.

    ^ Diana Neri, 1.1 Il periodo villanoviano nell’Emilia occidentale, in Gli etruschi tra VIII e VII secolo a.C. nel territorio di Castelfranco Emilia (MO), Firenze, All'Insegna del Giglio, 2012, p. 9, ISBN 978-88-7814-533-7.
    «Il termine “Villanoviano” è entrato nella letteratura archeologica quando, a metà dell ’800, il conte Gozzadini mise in luce le prime tombe ad incinerazione nella sua proprietà di Villanova di Castenaso, in località Caselle (BO). La cultura villanoviana coincide con il periodo più antico della civiltà etrusca, in particolare durante i secoli IX e VIII a.C. e i termini di Villanoviano I, II e III, utilizzati dagli archeologi per scandire le fasi evolutive, costituiscono partizioni convenzionali della prima età del Ferro»
    ^ Gilda Bartoloni, La cultura villanoviana. All'inizio della storia etrusca, Roma, Carocci editore, 2012. ^ Giovanni Colonna, I caratteri originali della civiltà Etrusca, in Mario Torelli (a cura di), Gi Etruschi, Milano, Bompiani, 2000, p. 25-41. ^ Dominique Briquel, Le origini degli Etruschi: una questione dibattuta fin dall'antichità, in Mario Torelli (a cura di), Gi Etruschi, Milano, Bompiani, 2000, p. 43-51. ^ Gilda Bartoloni, Le origini e la diffusione della cultura villanoviana, in Mario Torelli (a cura di), Gi Etruschi, Milano, Bompiani, 2000, p. 53-71. ^ a b (EN) Silvia Paltineri, The Ligurians, in Gary D. Farney, Guy Bradley (a cura di), The Peoples of Ancient Italy, Boston/Berlino, Walter de Gruyter Inc., 2018, ISBN 978-1-61451-520-3.
    «The Ligurian-Etruscan border changed several times during the Iron Age. According to the archaeological evidence in northwestern Tuscany, the area between the Arno and the Magra rivers seems to have been culturally aligned with the Etruscans in the early Iron Age (de Marinis and Spadea 2004, 219‒223), whereas the same area seems to be under Ligurian control in the late Iron Age. This fluctuation of borders is evident in Livy (41.13.4) who states that the territory of Luna (mod. Luni) was under the control of the Etruscans before passing to the Ligurians (Paribeni 1990; de Marinis and Spadea 2004, 369‒371; Venturino Gambari and Gandolfi 2004, 191‒204).»
    ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore :0 ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore :1 ^ Vedi su questo: Arnaldo Salvestrini, Il movimento antiunitario in Toscana (1859-1866), Firenze: Olschki Editore, 1967; Carlo Mangio, I patrioti toscani fra "Repubblica Etrusca" e Restaurazione, Firenze, Olschki, 1991 e Michele Luzzati, Orientamenti democratici e tradizione Leopoldina nella Toscana del 1799: la pubblicistica pisana, in "Critica storica", VIII, 1969, pp. 466-509; Thomas Kroll, La rivolta del patriziato. Il liberismo della nobiltà nella Toscana del Risorgimento, Firenze: Olschki Editore, 2005 ^ Vedasi in particolare Thomas Kroll, La rivolta del patriziato. Il liberismo della nobiltà nella Toscana del Risorgimento, Firenze: Olschki Editore, 2005 ^ Arnaldo Salvestrini, Il movimento antiunitario in Toscana (1859-1866), Firenze: Olschki Editore, 1967 ^ Giacomo Barzellotti, "Monte Amiata e il suo profeta", Milano, F.lli Treves, 1910
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