Cinque Terre

Le Cinque Terre (Çinque Tære in ligure) sono un frastagliato tratto di costa della Riviera ligure di levante (Riviera spezzina) situato nel territorio della provincia della Spezia, tra Punta Mesco e Punta di Montenero, nel quale si trovano cinque borghi (tre comuni e due frazioni) o, come si diceva anticamente, "terre", che elencati da nord verso sud sono: Monterosso al Mare, Vernazza, Corniglia, Manarola, Riomaggiore.

Età preromana  La costa delle Cinque Terre vista da Riomaggiore

Le prime testimonianze della presenza umana nelle Cinque Terre e nelle zone limitrofe sono costituite dai depositi della Grotta dei colombi nell'isola Palmaria, in cui sono stati rinvenuti resti di sepolture, ossa e fossili di animali, e alcuni manufatti in selce, riconducibili al Paleolitico, quando, probabilmente, l'isola era ancora unita alla terraferma.

Il Neolitico è invece testimoniato dal ritrovamento di asce levigate fatte con alcune varietà di actinolite e che fanno supporre che la zona fosse abitata da cacciatori con domicilio stabile o temporaneo in caverne o ripari rocciosi. Inoltre la caccia, favorita da un ambiente estesamente boscoso e ricchissimo di selvaggina, probabilmente rappresentò per millenni, e ancora nell'epoca romana, una fonte primaria di risorse.

Altri documenti della presenza dell'uomo in età molto antiche sono i menhir, ritrovati nella zona di Campiglia Tramonti, nei pressi dell'attuale Cappella di Sant'Antonio e sullo spartiacque presso il monte Capri. Secondo alcuni studiosi, tali pietre, potevano avere funzione legata al calendario; altri li ritengono invece precursori delle statue stele diffuse nella vicina Lunigiana.

Con l'età del bronzo si affermò l'organizzazione sociale detta "pagense", comune ad altri settori liguri: i centri elementari ("vici") erano riuniti in piccole circoscrizioni ("pagi"), che a loro volta facevano capo a "castellari" ubicati in posizioni dominanti e con prevalenti funzioni difensive. Il castellare più vicino alle Cinque Terre si trova sul monte Castellaro (valle di Pignone) e gli scavi effettuati hanno portato alla luce una notevole quantità di frammenti di vasi decorati, a testimonianza di un insediamento stabile ed importante.

Età romana  Veduta delle Cinque Terre

Le cronache militari romane testimoniano come le tribù liguri costituirono un forte ostacolo alla romanizzazione del territorio, tanto che i Romani si insediarono e concentrarono le loro attività nella piana lunense nella bassa Val di Magra.

Non è da escludere che in età augustea una parte delle popolazioni liguri abbia abbandonato le località di collinari per unirsi ai coloni romani e siano arrivate anche lungo le coste. La presenza romana è documentata a Porto Venere (citato da Strabone nel 40 a.C.) e dalla testimonianza della villa patrizia del seno di Varignano nel golfo di Spezia.

Nessun reperto materiale o prova documentale è giunta fino a noi per dimostrare un'eventuale origine romana dei borghi delle Cinque Terre come attualmente si presentano. Tuttavia l'origine latina di alcuni toponimi locali - come Volastra ("Vicus oleaster", il paese degli olivi), Manarola ("Manium arula", piccola ara dei Mani), Corniglia (fondo di Cornelio), Riomaggiore ("Rivus maior") e Monterosso ("Mons ruber") - fa pensare che l'antico tracciato viario preistorico litoraneo fosse poi utilizzato anche dai romani e che vi abbiano fatto sorgere piccoli centri di posta dei cavalli.

Il Medioevo

Dopo la caduta dell'impero romano questa zona segue le vicende della Liguria: sarà dominio gotico, bizantino, longobardo e franco. Nel X secolo feudale è parte della Marca obertenga, vassallo del Regno d'Italia.

I borghi delle Cinque Terre hanno avuto origine, nella struttura attuale, nell'XI secolo, quando le popolazioni della Val di Vara superarono lo spartiacque della catena costiera che la separava dal mare ed andarono ad abitare permanentemente sul litorale marino, formando i cinque paesi. Il documento più antico che ricordi le Cinque Terre risale al marzo 1056, rogato a Monterosso, con cui il marchese "Guido di fù Alberto" donò, ai monasteri di Santa Maria e di San Venerio, beni immobili situati nelle isole della Palmaria, del Tino, del Tinetto e in Porto Venere.

 Statua del Gigante a Monterosso

La ragione del fenomeno migratorio della gente del Vara verso la costa è legata a due eventi storici comuni a tutta l'Europa occidentale: l'incremento demografico e l'attenuazione della minaccia musulmana dopo la reazione vittoriosa di Genova e di Pisa nel 1016 contro i saraceni.

Oltre a ciò, lungo la costa si godeva di un clima migliore, più adatto alla coltivazione di alcuni prodotti come la vite e l'ulivo. I paesi delle Cinque Terre non nacquero quindi come borghi marinari, bensì come borghi agricoli, costretti a bonificare quindi un territorio che non era naturalmente adatto alla pratica agricola: nacque così il terrazzamento dei fianchi dei monti.

Naturalmente, dopo un po' di tempo che gli abitanti della Val di Vara si erano trasferiti sul litorale, presero confidenza con l'elemento marino, prima come via di comunicazione più comoda e veloce, poi come risorsa di sostentamento, dividendo quindi le loro attività tra il lavoro nelle campagne e l'andar per mare a seconda delle necessità e delle stagioni.

Non a caso già nel 1170 una galea di Vernazza, insieme a quelle di altri borghi della riviera orientale, intraprese la guerra di corsa per conto di Genova a danno delle navi pisane. Nel 1182, inoltre, ancora gli uomini di Vernazza esercitarono, in tempo di pace, la pirateria per proprio conto, contro navi mercantili dirette a Genova.

Genova svolse una politica di espansione verso la riviera di levante annettendosi i vari approdi per poi acquisire anche i territori all'interno ed eliminandone il potere dei vari feudatari locali (Fieschi, Da Passano, Di Vezzano).

L'età moderna  Le Cinque Terre in una mappa della seconda metà del XVIII secolo, redatta dal cartografo Matteo Vinzoni.

Da quando il territorio delle Cinque Terre divenne possedimento genovese, esso seguì la storia della Repubblica e quindi dell'intero territorio ligure.

Dal XV secolo sulle Cinque Terre, come peraltro anche sulle altre coste tirreniche, era costante il pericolo delle incursioni dei pirati turcheschi che per tre secoli terrorizzò le popolazioni delle coste. Ne rimangono testimoni le numerose torri erette per l'avvistamento e la difesa.

I segnali di pericolo venivano lanciati otticamente da punti ben precisi disseminati lungo la costa, dalla sommità del promontorio del Mesco di Monterosso alla punta Montenero di Riomaggiore. Di notte era il fuoco il mezzo usato per le segnalazioni. Se era acceso ad intervalli regolari e prestabiliti e bruciava in modo continuo, il segnale confermava l'assenza di pericolo; ma se il fuoco era acceso e poi subito spento oppure oscurato, e se comparivano più fuochi simultaneamente occorreva mettersi in salvo perché gli infedeli erano vicini, con tante imbarcazioni quanti erano i fuochi. Durante il giorno i segnali erano fatti col fumo.

Nel mese di luglio 1545 il pirata Dragut assalì e deportò schiavi da Monterosso e Corniglia; fu invece respinto da Manarola, grazie all'aiuto prestato dagli abitanti di Riomaggiore. L’ultimo attacco islamico con la cattura di pescatori ebbe luogo nella notte fra il 24 e il 25 giugno del 1815, al largo di punta Mesco.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Liguria.
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