Furore è un comune italiano di 681 abitanti della provincia di Salerno in Campania.

Dal 1997, in quanto parte della Costa d'Amalfi, è entrato a far parte dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

Secondo lo storico Camera, Furore deve la sua denominazione all'asperità del luogo, dato che, quando la tempesta ne sferza il territorio, il fragore che si crea incute spavento e timore[1].

Nell’antichità, questa terra comprendeva due sobborghi: Terra Furoris e Casanovae, cioè Casanova. Dal XVII secolo quest’ultimo non viene più citato negli atti pubblici[1].

Ai tempi della Repubblica Amalfitana Furore era casale extramenia di Amalfi. Nel Basso Medioevo si emancipa divenendo Università ed eleggendosi un proprio Sindaco. Per un breve periodo fu annesso alla vicina Praiano, e poi ritornò a essere comune indipendente[1]. Notizie di Furore si apprendono dal Catasto Carolino del 1752.

Nel 1532 la popolazione raggiungeva il numero di 140 abitanti, stimati in 28 fuochi. Nel 1752 salì a 779, per poi scendere nuovamente a 707 nel 1861[2].

Alcune località prendono i nomi dalle famiglie che vi abitarono, oltre alla citata Casanova vi sono anche Li Summonti che prende il nome dalla famiglia Summonte, Le Porpore dalla famiglia Porpora, Li Cuomi dalla famiglia Cuomo, Li Candidi dalla famiglia Candido, Vespoli, Galli, Teglia. I Cognomi più ricorrenti erano: di Florio, Cuomo, di Milo, Merolla, Penna, Ferrajolo, Porpora, Amendola, Amodio, Anastasio, Avitabile, Candido, Cavaliere, Cennamo, Criscuolo, di Rosa, Gentile, Giovine o Iovine, Lama, Lauritano, Manzo o Manco, Rispolo, Sovieno e Sparano[2].

Attive erano un tempo l’industria della carta, quella della seta, del tornio e dei maccheroni. A queste si aggiungono la produzione dell’olio, l’agricoltura, la pastorizia, la pesca e l’arte di fare canapi[1]. In località lo Schiato, valletta che prende il nome dal torrente, vi erano una fabbrica di carta emporetica e un mulino[1].

Le chiese principali conservano delle urne funerarie romane in marmo, finemente scolpite e lavorate: due in S. Giacomo Apostolo, due in S. Michele Arcangelo e una in S. Elia Profeta[3].

Il Villaggio nel corso del secolo XVIII ha ospitato delle confraternite laicali, quella di S. Maria della Pietà[4][5], quella dell'Immacolata Concezione[6], e quella del Rosario[2], attive in S. Maria della Pietà; e il Monte dei Sette Dolori dedicato all’Addolorata[7] in S. Michele Arcangelo. E infine la confraternita di S. Maria Assunta in S. Giacomo, attiva alla fine secolo XIX[8].

La chiesa di S. Elia Profeta conserva anche un pregevole trittico, realizzato nel 1492 da Angelo Antonello da Capua, e raffigurante la Madonna col Bambino nello scomparto centrale, S. Bartolomeo Apostolo e S. Elia Profeta negli scomparti laterali[1]. L’opera è ascrivibile alla bottega del Maestro di San Severino. Ed un altro quadro risalente al 1620, raffigurante la Madonna del Carmine[1].

^ a b c d e f g Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore :1 ^ a b c Gregorio E. Rubino, Furore e la Costa. Cultura antigliana e presenze protoindustriali fra Sette e Ottocento, in Rassegna del Centro di Cultura e Storia Amalfitana, Amalfi, Centro di Cultura e Storia Amalfitana, 2002, pp. 185-225. ^ Vittorio Bracco, Le Urne Romene della Costa D'Amalfi, Amalfi - Salerno, De Luca - Editore, 1977, pp. 57-61. ^ Governatori della Cappella della Pietà di Furore , 1743 mar. 02, su patrimonio.archiviodistatonapoli.it. ^ Priore di Santa Maria della Pietà di Furore , 1751 mar. 02, su patrimonio.archiviodistatonapoli.it. ^ Congregazione della Concezione, 1776, su patrimonio.archiviodistatonapoli.it. ^ Nota dei luoghi pii laicali, e misti della Provincia di Principato Citra, 1788, p. 3. ^ Luigi Maria Mansi, Illustrazione dei principali monumenti di arte e di storia del versante amalfitano : coll'enumerazione delle parrocchie, confraternite e stemmi dei municipi, Roma, 1898, pp. 65-66.
Fotografie di:
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