Tour Eiffel

( Torre Eiffel )

La torre Eiffel (in francese tour Eiffel, pronuncia: [tuʁ ɛfɛl]) è una torre metallica completata nel 1889 in occasione dell'Esposizione universale e poi divenuta il monumento più famoso di Parigi, conosciuto in tutto il mondo come simbolo della città stessa e della Francia.

Video della torre Eiffel Modello 3D della torre Eiffel; cliccare per interagirciLa progettazione: Koechlin, Nouguier, Sauvestre

Il grande sviluppo industriale che, a grandi ritmi, aveva interessato la Francia nell'Ottocento, consentì la costruzione di edifici sempre più alti. Ciò fu possibile grazie all'entrata in produzione di nuovi materiali edilizi, come le ghise e l'acciaio impiegati per produrre travi e altri elementi strutturali analoghi che, con le loro alte resistenze ai carichi, rivoluzionarono il modo di costruire. In questi anni, segnati dal progresso industriale, l'idea di una torre svettante che sfidasse la gravità era già nell'aria: basti pensare all'inglese Richard Trevithick, che già nel 1833 aveva progettato una colonna di ghisa traforata alta mille piedi, poi mai realizzata.

Quando, sul finire del 1884, il governo francese annunciò di voler salutare l'Esposizione universale del 1889 di Parigi - la decima di quelle rassegne consacrate ai fasti della produzione industriale - con un'opera di dimensioni colossali, Maurice Koechlin e Émile Nouguier aderirono entusiasticamente all'impresa. Koechlin e Nouguier erano due ingegneri alle dipendenze della Compagnie des Établissements Eiffel, una fiorente ditta gestita da Gustave Eiffel, uno dei più accreditati «architetti del ferro» del periodo, e l'idea che avevano avuto era ambiziosa: si trattava di un «imponente pilastro metallico, formato da quattro travi reticolari svasate in basso che si congiungono in cima, legate tra loro mediante traverse disposte a intervalli regolari».[1] Il ferro era ovviamente l'unico materiale adeguato a una costruzione di una simile portata.

Eiffel, pur consentendo a Koechlin e Nouguier di proseguire i loro studi, inizialmente riservò al progetto iniziale solo un'attenzione distratta; in un secondo momento ne intuì la genialità e, pertanto, si avvalse della collaborazione di Stephen Sauvestre, ingegnere capo del dipartimento di architettura della sua società. L'apporto tecnico di Sauvestre fu fondamentale non solo sotto il profilo tecnico - egli, infatti, contribuì a correggere vari errori di fondo del progetto di Koechlin e Nouguier - bensì anche sotto quello estetico, in quanto modificò la forma della torre per renderla più accattivante agli occhi dell'opinione pubblica, con l'aggiunta di linee meno spigolose e più aggraziate, ingentilite anche con molti ornamenti.

Una «mostruosa opera» o «uno strano capolavoro di metallo»?  Gli Champ de Mars prima dell'erezione della torre in una foto del 1887

Lo stesso Eiffel contribuì al progetto con vari ritocchi e perfezionamenti, e iniziò a esaltarne pubblicamente le lodi, a tal punto da acquistare nel settembre del 1884 il brevetto per la «nuova configurazione che permetteva la costruzione di supporti metallici e piloni in grado di superare i 300 metri d’altezza», messa a punto dai suoi dipendenti. Ciò malgrado, il progetto della torre incontrò forti resistenze, e furono in molti a pensare che la costruzione di un monumento così impattante per il panorama urbano parigino non potesse essere affidata a un semplice costruttore di ponti (Eiffel, all'epoca, doveva infatti la propria notorietà alla costruzione di viadotti ferroviari in ferro). Il più aggressivo dei critici fu Jules Bourdais, costruttore del celebre complesso edilizio di Trocadéro, il quale immaginò di erigere al posto della torre Eiffel una torre di dimensioni colossali «sormontata da una fonte d'energia elettrica per l'illuminazione di Parigi», così da illuminare «facilmente il Bois de Boulogne e l'intero territorio di Neuilly e Levallois fino alla Senna».

Tale progetto, tuttavia, non venne mai messo in essere, poiché era troppo costoso e segnato da difficoltà ingegneristiche insormontabili (non avrebbe mai potuto resistere alla furia dei venti, né il basamento era in grado di sorreggere un simile peso).[2] Malgrado ciò, il progetto di Bourdais continuò a godere di grande popolarità nella scena architettonica parigina, che seguitò a osteggiare il progetto di Eiffel e, al contempo, a fare pressioni sul governo affinché si decidesse ad approvare la costruzione del monumentale faro. Particolarmente aspra fu la critica di Paul Planat, direttore della rivista di architettura La Construction moderne, il quale bollò la torre con clamorosi giudizi di demerito, definendola «un'impalcatura fatta di sbarre e di ferro angolare, priva di qualsiasi senso artistico», dotata di un aspetto mostruoso, «che dava la brutta sensazione di incompiutezza».[3]

 Il progetto iniziale di Koechlin e Nouguier, con le dimensioni della colossale torre rapportate ad altri monumenti celebri, come la cattedrale di Notre-Dame, la statua della Libertà e la colonna Vendôme

La ferocia di queste accuse non bastò tuttavia a far vacillare il parere di Édouard Lockroy, ministro per il Commercio e presidente della commissione della fiera. Era intenzione del Lockroy scegliere un monumento destinato a diventare «unico al mondo [...] una delle curiosità più interessanti della capitale» e, per questo motivo, non si lasciò intimidire dagli osteggi contro Eiffel e invitò tutti i competitori a presentare i propri progetti entro il 18 maggio 1886. Fra i progetti proposti ve ne era uno che prevedeva la costruzione di un gigantesco irrigatore, così da fronteggiare efficacemente siccità o altre emergenze analoghe che avrebbero potuto colpire Parigi; un altro architetto, invece, concepì persino una monumentale ghigliottina da erigere all'ingresso dell'Esposizione, così da ricordare le vittime del Terrore.[4] Nonostante l'assurdità di questi progetti, la campagna denigratrice contro la torre attirò nuovi adepti, tutti notevolmente concordi nel denunciare la presunta impossibilità di costruire una struttura simile. Questi detrattori, infatti, accusavano Eiffel di non essere in grado di progettare una torre capace di contrastare adeguatamente l'azione del vento, ed erano scettici sul fatto che riuscisse a trovare manodopera disposta a lavorare ad altezze talmente elevate.

Eiffel, tuttavia, sapeva di possedere una robusta competenza nel campo della matematica e della fisica che gli avrebbe consentito di progettare un edificio che potesse resistere alla forza dei venti, e gli operai della sua ditta erano già abituati a lavorare sospesi ad altezze vertiginose. Ciò, tuttavia, non bastò a placare il pubblico parigino, che paventò persino l'assurda ipotesi che la torre Eiffel potesse magnetizzarsi e attrarre tutti gli oggetti ferrosi della capitale. Per agitare l'opinione pubblica venne addirittura pubblicato un pamphlet denominato La questione ebraica, nel quale si faceva leva sull'antisemitismo che covava nell'intimo di molti francesi e si affermava che Eiffel «null'altro era se non un ebreo tedesco»: per questo motivo, dunque, bisognava assolutamente impedire che venisse vergognosamente costruita «une tour juive». Se Eiffel non venne minimamente scalfito dai precedenti commenti, forte della propria esperienza ingegneristica, non poté certo ignorare questo scritto tracimante di disprezzo e di esterofobia e, pertanto, decise di pubblicare sulle colonne del quotidiano Le Temps il seguente commento: «Non sono né ebreo né tedesco. Sono nato a Digione, in Francia, da genitori francesi e cattolici».[5]

Sembrava quindi impossibile che Édouard Lockroy, notoriamente un «uomo di gusto», potesse approvare l'edificazione della «mostruosa opera di Eiffel» o «lasciare in eredità la sua orribile impalcatura», per usare le sprezzanti parole di Planat. Lockroy, tuttavia, scelse proprio la Tour en fer de trois cent mètres, ritenendo gli altri progetti irrealizzabili o, nel caso della ghigliottina gigante, decisamente fuori luogo. Della torre, Lockroy stimava «il carattere particolare» e il fatto di essere «un originale capolavoro di metallo»: a suo giudizio, inoltre, si trattava della costruzione più idonea per ribadire la grandeur della Francia, offuscata dalla disfatta di Napoleone III nella guerra franco-prussiana e dalla cruenta rivolta della Comune di Parigi, e, anzi, per ribadirne la superiorità rispetto agli altri paesi rivali, come gli Stati Uniti. Già molti ingegneri americani avevano infatti tentato di costruire edifici dalle altezze vertiginose, ma non riuscirono a predisporre gli strumenti per attuare un simile progetto. Eiffel, secondo il giudizio di Lockroy, era invece riuscito a conciliare la propria esperienza nel campo della scienza delle costruzioni a un raffinatissimo gusto estetico. La torre, inoltre, sarebbe divenuta un importante sito turistico e avrebbe attratto all'Esposizione folle di visitatori impazienti di salire su un edificio alto 300 metri.[6]

 Convenzione conclusa l'8 gennaio 1887 tra lo Stato, rappresentato dal ministro Édouard Lockroy, la città di Parigi, rappresentata dal prefetto della Senna Eugène Poubelle, e Gustave Eiffel, circa la collocazione e le modalità di costruzione e utilizzo della Tour de 300 mètresTra allusioni maliziose e gentildonne attaccabrighe

A seguito dell'avallo di Lockroy, Eiffel passò un periodo di incertezze e di turbamenti. Per costruire la torre, infatti, ci volevano ben 5 milioni di franchi, e il governo francese - inizialmente favorevole a finanziare interamente l'intervento - si dichiarò poi disposto a contribuire con soli 1,5 milioni di franchi, relegando all'ingegnere l'onere di trovare altri investitori interessati a contribuire alla causa. Per reperire i fondi necessari, Eiffel dovette prendere la decisione di mantenere la torre in loco per venti anni, così da coprire le varie spese con la bigliettazione e le concessioni dei ristoranti. Siglato l'accordo, tuttavia, non si fecero avanti investitori, a tal punto che Eiffel temette seriamente di non vedere mai avviata la costruzione della torre, né tanto meno di vederla ultimata.[7]

 Il progetto finale di Stephen Sauvestre

Né meno problematica fu la vexata quaestio dell'ubicazione della torre: «Ha senso costruirla al fondo della valle della Senna? Non è meglio scegliere una posizione elevata, un'altura che, fungendo da piedistallo, la renderebbe ancora più spettacolare? Svettando sui palazzi dello Champ de Mars, la gigantesca torre non li eclisserebbe? È una buona idea collocare un monumento permanente su un'area che sicuramente servirà a future esposizioni?». Eiffel, tuttavia, era fermamente intenzionato a erigere la torre sullo Champ de Mars, così da offrire un accesso monumentale all'Esposizione universale: ciò, tuttavia, scatenò le ire dei militari, tutt'altro che rallegrati dal fatto che un edificio così impattante sarebbe rimasto sulla piazza d'arme non per la sola durata dell'Esposizione, bensì per venti lunghi anni. Eiffel, dunque, fu costretto a traslare la torre in prossimità del fiume e, per di più, a progettare fondamenta ancora più sofisticate e, dunque, dispendiose: «queste fondamenta sono per me molto più costose di quelle che erano state progettate per lo Champ de Mars», si sarebbe poi rammaricato Eiffel.[8]

Intanto la torre continuò a subire fasi alterne di apprezzamento e di aperta ostilità da parte dei parigini. Il potente politico Pierre Tirard, ad esempio, era fortemente contrario alla costruzione di un edificio così «anti-artistico, in stridente contrasto con la genialità dei francesi [...] , più adatto all'America (dove il gusto non è ancora molto sviluppato) che all'Europa, tanto meno alla Francia». Il repubblicano Georges Clemenceau, invece, tentennò di più, e ammise che la torre Eiffel era «una creazione straordinaria, magari brutta e assurda, ma in grado di attirare folle di visitatori stranieri [...] Dovremmo dare un milione e mezzo di franchi a Eiffel solo perché tutti gli inglesi possano salire trecento metri sopra il livello della Senna».[8] Vi furono alcuni, come la contessa di Poix, che si sentirono persino minacciati dalla prospettiva di vivere all'ombra della torre (la quale non solo sarebbe potuta crollare rovinosamente, bensì anche attrarre pericolosi fulmini), e pertanto sporsero denuncia: «la nobildonna [la contessa di Poix, ndr] sostiene che la costruzione della torre Eiffel non solo costituisce una minaccia per la sua dimora, ma per anni bloccherà la zona più incantevole dello Champ de Mars, l'unica in cui ella è solita recarsi per i suoi quotidiani esercizi fisici», riporta il New York Times.[9]

Non mancarono neanche i ferventi ammiratori, come monsieur Rastignac de L'Illustration, il quale - accusando Tirard e Clemenceau di essere incredibilmente ottusi - difese energicamente la torre, destinata a essere universalmente apprezzata dai francesi, popolo che andava «pazzo per gli eventi sensazionali e vertiginosi, inaspettati e colossali, divertenti e fantasiosi». L'entusiastico parere di Rastignac, tuttavia, non bastò a far cambiare idea a Paul Planat, il più battagliero degli oppositori della torre, che il 18 dicembre 1886 arrivò persino a organizzare una cena, alla quale vennero invitati numerosissimi studenti della École des Beaux-Arts: l'obiettivo di questo evento mondano, ovviamente, era quello di denigrare la torre, tra un bicchiere di champagne e l'altro. Eiffel fu particolarmente dispiaciuto quando seppe che persino Charles Garnier, l'ammiratissimo architetto dell'Opéra di Parigi, si era cimentato in sperticate chanson volte a screditare «quell'imbuto piantato sul suo grasso sedere». A preoccuparlo di più, tuttavia, era la denuncia della contessa di Poix, ma anche la prospettiva di vedere andare in fumo tutti gli sforzi compiuti per preparare le 1 700 tavole dell'intelaiatura della torre e i 3629 disegni necessari per fabbricare i 18 000 segmenti metallici per il traliccio portante della struttura.[10]

La costruzione Gli inizi  Pierre Petit, Le fondamenta della torre Eiffel (1887), fotografia, Museo d'Orsay, Parigi

Mentre il 1887 si profilava all'orizzonte, Eiffel era un uomo completamente disincantato. Il 22 dicembre 1886 scrisse una lettera a Édouard Lockroy per comunicargli che «i ritardi occorsi nella chiusura del contratto stanno creando una situazione davvero molto grave». Arrivò persino a scrivere un documento da indirizzare al governo dove enunciava ordinatamente, uno dopo l'altro, i vari ostacoli che si erano opposti all'edificazione della torre:

«Nel frattempo il tempo vola e io avrei già dovuto iniziare l'opera mesi fa [...]. Se questa incresciosa situazione perdurerà, sarò costretto ad abbandonare ogni speranza di riuscita [...]. Sono comunque pronto a dare il via immediatamente [...] ma, se non dovessi iniziare i lavori nella prima metà di gennaio, non riuscirò a terminarli in tempo. Se non raggiungiamo un accordo entro il 31 dicembre [...] sarò costretto, con sommo dolore, a rinunciare ai miei impegni e a ritirare le mie proposte. Con immenso rammarico dovrò abbandonare la costruzione di quella che per molti sarebbe la principale attrazione dell'Esposizione.»

Questa lettera, tuttavia, non venne mai spedita, siccome Eiffel decise di pagare di tasca propria le spese legali dovute alla denuncia della contessa di Poix e si dichiarò persino disposto a risarcire la parte lesa in caso di crollo parziale o totale della struttura, avvalendosi a tal fine anche del contributo di avvocati qualificati. In breve tempo, dunque, si sbloccò il contenzioso e il 7 gennaio 1887 Eiffel stipulò finalmente il contratto con la municipalità di Parigi e il governo francese.[11] Tre settimane dopo, il 28 gennaio, ebbe inizio la costruzione della torre. Per prima cosa si provvedette all'erezione delle fondamenta, resa possibile grazie ad alcune trivellazioni con le quali ci si era accertati che «il sottosuolo dello Champ de Mars era composto da uno spesso strato di argilla in grado di sostenere un peso che variava tra i 20 e i 25 kg al cm2, ricoperto da uno strato di sabbia e ghiaia di vari spessori, ideale per sorreggere le fondamenta».

La «protesta degli artisti»  Caricatura pubblicata il 14 febbraio 1887 sul giornale Le Temps raffigurante Gustave Eiffel mentre sfiora con la mano destra la sommità della sua torre

Non tutti, tuttavia, erano così soddisfatti. Il settimanale L'illustration, quando la torre iniziò a dotarsi di una propria fisionomia, tuonò sul progetto di Eiffel, ritenendolo «un faro, un chiodo, un candelabro [...] la cui costruzione non avrebbe mai dovuto essere permessa, ma che per i politici che ne hanno concepito l'idea rappresenta "il simbolo della civiltà industriale"». Gli eventi presero una piega ancora meno piacevole quando quarantasette tra gli artisti e intellettuali più prestigiosi del tempo, inquietati da quel colosso di ferro forgiato che cresceva giorno dopo giorno, decisero di mobilitarsi in extremis per bloccarne la costruzione. Fu così che il 14 febbraio venne sottoscritta una lettera traboccante d'ira, pubblicata sul giornale Les Temps e indirizzata al funzionario della municipalità di Parigi Adolphe Alphand, nella quale si chiedeva di bloccare immediatamente la costruzione di quella «torre ridicola e vertiginosa che sovrasta Parigi come la gigantesca ciminiera di una qualsiasi fabbrica, schiacciando ogni cosa con la sua massa barbara e sinistra».[12] Nella lettera, firmata dai pittori Ernest Meissionier e William-Adolphe Bouguereau, l'architetto Garnier, gli scrittori Guy de Maupassant e Alexandre Dumas fils e decine di altri nomi altrettanto importanti, si leggeva:

«Noi scrittori, pittori, scultori e architetti, a nome del buon gusto e di questa minaccia alla storia francese, veniamo a esprimere la nostra profonda indignazione perché nel cuore della nostra capitale si debba innalzare questa superflua e mostruosa Torre Eiffel, che lo spirito ironico dell'anima popolare, ispirata da un sano buon senso e da un principio di giustizia, ha già battezzato la Torre di Babele. La città di Parigi si assocerà veramente alle esaltate affaristiche fantasticherie di una costruzione meccanica - o di un costruttore - disonorandosi e degradandosi per sempre? [...] La Torre Eiffel, che neppure l'America, con la sua anima commerciale, ha l'audacia di immaginare, senz'alcun dubbio è il disonore di Parigi. Tutti lo sentono, tutti lo dicono, tutti ne sono profondamente rattristati, e noi non siamo che la debole eco di un'opinione pubblica profondamente e giustamente costernata. Quando gli stranieri visiteranno la nostra Esposizione protesteranno energicamente: "È dunque questo l'orrore che hanno creato i francesi per darci un'idea del loro gusto tanto magnificato?". [...] E per i prossimi vent'anni vedremo stagliarsi sulla città, ancora vibrante dell'ingegno dei secoli passati, vedremo stagliarsi come una macchia d'inchiostro l'odiosa ombra dell'odiosa colonna di metallo imbullonato.»

La costruzione della torre, tuttavia, era già iniziata, e pertanto quest'iniziativa di protesta non riuscì a raggiungere i propri scopi.[13] Di seguito si riporta la risposta di Lockroy:

«[Mi chiedo] se [queste diatribe] non possano essere prese a pretesto da alcune nazioni per non partecipare alle nostre celebrazioni. [Avete scritto un capolavoro] degno di essere esibito all'Esposizione. Una prosa tanto nobile e raffinata non può che interessare le folle e forse persino stupirle.»

La risposta di Eiffel fu invece:

«Sono convinto che la torre possegga una sua intrinseca bellezza. Il principio primo dell'estetica architettonica è che le linee essenziali della costruzione coincidano perfettamente con la sua utilità. Qual è stato il principale ostacolo che ho dovuto superare nel progettare la torre? La resistenza ai venti. Io penso davvero che le curve dei suoi quattro piloni, così come sono stati creati grazie ai nostri calcoli e che si innalzano da una base colossale per restringersi gradatamente verso la cima, produrranno una meravigliosa sensazione di forza e bellezza [... Si tratterà del] più alto edificio mai costruito a memoria d'uomo [...]; una costruzione colossale possiede un fascino intrinseco [...]. A me sembra che la Torre Eiffel sia degna di rispetto, non foss'altro perché dimostrerà che non siamo solo un popolo di persone divertenti, ma siamo anche un paese di ingegneri e costruttori, richiesti nel mondo intero per costruire ponti, viadotti, stazioni ferroviarie e i più grandi monumenti dell'industria moderna [...]. Cominciano a dire che la mia torre non è francese. È abbastanza grossa e sgraziata per adattarsi agli inglesi e agli americani, ma non è il nostro stile, insistono. Noi siamo abituati ai ninnoli artistici [...]. Ma perché non possiamo dimostrare al mondo che siamo in grado di realizzare i più eccelsi progetti ingegneristici? [...] Parigi sta per avere la più grande torre del mondo, dopotutto [...]. Anzi, la torre sarà l'attrazione più spettacolare di tutta l'Esposizione.»

La torre Eiffel prende forma

Nel 1887 Eiffel ingaggiò il fotografo Edouard Durandelle per documentare i lavori in corso della torre. Egli, tuttavia, non fu l'unico a interessarsi al brulicante cantiere, che fu sin da subito oggetto di numerosissimi scatti.[14] Molto interessante è la serie proposta di seguito, la quale testimonia fedelmente l'ascesa della torre:

Inizio della costruzione dell'apparato metallico 
Inizio della costruzione dell'apparato metallico
7 dicembre 1887: costruzione dei quattro piloni con la relativa impalcatura metallica 
7 dicembre 1887: costruzione dei quattro piloni con la relativa impalcatura metallica
20 marzo 1888: il primo livello è completato 
20 marzo 1888: il primo livello è completato
15 maggio 1888: inizio della costruzione del secondo livello 
15 maggio 1888: inizio della costruzione del secondo livello
21 agosto 1888: il secondo livello è completato 
21 agosto 1888: il secondo livello è completato
26 dicembre 1888: costruzione del livello superiore 
26 dicembre 1888: costruzione del livello superiore
15 marzo 1889: costruzione della cupola 
15 marzo 1889: costruzione della cupola

Le fondamenta vennero completate molto rapidamente. Per usare le parole di Joseph Hariss, alla fine «ogni pilastro era poggiato su un basamento massiccio di pietra e cemento sistemato in senso obliquo rispetto al terreno, in modo che le colonne ricurve, che dovevano sopportare il peso della torre, potessero esercitare la loro spinta ad angolo retto rispetto alla massa. All'interno di ogni buca veniva versato un letto di cemento a presa rapida dello spessore di sei metri circa che sarebbe servito come base provvisoria per la muratura. Sul cemento, Eiffel fece sistemare enormi blocchi di calcare estratto a Souppes-sur-Loing, nel centro della Francia [...]. Al centro di ogni massa furono incastrati due grandi bulloni di ancoraggio lunghi quasi otto metri e con un diametro di circa dieci centimetri, a cui venne fissata una puntazza cilindrica di ferro, munita di flangia; la colonna era assicurata alla puntazza, fissandosi così saldamente nella massa lapidea». Le fondamenta, completate alla fine di giugno 1887, erano dotate anche di sedici martinetti idraulici, grazie ai quali «ogni pilastro può essere spostato e alzato quanto basta con l'inserimento di un cuneo di acciaio», in modo da livellare opportunamente la prima piattaforma, che doveva essere perfettamente piana.[14]

Il 1º luglio ebbe inizio la costruzione dei quattro enormi piloni a struttura reticolare, caratterizzati da un'inclinazione interna di cinquantaquattro gradi a causa della quale sembravano inesorabilmente destinati ad abbattersi: questa peculiarità destò la curiosità di Eugène-Melchior de Vogüé, il quale deviava ogni giorno la sua passeggiata per assistere alle «quattro zampe megalitiche di questo immenso elefante [che] poggiano sul terreno; dai basamenti di pietra si proiettano in alto gli elementi portanti, audaci travi a sbalzo che sconvolgono completamente tutte le nostre idee sulla stabilità di una costruzione».[14] I vari segmenti metallici, preparati dai «ragazzi addetti ai lavori a terra» alle acciaierie Dupont e Fould di Pompey, erano calcolati, perforati e tagliati con grandissima precisione, e se anche uno solo dei pezzi giunti in cantiere non avesse rispettato gli standard, Eiffel lo avrebbe immediatamente rinviato in fabbrica.[15]

Anche grazie a quest'efficienza i pilastri della torre, costruiti inizialmente a sbalzo e poi sostenuti da impalcature provvisorie di legno, continuarono inesorabilmente ad alzarsi sino a raggiungere un'altezza pari a trenta metri nell'ottobre del 1887. I lavori vennero rallentati solo da un'ulteriore denuncia, sporta da un altro cittadino risentito, e vi fu persino un professore francese di matematica che «predisse che se mai la struttura avesse raggiunto l'altezza di 227 metri, sarebbe inesorabilmente crollata». Altre polemiche interessarono ancora una volta le qualità estetiche della torre e, per di più, anche la sua presunta capacità di perturbare il clima di Parigi, generando una strana calura e persistenti temporali. Il seguente commento è di James Gordon Bennet junior: «Coloro che hanno avuto l'occasione di osservare da vicino la torre si sono accorti che nelle vicinanze cadono spesso forti piogge e nel cielo si formano nubi temporalesche che, private di parte della loro elettricità a causa dei parafulmini, si dirigono oltre e si sciolgono in pesanti rovesci in altre zone della città».[16] Il poeta François Coppée arrivò persino a pubblicare i seguenti versi:

«Ho visitato l'enorme Torre Eiffel, / L'albero in ferro di rigido sartiame. / Incompiuto, confuso, deforme, / Il mostro visto da vicino è orrendo. / Gigante, senza bellezza né stile / È un idolo di metallo, / Simbolo di inutile forza / E trionfo di brutalità. / [...] Ecco il pensiero grandioso / Il vero scopo, la profondità: / questa piramide insensata / Si salirà per quattro soldi.»

Eiffel, come da consuetudine, ignorò le critiche e ben prestò arrivo a poggiare la prima piattaforma della torre, che era già diventata più alta della cattedrale di Notre-Dame (69 metri), del Pantheon (83 metri) e della cupola degli Invalides, la quale con i suoi 104 metri era stata sino ad allora l'edificio più alto della città. Per celebrare il traguardo nel marzo 1888 Eiffel allestì sulla prima piattaforma un banchetto e vi invitò ottanta giornalisti, tutti impazienti di guardare il panorama parigino da una simile altezza: in quest'occasione, bicchiere di champagne alla mano, l'ingegnere brindò alla propria torre e dichiarò: «Gli inizi sono stati difficili e mi sono state mosse critiche aspre quanto premature. Sono rimasto saldo nella tempesta, soprattutto grazie al costante sostegno di monsieur Lockroy [...] e, grazie al continuo progresso della mia opera, ho fatto il possibile per guadagnare, se non l'opinione degli artisti, almeno quella degli ingegneri e degli scienziati. Desidero dimostrare che, per quanto io sia ben poca cosa, la Francia continua ad avere un posto insigne nell'arte delle costruzioni in ferro».[17]

 Il cantiere della torre Eiffel, con i vari operai che salgono sulla cima della costruzioneL'ascesa della torre continua

La costruzione della torre era ormai divenuta una corsa contro il tempo. Ogni pilastro contava sei squadre di rivettatori e ogni squadra era composta di quattro elementi: uno alla fucina per portare i rivetti al calore bianco; due per battere, uno per ribattere. Sulle rotaie del futuro ascensore scorreva una gru del peso di 12 tonnellate in grado di sollevare elementi prefabbricati anche da 3 000 chili.[18]

Nel luglio 1888 venne completata la seconda piattaforma, a 117 metri di altezza: per celebrare l'avvenimento, e anche la ricorrenza della presa della Bastiglia (che cadeva il 14 luglio) Eiffel decise di far esplodere da tale livello diversi fuochi d'artificio, così da rendere omaggio alla capitale con un variopinto spettacolo pirotecnico. Gli operai, nel frattempo, lavoravano nove ore al giorno, e dovettero resistere sia alle vertigini sia al freddo glaciale dell'inverno 1888-1889. Convinti di essere pagati meno del dovuto, essi in questo periodo misero in essere molti scioperi, esigendo un aumento del 4% della paga base oraria. Per evitare ritardi la loro richiesta venne soddisfatta (anche se tale aumento venne dilazionato su un periodo di quattro mesi), e alle varie squadre vennero persino concessi indumenti di pelle di montone, una mensa, tute impermeabili e vino caldo.[19]

Ciò malgrado le agitazioni continuarono ed Eiffel temeva che, se avesse continuato ad assecondare le loro richieste, avrebbe aperto la strada a ulteriori scioperi: per questo motivo decise di mostrar loro che il suo obiettivo «non era tanto d'ordine finanziario quanto dettato dal desiderio di veder coronato il successo dell'opera: promisi un premio di 100 franchi a tutti gli operai che avessero continuato a lavorare finché fosse stata issata la bandiera in cima alla torre», e dichiarò che «tutti coloro che non si fossero presentati a mezzogiorno del giorno seguente sarebbero stati licenziati e sostituiti da altri lavoratori». Gli operai che non si presentarono all'appello il giorno successivo furono solo due, e vennero prontamente sostituiti da due uomini che - come constatato da Eiffel - «salirono subito fino all'altezza dei 200 metri e in mezza giornata furono in grado di eseguire gli stessi compiti degli altri. Era stato quindi dimostrato che, con l'equipaggiamento adatto, un buon operaio può lavorare a qualsiasi altezza senza problemi».

Quanti si lamentavano di lavorare ad altezze troppo elevate vennero incaricati di installare gli archi decorativi merlettati al primo livello, anche se «i loro compagni li prendevano in giro, chiamandoli gli indispensables, e ben presto ci rinunciarono».[20] Eiffel, d'altronde, studiò la modalità di lavoro in modo che gli operai difficilmente potessero cadere nel vuoto, soprattutto nelle fasi più avanzate dei lavori. Sotto alle postazioni di lavoro fece installare delle reti che resero il cantiere il più sicuro fino ad allora, considerando quelli di edifici particolarmente alti. Il suo sforzo produsse degli ottimi risultati: il cantiere, nella sua globalità, conobbe una sola morte, quella di un operaio italiano malauguratamente caduto dai ponteggi (non durante il suo turno lavorativo).[21]

Anche grazie a queste iniziative la costruzione della torre proseguiva con rapidità e concitazione. A testimoniarcelo è ancora questa volta Eugène-Melchior de Vogüé, il quale visitava quotidianamente il cantiere, registrandone in questo modo i progressi:

«Dopo la seconda piattaforma, la slanciata colonna si innalzava rapidamente nello spazio. Certo, non era possibile vedere con precisione il lavoro di costruzione vero e proprio. Spesso le nebbie autunnali nascondevano le aree sopraelevate in cui erano all'opera i lavoratori; eppure, nella luce crepuscolare dei pomeriggi invernali, si potevano intravedere i fuochi rossastri delle fucine brillare nel cielo e sentire i martelli che percuotevano le travi in ferro. Era questo che impressionava: gli operai sulla torre non si vedevano quasi mai; essa sembrava salire e svilupparsi da sola, grazie all'incantesimo di un mago. Le grandi opere dell'antichità, le piramidi per esempio, nella nostra mente sono associate a una folla brulicante di uomini al lavoro, che abbassavano leve e armeggiavano con funi mastodontiche; la nostra piramide moderna veniva innalzata in virtù del potere dei calcoli, grazie ai quali la manodopera veniva ridotta: oggi la forza indispensabile alla costruzione si basa sul pensiero.»

 Due operai ritratti mentre si inerpicano tra le travi della torre in costruzione

Nel frattempo, la torre aveva registrato un importante primato, quello di edificio più alto del globo: prima di allora questo record era detenuto dal monumento di Washington, un obelisco di 169 metri eretto nel 1884 nella capitale americana, dopo quasi quarant'anni di lavori. Eiffel non esitò a ribadire la superiorità dei francesi sugli «americani, [che] malgrado il loro spirito imprenditoriale e l'entusiasmo nazionale pungolato» mai riuscirono a erigere una struttura ancora più alta del monumento di Washington. Gli americani, feriti nell'orgoglio, subito attaccarono la torre Eiffel ritenendola «una struttura senza la minima utilità» e la paragonarono, in senso negativo, «alla stele di Washington, a Washington D.C., che in ogni caso è più artistica della torre Eiffel [...] . Se la vertiginosa altezza [della torre Eiffel] non la farà sembrare troppo acuminata e se la cima è stata progettata con un certo gusto, potrebbe non essere spaventoso come è stato previsto». Ciò, in realtà, non era vero, siccome più la torre diveniva alta, più guadagnava in slanciatezza ed eleganza.[22]

Un ultimo problema era ancora senza soluzione: quello degli ascensori. Eiffel, infatti, sapeva che i visitatori della torre sarebbero dovuti giungere sulla sommità della struttura in modo ragionevolmente rapido e in assoluta sicurezza: egli, tuttavia, rifiutò di adottare ascensori in verticale e li volle obliqui, con raggio di curvatura di 48 metri su una distanza di 15 metri. La loro costruzione, affidata alla ditta Otis, fu in effetti molto problematica, anche se fortunatamente non compromise sensibilmente la costruzione della torre, che riuscì comunque a essere portata a termine la domenica 31 marzo 1889.[23]

L'inaugurazione  Fotografia aerea scattata da un pallone aerostatico da Alphonse Liébert che riprende la torre e i vari padiglioni dell'Esposizione del 1889«Gloire à Mr. Eiffel et à ses collaborateurs!»

Erano passati ben cinque anni da quando Eiffel iniziò a interessarsi della monumentale Tour en fer de trois cent mètres e, pur tra infinite critiche e difficoltà, era ormai riuscito a portare a termine la sua costruzione appena in tempo per l'Esposizione universale. Il 1º aprile 1889 la tour fu aperta a un gruppo di giornalisti, politici e curiosi: fra di loro vi erano Édouard Lockroy, Pierre Tirard e vari inviati di diverse riviste, come Le Figaro e l'Herald. Insieme a questo gruppo - anche se alcuni, intimoriti dalle vertigini, si fermarono alle piattaforme inferiori - Eiffel giunse sulla sommità della torre. Come riporta Jill Jonnes, dalla torre «i parigini ammirarono estasiati l'inconsueto panorama della loro amata città. La Senna era come un nastro d'argento increspato che si srotolava in un paesaggio in miniatura. La gran parte di loro non aveva mai visto Parigi da una simile altezza. Era uno spettacolo entusiasmante, che destava tuttavia una certa inquietudine».[24] Ancora più vivide sono le parole del giornalista di Le Figaro, il quale contemplando la città dalla torre si rese conto della piccolezza materiale dell'uomo:

«Il mont Valérin, Montmartre, le alture di Sannois, sembrano macchioline grigie; il bosco di Saint-Germain si dilegua nella foschia azzurrina, la Senna diventa un inoffensivo ruscelletto, attraversato da chiatte lillipuziane, e Parigi sembra un piccolo palcoscenico con strade dritte, tetti quadrati e linde facciate. I puntini neri rappresentano la folla. Ovunque tutto sembra privo di vita, tranne la massa verdeggiante del Bois; in questa immensità non vi è un movimento percepibile; nessun rumore che possa far pensare alla vita della gente "là sotto". Si direbbe che, in pieno giorno, un improvviso torpore abbia reso la città inerte e silenziosa.»

A questo punto Eiffel issò il tricolore francese - 4,5 metri per 1,5, con le iniziali R.F. (République Française) ricamate in oro - e, dopo aver intonato La Marseillaise, fece tuonare ventuno colpi di cannone dalla seconda piattaforma.[25]

 Georges Garen, Embrasement de la Tour Eiffel pendant l’Exposition universelle de 1889L'apertura al pubblico

La torre venne ufficialmente aperta al pubblico alle ore 11:50 del 15 maggio 1889, nove giorni dopo l'inizio dell'Esposizione: erano passati esattamente due anni, quattro mesi e sette giorni da quando vennero inizialmente posate le fondamenta. Era naturalmente presente anche un registro degli ospiti, e il primo ad apporvi la propria firma fu lo stesso Eiffel, che scrisse: «Mezzogiorno meno dieci, 15 maggio 1889. La torre è aperta al pubblico. Finalmente!». Seguì prontamente Sauvestre, che lasciò un commento inebriante: «Midi moins neuf, ouf!» (si tratta di un gioco di parole basato sull'assonanza tra neuf e ouf e che letteralmente significa «Mezzogiorno meno nove, per un pelo!»).[26] Erano presenti anche folle di giornalisti, che scrissero:

«Abbiamo composto questo numero in condizioni particolari: all'interno di una cabina che a mala pena ci ripara, tra carpentieri, operai del gas, fabbri e imbianchini, in preda al capogiro per quest'aria frizzante, per la polvere e per il rumore a cui non siamo abituati, e stanchi dopo aver salito 730 scalini (36 piani, se preferite) perché gli ascensori della torre non funzionano ancora.»

La torre, in effetti, presentava diverse imperfezioni, come il mancato funzionamento degli ascensori, anche se ciò non preoccupò minimamente i visitatori dell'Esposizione, disposti anche a salire a piedi pur di ammirare Parigi dall'alto. Anche quando le condizioni meteorologiche erano sfavorevoli circa undicimila-dodicimila persone visitavano la struttura, che divenne sin da subito oggetto indiscusso di ammirazione. Anche i vituperatori più incalliti riconobbero pienamente i loro torti, con la sola eccezione di Guy de Maupassant, il quale scrisse: «Ho lasciato Parigi e anche la Francia perché la torre Eiffel aveva finito per annoiarmi troppo. Non solamente la si vedeva dappertutto, ma la si trovava dappertutto, fatta di tutti i materiali conosciuti, esposta in tutte le vetrine, incubo inevitabile e straziante».[27] L'aneddotica del tempo riporta persino che il Maupassant, pur di non vedere la torre, si ritrovò costretto a pranzare e cenare sui suoi ristoranti, ovvero gli unici luoghi dai quali, ovviamente, la struttura non era visibile.

 La torre Eiffel durante l'Esposizione universale del 1937 a Parigi, Agfacolor.

I detrattori della torre, tuttavia, si erano ormai ridotti a un'esigua minoranza, tanto che la torre iniziò a godere a Parigi di una grande popolarità: la pâtisserie, la brasserie fiamminga, il bar anglo-americano e i vari ristoranti erano costantemente affollati di intellettuali e personaggi illustri, come Sarah Bernhardt, una delle più acclamate interpreti teatrali del tempo, o Auguste Bartholdi che, in visita alla torre, scrisse sul registro degli ospiti: «Omaggio a Eiffel, in ricordo della Statua della Libertà, di cui egli costruì l'ossatura in ferro». La torre fu particolarmente apprezzata anche dall'americano Thomas Edison, il quale - oltre a regalare a Eiffel un fonografo - gli lasciò la seguente dedica: «A Monsieur Eiffel l'Ingegnere, il coraggioso costruttore di questo esemplare originale e gigantesco d'ingegneria moderna, da parte di un uomo che nutre il massimo rispetto e ammirazione per tutti gli ingegneri, compreso il Grande Ingegnere, le Bon Dieu, Thomas Edison».[28] Particolarmente emblematico fu anche il giudizio di Edmond de Goncourt, l'astro letterario del momento, il quale cenò in cima alla torre la sera di martedì 2 luglio in compagnia di Émile Zola e di altri scrittori e disse che «la torre Eiffel sembrava un faro abbandonato sulla terra da una generazione scomparsa, da una generazione di giganti». Si trattava, in effetti, della struttura più alta del mondo, primato che sarebbe stato superato solo nel 1930 dal Chrysler Building di Manhattan.[29]

L'infatuazione per la torre, tuttavia, fu tutt'altro che passeggera, a tal punto che si decise all'unanimità di non abbatterla, andando quindi oltre i venti anni inizialmente pattuiti. A salvarla dalla distruzione vi fu anche l'installazione di una stazione radiofonica permanente sulla sua sommità, attuata nel 1906, la quale raggiungeva una notevole facilità di trasmissione radio. Si trattò, in effetti, di una decisione assai lungimirante: la torre, infatti, giocò un ruolo chiave nei primi collegamenti telefonici transoceanici e nelle comunicazioni militari della prima guerra mondiale, e nel 1921 si meritò il primato di trasmettere la prima trasmissione radiofonica pubblica d'Europa.[21]

^ Harvie, p. 78. ^ Jules Bourdais, Faro monumentale, su musee-orsay.fr, Parigi, Museo d'Orsay, 2006. URL consultato il 5 febbraio 2017 (archiviato dall'url originale il 16 febbraio 2017). ^ Jonnes, p. 22. ^ Jonnes, p. 24. ^ Jonnes, p. 25. ^ Jonnes, p. 27. ^ Jonnes, p. 28. ^ a b Jonnes, p. 29. ^ Jonnes, p. 30. ^ Jonnes, p. 31. ^ a b Jonnes, p. 32. ^ Jonnes, p. 34. ^ a b c Jonnes, p. 35. ^ a b c Jonnes, p. 37. ^ Lemoine, p. 37. ^ Jonnes, p. 51. ^ Jonnes, p. 53. ^ Bianchi. ^ a b Jonnes, p. 57. ^ Jonnes, p. 58. ^ a b Lemoine, p. 38. ^ Jonnes, p. 60. ^ Jonnes, p. 96. ^ a b Jonnes, p. 97. ^ Jonnes, p. 98. ^ Jonnes, p. 122. ^ Jonnes, p. 173. ^ Jonnes, p. 247. ^ 126 anni fa l'inaugurazione della Torre Eiffel, su focus.it, Focus. URL consultato il 3 febbraio 2017.
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