La villa d'Este di Tivoli è una villa del Rinascimento italiano e figura nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

 Il cardinale Ippolito d'Este Il progetto originario di Pirro Ligorio (incisione di Étienne Dupérac, 1573)Villa d'Este - le fontane Il Parco di Villa d'Este, Carl Blechen, 1830

La villa fu voluta dal cardinale Ippolito d'Este[1], figlio di Alfonso I e di Lucrezia Borgia (Ferrara 1509 - Roma 1572), su un sito già anticamente sede di una villa romana.

La storia della sua costruzione è legata alle vicende del primo proprietario. Papa Giulio III del Monte volle ringraziare il cardinale d'Este per l'essenziale contributo dato nel 1550 alla propria elezione al soglio pontificio nominandolo governatore a vita di Tivoli e del suo territorio. Il cardinale arrivò a Tivoli il 9 settembre e vi fece un'entrata trionfale, scoprendo però che gli sarebbe toccato di abitare in un vecchio e scomodo convento annesso alla chiesa di Santa Maria Maggiore, edificato secoli prima dai benedettini, ora tenuto dai francescani e parzialmente riadattato a residenza del governatore.

Ippolito era abituato a ben altro, nella sua Ferrara e anche a Roma, ma l'aria di Tivoli gli giovava e inoltre - grande cultore di antichità romane - era molto interessato ai reperti che abbondavano nella zona. Decise perciò di trasformare il convento in una villa. Questa sarebbe stata la gemella del grandioso palazzo che stava contemporaneamente facendo costruire a Roma, a Monte Giordano; mentre il palazzo romano doveva servire ai ricevimenti "ufficiali" nell'Urbe, la villa di Tivoli avrebbe dovuto essere piacevole luogo d'incontri e di colloqui più lunghi e meditati. Non a caso il luogo in cui sorse la villa aveva il nome di "Valle Gaudente".

I lavori furono affidati all'architetto Pirro Ligorio, affiancato da un numero impressionante di artisti e artigiani. La realizzazione della fabbrica seguì però le vicissitudini curiali del cardinale governatore, destituito nel 1555 dal papa Paolo IV Carafa, poi ripristinato nella carica da papa Pio IV nel 1560, poi danneggiato nelle prebende dai pessimi rapporti di papa Pio V con i francesi, che erano da sempre i suoi grandi alleati. Si dovettero inoltre acquistare i terreni necessari da ben due chiese appartenenti a ordini diversi, operazioni che durarono fino al 1566, e convogliare le acque dell'Aniene con nuovi cunicoli che provenivano dalle cascate. Anche i materiali da costruzione creavano problemi: il permesso, ottenuto dal Senato di Roma, di utilizzare il rivestimento di travertino della tomba di Cecilia Metella per i lavori di costruzione della villa, venne successivamente revocato (non prima che fosse asportato tutto il rivestimento della fascia inferiore del monumento, lasciato come oggi si presenta).

Il cardinale ebbe appena il tempo di godersi la solenne inaugurazione della villa, avvenuta nel settembre del 1572 con la visita di papa Gregorio XIII; morì infatti il 2 dicembre dello stesso anno.

I primi proprietari furono tre cardinali d'Este governatori di Tivoli: il committente Ippolito II, il nipote Luigi fino al 1586 e infine Alessandro, fino al 1624. Quest'ultimo riuscì a mantenerne la proprietà diretta alla casa d'Este anche per quando, in futuro, la famiglia non fosse stata più presente nel collegio cardinalizio e realizzò manutenzioni e innovazioni decorative. Degno di nota è anche l'operato del cardinale Rinaldo d'Este (1641-1672), che fece realizzare da Gian Lorenzo Bernini la fontana del Bicchierone e la cascata della fontana dell'Organo.

Successivamente la villa e i suoi impianti, passati agli Asburgo, furono lasciati deperire e le collezioni antiquarie furono disperse, fino a quando il cardinale Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst, a metà Ottocento, se ne innamorò, la ripristinò e per il resto del secolo (fino alla sua morte nel 1896) la pose di nuovo al centro di intense attività artistico-mondane; uno dei frequentatori affezionati fu, all'epoca, Franz Liszt che alla villa si ispirò per alcuni brani delle Années de Pèlerinage (Troisième année: Aux cyprès de la Villa d'Este, Thrénodie I – Aux cyprès de la Villa d'Este, Thrénodie II – Les jeux d'eaux à la Villa d'Este).

L'ultimo proprietario privato della villa fu l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este, erede al trono dell'Impero austro-ungarico; egli avrebbe voluto disfarsene, vendendola allo Stato italiano per l'enorme cifra di due milioni di lire dell'epoca, per la quale il governo italiano tergiversò lungo tempo; ma l'assassinio dell'arciduca a Sarajevo, il 28 giugno 1914, liberò l'Italia da quella "noiosa faccenda", come ebbe modo di dire, con riferimento alle trattative di vendita, il ministro degli esteri italiano Marchese Antonino di San Giuliano al primo ministro Antonio Salandra, nel comunicargli la mesta notizia dell'assassinio dell'arciduca[2].

Nel 1918, dopo la prima guerra mondiale, la villa passò allo Stato Italiano che diede inizio ad importanti lavori di restauro, ripristinandola integralmente negli anni 1920-1930 e aprendola al pubblico. Nel 1928, lo Stato affidò l'esecuzione di un affresco di una sala del palazzo, sul tema delle arti e dei mestieri al pittore futurista Emilio Notte. Un'altra serie di restauri fu poi eseguita nel secondo dopoguerra per riparare i danni causati da alcune bombe cadute sul complesso durante l'ultimo conflitto mondiale.

^ Vincenzo Pacifici, Ippolito II d'Este cardinale di Ferrara, Tivoli, 1920, reprint Tivoli, 1984 [1] Archiviato il 23 settembre 2017 in Internet Archive.; In memoria del cardinale di Ferrara Ippolito II d'Este nel cinquecentesimo anniversario della nascita (1509-2009), a cura di Roberto Borgia, Tivoli, Liceo classico statale Amedeo di Savoia, 2009. ISBN 978-88-902795-5-3 (testo on line rar) (testo on line pdf). ^ La Grande Storia, Rai 3, 18 luglio 2014.
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