Contesto di Iraq

L'Iraq, o Irak, oppure anche Irac, ufficialmente Repubblica d'Iraq (in arabo: جمهورية العراق‎, Jumhūriyyat al-‘Irāq), è uno Stato dell'Asia occidentale.

Confina con Turchia a nord, Arabia Saudita e Kuwait a sud, Siria e Giordania a Ovest e Iran (Provincia del Kurdistan) a Est. A Sud-Est per un breve tratto è bagnato dal Golfo Persico. Il territorio dell'Iraq corrisponde approssimativamente al territorio dell'antica Mesopotamia, la "terra dei fiumi" (Bilād al-Rafidayn in arabo), mentre il nome attuale viene dal persiano eraq, ossia "terre basse" (in contrapposizione all'altopiano iranico). La capitale è Baghdad.

L'Iraq è stato controllato dal Partito socialista arabo Ba'ath dal 1968 al 2003, col dittatore Saddam Hussein leader del Paese dal 1979. Nel 1980, l'Iraq ha invaso l'Iran, scatenando una guerra prolungata che è durata quasi otto anni e terminata con uno stallo e con perdite devasta...Leggi tutto

L'Iraq, o Irak, oppure anche Irac, ufficialmente Repubblica d'Iraq (in arabo: جمهورية العراق‎, Jumhūriyyat al-‘Irāq), è uno Stato dell'Asia occidentale.

Confina con Turchia a nord, Arabia Saudita e Kuwait a sud, Siria e Giordania a Ovest e Iran (Provincia del Kurdistan) a Est. A Sud-Est per un breve tratto è bagnato dal Golfo Persico. Il territorio dell'Iraq corrisponde approssimativamente al territorio dell'antica Mesopotamia, la "terra dei fiumi" (Bilād al-Rafidayn in arabo), mentre il nome attuale viene dal persiano eraq, ossia "terre basse" (in contrapposizione all'altopiano iranico). La capitale è Baghdad.

L'Iraq è stato controllato dal Partito socialista arabo Ba'ath dal 1968 al 2003, col dittatore Saddam Hussein leader del Paese dal 1979. Nel 1980, l'Iraq ha invaso l'Iran, scatenando una guerra prolungata che è durata quasi otto anni e terminata con uno stallo e con perdite devastanti per entrambi i paesi. Dopo l'invasione dell'Iraq del 2003, effettuata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, il partito Ba'ath di Saddam Hussein è stato rimosso dal potere e nel 2005 si sono tenute elezioni parlamentari multipartitiche. La costituzione del 2005 è approvata dal 79% dei voti in un referendum. La presenza degli Stati Uniti in Iraq è terminata nel 2011.

L'Iraq è oggi uno Stato federale e parlamentare. Il Presidente è il capo di Stato, il Primo ministro è il capo del governo, l'organo deliberativo è il "Consiglio dei rappresentanti". Nel rispetto della separazione dei poteri, la magistratura è indipendente dal potere esecutivo e legislativo. L'Iraq possiede la terza riserva di petrolio più grande al mondo ed è considerato una media potenza emergente con una posizione strategica.

Di più Iraq

Informazioni di base
  • Moneta Dinaro iracheno
  • Nome originale العراق
  • Prefisso telefonico +964
  • Dominio Internet .iq
  • Mains voltage 230V/50Hz
  • Democracy index 3.62
Population, Area & Driving side
  • Popolazione 38274618
  • La zona 437072
  • Lato guida right
Cronologia
  •   Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dell'Iraq.

    L'area fertile della...Leggi tutto

      Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dell'Iraq.

    L'area fertile della Mesopotamia, situata fra i fiumi Eufrate e Tigri, ha visto nascere alcune delle civiltà più antiche del mondo come i Sumeri, i Babilonesi e gli Assiri, nonché importantissime invenzioni quali la scrittura. Qui, nella città di Ur, sarebbe nato secondo le tre grandi religioni monoteiste il patriarca Abramo. La Mesopotamia fu a lungo parte dell'Impero persiano - sia achemenide, sia partico e sasanide -. In seguito fu annessa all'impero romano e nel III secolo venne cristianizzata, per poi tornare alla Persia nel IV secolo fino alla definitiva sconfitta dei Persiani da parte dell'imperatore bizantino Eraclio I nel VII secolo, poco prima della conquista islamica.

    Periodo islamico
      Lo stesso argomento in dettaglio: Epoca d'oro islamica.

    Nel 656 l'odierno Iraq venne conquistato dagli arabi, che introdussero l'Islam e lo governarono da Damasco, oggi in Siria. Nel 762 il califfato fu spostato dalla nuova dinastia abbaside nella nuova città di Baghdad (vicino all'antica Babilonia), che rimase a lungo il centro più importante del mondo arabo e non solo, salvo il relativamente breve periodo in cui il centro di governo e dell'economia si spostò nella più settentrionale Sāmarrāʾ.

    Il califfato abbaside cadde nel 1258 sotto i colpi dei Mongoli guidati da Hülegü, avviando quel fenomeno di frammentazione politica (ma non culturale) del mondo arabo-islamico che fino ad allora dipendeva politicamente dal califfato e che conosciamo ancor oggi. Tamerlano, un condottiero turco-mongolo musulmano, invase l'Iraq nel 1401, pur mantenendo il centro delle sue attività politiche a Samarcanda, come d'altra parte fecero anche i suoi discendenti.

    Dall'inizio del XVI secolo l'Iraq fu invece conteso tra l'Impero persiano, retto dalla dinastia sciita dei Safavidi (azeri di lingua e cultura), e l'Impero ottomano sunnita, fin quando quest'ultimo lo incorporò definitivamente nel 1638 (Trattato di Qasr-e Shirin).

    Indipendenza

    Al termine del primo conflitto mondiale, le truppe britanniche occuparono l'odierno Iraq (fino ad allora provincia ottomana). Nell'ambito della spartizione dell'Impero ottomano in base all'accordo Sykes-Picot del 1916 tra Regno Unito e Francia, il 25 aprile 1920 fu presentata alla Società delle Nazioni una bozza che attribuiva a Londra il mandato di amministrare l'Iraq in vista della sua futura indipendenza. Tuttavia, lo scoppio di una rivolta anti-britannica nei mesi successivi spinse a scartare l'idea del Mandato in favore di un'immediata semi-indipendenza, con la politica estera e militare sotto il controllo di Londra, oltre al diritto di intervento anche in altri campi. Il nuovo Stato assunse per volontà britannica la forma di una monarchia retta dal re hashemita Fayṣal b. al-Ḥusayn. Il periodo di amministrazione britannica ebbe fine il 3 ottobre 1932, quando venne ufficialmente riconosciuta l'indipendenza dell'Iraq, seppure ancora limitata sotto alcuni aspetti militari ed economici. Nel 1941 il governo filo-britannico di Nūrī al-Saʿīd, fu rovesciato da un colpo di Stato nazionalista, guidato dall'avvocato Rashīd ʿAlī al-Kaylānī, che tuttavia né la Germania nazista né l'Italia fascista appoggiarono in modo significativo.[1] Fra l'1 e il 3 giugno 1941 i britannici intervennero militarmente contro il nuovo governo e lo sconfissero nel giro di un mese, causando circa un migliaio di morti. La frustrazione dei sostenitori del deposto governo, anti-britannico e favorevole a un'alleanza con l'Asse, diede luogo alla prima e più eclatante persecuzione di Ebrei in Iraq, il Farhud ("rottura dell'ordine e della legge"). Intanto proprio in questo periodo iniziò a venire alla luce la questione curda. I Curdi d'Iraq avevano trovato la loro guida spirituale nel Mullah Mustafa Barzani, il quale riuscì nell'intento di fare proseliti per proporre delle richieste alla monarchia. Le richieste presentate da Barzani includevano il riconoscimento di pari diritti per i Curdi e la loro sovranità su un territorio a loro riconosciuto. La Corona non diede ascolto tuttavia alle richieste del mullah, cosicché nel 1949 Barzani guidò una rivolta contro la monarchia. La prima insurrezione curda fu sedata dall'esercito monarchico, e Barzani insieme ai suoi collaboratori andò in esilio volontario in Unione Sovietica, dove ottenne protezione come rifugiato politico. Fece poi ritorno in Iraq solo dopo la caduta della monarchia nel 1958.

    Nel 1946, i grandi scioperi scossero Kirkuk. I manifestanti denunciano le condizioni di lavoro, ma anche il dominio britannico sulla compagnia petrolifera. I leader politici dei partiti progressisti sono incarcerati. Nel 1948, quando il governo firmò un nuovo trattato di alleanza con il Regno Unito, vi furono manifestazioni di massa. La monarchia perde il controllo delle strade per qualche giorno. La legge sullo stato di emergenza fu immediatamente applicata e Nūrī al-Saʿīd, un veterano della monarchia che aveva già assunto più volte la guida del governo, tornò al potere e introdusse leggi anticomuniste. Il segretario generale del partito comunista iracheno, Yūsuf Salmān Yūsuf, detto Fahd (leopardo), viene impiccato e i giornali vengono censurati. Dal 1954, l'appartenenza al Partito Comunista ha portato alla perdita della cittadinanza.[2]

    Cessata la tutela britannica alla fine della seconda guerra mondiale, la monarchia di re Faysal II perseguì una linea filo-occidentale, ma il 14 luglio 1958 un colpo di Stato messo in atto dal Comitato degli Ufficiali Liberi guidati dal generale ʿAbd al-Karīm Qāsim (talora scritto Abdul Karim Kassem) e dal colonnello ʿAbd al-Salām ʿĀrif, istituì la repubblica, giustiziando sommariamente l'intera famiglia reale con i suoi notabili e perseguendo una linea nazionalista e neutralista. L'8 febbraio 1963 Qāsim viene ucciso nel corso di un ulteriore colpo di Stato, che porta al potere il partito Ba'th, di ispirazione socialista e panaraba, favorevole a un avvicinamento in politica estera all'Unione Sovietica. Il nuovo governo è sostenuto dagli esuli curdi (di cui aveva permesso il ritorno) e dal Partito Comunista. Nelle settimane successive sono state adottate numerose riforme: riforma agraria, aiuti alle famiglie povere, piani urbanistici, ecc.[2]

    Il governo è perciò sostenuto dalla repubblica egiziana governata dal colonnello Nasser, ed è in questa cornice che muoverà i suoi primi passi politici il ba'thista Saddam Hussein. Tuttavia, il 18 novembre 1963 il regime del Ba'th viene rovesciato da un altro colpo di Stato ad opera dell'ex braccio destro del generale Kassem, il colonnello ʿAbd al-Salām ʿĀrif. Dopo la morte violenta di quest'ultimo sarà suo fratello, il feldmaresciallo ʿAbd al-Rahmān ʿĀrif a guidare il Paese. Il 17 luglio 1968, però, il Baʿth è riportato al potere ancora da un colpo di Stato,guidato questa volta dal generale Ahmad Hasan al-Bakr, parente di Saddam Hussein. In tutto questo ventennio postbellico i rapporti con la minoranza curda sono segnati da cicli di insurrezioni, repressioni, tregue, accordi politici e mancata applicazione degli stessi.

    Regime del Baʿth

    Preso il potere, il Baʿth instaura un controllo molto stretto sulle istituzioni e sulla società irachena, in direzione panaraba e socialista anziché nazionalista, appoggiandosi preferibilmente sugli arabi sunniti, soprattutto dopo la presa del potere da parte di Saddam Hussein nel 1979, che abbandonerà rapidamente l'ispirazione socialista e filo-sovietica e, negli ultimi anni del regime, anche quella panaraba.

    Il 1º giugno 1972 il governo nazionalizza l'industria petrolifera fino a quel momento in mano alla Iraq Petroleum Company britannica: questa decisione avrà un ruolo chiave nelle successive decisioni dell'OPEC. Il governo repubblicano iracheno si impegna poi fortemente nella modernizzazione del Paese. Grazie alla vendita del petrolio nazionalizzato, il governo finanziò l'elettrificazione del paese, la costruzione di acquedotti, scuole, università, ospedali. La politica interna giungerà al creare ed intensificare un'economia industriale e produttiva non collegata al petrolio, con creazione di posti di lavoro e di benessere per la popolazione. Va inoltre ricordato il riconoscimento di numerosi diritti civili alle donne e l'instaurazione di una forma di governo interamente laica.

    Nel 1980 gli Stati Uniti e i Paesi NATO appoggiarono con aiuti economici e militari la volontà dell'Iraq (che aveva rivendicazioni territoriali) a scendere in guerra il 22 settembre contro l'Iran (dove una rivoluzione fondamentalista islamica aveva rovesciato la monarchia); al termine (8 agosto 1988) del conflitto però non ci furono né vincitori né vinti.

    Nel corso della guerra morirono tra mezzo milione e un milione e mezzo di persone da entrambe le parti. Molti Curdi iracheni durante la guerra contro l'Iran appoggiarono l'Ayatollah, nella speranza che Saddam Hussein venisse rovesciato. In risposta all'atteggiamento mostrato dai Curdi nell'appoggiare il nemico iraniano, Saddam Hussein sostenuto da suo cugino ʿAlī Ḥasan al-Majīd, detto "Il Chimico", mise in atto una durissima campagna repressiva contro i Curdi stessi, considerati sabotatori del governo legittimo dell'iraq. Così il 16 agosto 1987 inizio l'Operazione Anfal, con l'obiettivo di sterminare i Curdi d'Iraq. Le truppe irachene fecero irruzione nelle case curde, seminando il terrore tra le famiglie torturando i figli maschi e rapendo le figlie femmine. Molti Curdi vennero internati in campi di concentramento nel deserto in condizioni disumane, altri furono vittime di sparizione forzata. Terribile fu l'attacco con armi chimiche perpetrato dagli iracheni nel campo profughi di Halabja del marzo 1988, nel quale persero la vita 8000 curdi. In totale si è calcolato che il genocidio provocò tra i 50.000 e i 100.000 morti curdi.

    Il Genocidio dell'Anfal ha contribuito non poco a rendere ancor più accesi i contrasti tra gli iracheni e i Curdi e a mostrare Saddam come un dittatore crudele agli occhi dell'Occidente.[3]

    Prima guerra del Golfo (1990-1991)
      Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra del Golfo.

    Il 2 agosto 1990 l'Iraq occupò il Kuwait, adducendo antiche rivendicazioni territoriali e più recenti ragioni economiche legate allo sfruttamento dei pozzi petroliferi. Con l'annessione del Kuwait l'Iraq diventa il maggior produttore di petrolio con il 20,9% del mondo. Le Nazioni Unite reagiscono autorizzando l'uso della forza per respingere l'attacco. Il 17 gennaio 1991 ha così inizio l'invasione da parte di una coalizione internazionale che agisce su mandato delle Nazioni Unite, invasione che si conclude il 28 febbraio, seguita il 3 aprile dal cessate il fuoco definitivo fissato dalla risoluzione 687 del Consiglio di sicurezza dell'ONU. L'Iraq è costretto a ritirarsi dal Kuwait ma la coalizione a guida americana invade l'Iraq e decide di fermarsi prima di raggiungere la capitale irachena, permettendo al regime di sopravvivere. In seguito a questi avvenimenti, però, l'Iraq subisce un isolamento internazionale che termina solo in seguito al rovesciamento del regime baʿthista nel 2003.

    La sovranità dell'Iraq venne sottoposta a serie limitazioni[4]. Infatti, oltre all'imposizione della "no-fly zone" da parte anglo-statunitense, il regime di Baghdad fu costretto a concedere un'ampia autonomia ai distretti curdi e a riconoscere il tracciato dei confini con il Kuwait. A ciò si aggiunsero misure di disarmo (di cui fu incaricata l'UNSCOM, Commissione speciale delle Nazioni Unite, con l'ausilio dell'AIEA, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, e restrizioni nella vendita di petrolio, una cospicua parte della quale fu destinata a ripagare i danni inflitti al Kuwait.

    La distruzione delle centrali idroelettriche e di altre centrali ha portato allo scoppio di epidemie di gastroenterite, colera e tifo impedendo il funzionamento dell'acqua potabile e degli impianti di trattamento delle acque reflue. Di conseguenza, 100.000 civili sono stati colpiti indirettamente, mentre il tasso di mortalità infantile è raddoppiato. L'OMS ha registrato un forte aumento dei casi di colera e tifo negli anni '90. Il rapporto di una missione delle Nazioni Unite guidata dal sottosegretario Martti Ahtisaari, inviata nel marzo 1991 per valutare i bisogni umanitari dell'Iraq, descriveva lo stato del paese come "quasi apocalittico".[5]

    Un altro rapporto delle Nazioni Unite, del 1999, sottolinea gli effetti a lungo termine di questa campagna di bombardamenti, che ha distrutto la maggior parte delle infrastrutture necessarie alla sopravvivenza della società (acqua, elettricità, ospedali, ecc.). Secondo il rapporto, il tasso di mortalità per parto è passato da 50 per 100.000 nel 1989 a 117 nel 1997, mentre il tasso di mortalità infantile (inteso come comprendente i bambini sotto i 5 anni) è aumentato nello stesso periodo da 30 per 1.000 a più di 97 per 1.000; tra il 1990 e il 1994, era aumentato di 62 volte. Prima della guerra, nel 1990, l'Iraq produceva circa 8.900 milioni di watt; nel 1999 questa cifra si era ridotta a 3.500. Questa drastica riduzione è dovuta sia ai bombardamenti aerei che alle sanzioni economiche applicate successivamente dall'ONU (risoluzione n. 661 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU; la risoluzione 687 dell'aprile 1991 permetteva l'invio di cibo e forniture mediche, ma non dei materiali necessari per ricostruire la rete elettrica e di acqua potabile). La difficoltà principale sta nel distinguere tra le morti indirette causate dai bombardamenti e quelle causate dalle sanzioni, che hanno impedito la ricostruzione del paese.[6]

    Tra due guerre (1992-2002)

    Nel 1992 il rifiuto di concedere l'accesso agli ispettori dell'UNSCOM causò la proclamazione da parte dell'ONU di un rigido embargo economico, i cui effetti si rivelarono devastanti soprattutto per la popolazione civile, secondo il rapporto Unicef del 1999 a causa dell'embargo morivano almeno 90.000 bambini all'anno. Perciò nel 1995 l'ONU attenuò le sanzioni, avviando con la risoluzione 986 il programma "Oil for Food" ("petrolio in cambio di cibo"), che autorizzava l'Iraq a esportare due miliardi di dollari di greggio al semestre per l'acquisto di viveri e medicinali. Temendo che il regime iracheno potesse usare il programma per approvvigionarsi di materiale bellico, gli Stati Uniti e il Regno Unito frapposero tuttavia molti ostacoli alla sua applicazione. Intanto, nell'ottobre 1994 un nuovo spostamento di truppe irachene al confine con il Kuwait spinse gli Stati Uniti a inviare nella regione un proprio contingente militare. Il regime di Baghdad annunciò il ritiro dall'area e riconobbe la sovranità del Kuwait il 10 novembre dello stesso anno, in conformità alle risoluzioni dell'ONU.

    A partire dal 1997 tornò a intensificarsi lo scontro tra Saddam Hussein e l'amministrazione statunitense, causato dagli ostacoli frapposti dalle autorità irachene ai controlli dell'UNSCOM ritenuti opera di spionaggio statunitense: nel dicembre del 1998 una nuova crisi, durante la quale gli Stati Uniti lanciarono l'Operazione Desert Storm. L'intervento personale del segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ottenne la ripresa delle ispezioni. Nonostante quest'ultimo accordo, però, la questione rimase irrisolta, e agli inizi del 1999 gli aerei statunitensi e britannici ripresero le incursioni sul territorio iracheno. Un altro attacco nel febbraio del 2001 sollevò le proteste della maggioranza dei paesi arabi e fu criticata anche da numerosi esponenti dei governi europei, in particolare in Francia e in Germania. Nel frattempo, dopo il fallimento della missione UNSCOM, l'ONU istituì la missione UNMOVIC (Commissione per il monitoraggio, la verifica e l'ispezione degli armamenti iracheni), che però non ottenne l'autorizzazione del governo iracheno.

    Dopo l'attacco terroristico subito dagli Stati Uniti l'11 settembre 2001 il governo di Washington accusò il regime iracheno di produrre armi di distruzione di massa e di collaborare con l'organizzazione terroristica al-Qāʿida, e riprese gli attacchi aerei contro obiettivi strategici e militari iracheni. In seguito all'intensificarsi degli attacchi aerei e all'esplicita minaccia degli Stati Uniti di scatenare una nuova guerra, a settembre l'Iraq consentì la ripresa delle ispezioni dell'ONU. Tuttavia, il presidente statunitense George W. Bush, scettico nei confronti dell'accordo, chiese una nuova risoluzione dell'ONU che autorizzasse un nuovo intervento militare contro il regime di Saddam Hussein; la richiesta di Washington fu tuttavia accolta solo da pochi paesi e da un solo altro membro del Consiglio di sicurezza dell'ONU, il Regno Unito.

    Seconda guerra del Golfo (2003)
      Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra in Iraq.

    Il 20 marzo 2003, nonostante l'opposizione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, gli Stati Uniti e il Regno Unito lanciarono l'attacco contro l'Iraq, sostenuti da una trentina di paesi. La forza di invasione anglo-americana, penetrata nel paese dal sud e dal nord (dove si avvalse del sostegno dei curdi), si impose agevolmente sulla resistenza irachena, arrivando a Baghdad il 9 aprile. Saddam Hussein si diede alla fuga e venne poi catturato nel dicembre successivo nei pressi di Tikrit, la sua città natale, venendo poi condannato a morte da un tribunale ad hoc e impiccato il 30 dicembre 2006.

    Il 1º maggio il presidente statunitense Bush Jr proclamò la fine della guerra. Il 22 maggio il Consiglio di sicurezza dell'ONU pose fine alle sanzioni contro l'Iraq e a ottobre l'ONU autorizzava la presenza della forza multinazionale in Iraq e fissò un piano per l'elezione di un Parlamento e la costituzione di un governo, cui sarebbe stata trasferita la sovranità entro il mese di giugno del 2004. A luglio venne instaurato un'Autorità Provvisoria di Coalizione (APC), i cui posti chiave vennero assegnati a membri dell'opposizione rientrati dall'esilio e ai rappresentanti delle comunità curda e sciita.

    Nello stesso mese di maggio, L. Paul Bremer, nominato dal Presidente USA G.W. Bush capo dell'APC, emise due decreti miranti a escludere i membri del partito al-Baʿth dal nuovo governo iracheno (APC Order 1) e a sciogliere l'intera struttura militare irachena (APC Order 2),[7][8] ricca di circa 400 000 elementi, in maggioranza sunniti.[9][10] La decisione comportò anche il licenziamento di un gran numero di funzionari statali iracheni, inclusi 40 000 insegnanti di scuola che si erano iscritti al Baʿth soltanto per ottenere più facilmente un lavoro retribuito.[8] Saranno in gran parte gli ex militari rimasti disoccupati e i vecchi quadri dell'amministrazione ba'thista a saldare un'alleanza con gli estremisti religiosi fornendo gli effettivi militari del futuro Stato Islamico.[11][12][13][14]

    Le armi di distruzione di massa in Iraq non sono mai state trovate.[15]
    Sir John Chilcot, nel rapporto sulla partecipazione britannica al conflitto in Iraq del 2003 e sul ruolo di Tony Blair, ha detto che gli USA e il Regno Unito minarono l'autorità dell'ONU, sottolineando che Tony Blair presentò all'opinione pubblica false prove[16][17] sul fatto che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa.[18] Da parte loro gli Stati Uniti per bocca di Paul Wolfowitz, che è l'inventore della dottrina della guerra preventiva adottata da Bush ha detto che le armi di distruzione di massa furono un pretesto.[19]

    Le forze alleate vincitrici incontrarono nei mesi successivi alla conquista del Paese una dura resistenza, condotta per lo più da ex membri del regime ba'thista e da miliziani fondamentalisti iracheni e stranieri (alcuni dei quali più o meno legati ad al-Qāʿida) e costituitosi poi in Stato Islamico. Perciò l'intervento anglo-americano globalmente ha portato ad una destabilizzazione in Medio Oriente, un progetto di controllo a livello economico e militare delle risorse, soprattutto petrolifere, come aveva previsto Giorgio S. Frankel nel 2002.[20]

    Agli inizi del 2004 la diffusione delle immagini delle torture inflitte da alcuni militari statunitensi ai detenuti del carcere di Abū Ghurayb acuirono le tensioni e sollevarono nel mondo una generale riprovazione. Contemporaneamente alla resistenza contro le truppe straniere e il nuovo governo da queste sostenuto, vi fu anche il risveglio delle tradizionali divisioni religiose e tribali tra la comunità sciita (maggioritaria ma emarginata durante il regime ba'thista) e quella sunnita.
    L'esercito degli USA ha perso le traccia di armi e attrezzature per 1 miliardo di dollari in Iraq, a favore del complesso militare industriale che ci guadagna e a danno del contribuente americano, che ci rimette la spesa.

    Il 28 giugno 2004 si instaurò un nuovo governo provvisorio iracheno, presieduto dallo sciita Iyād ʿAllāwī.[21] Il nuovo governo aveva come principale compito quello di preparare lo svolgimento di nuove elezioni e di redigere la nuova carta costituzionale.
    Nella comunità sunnita, che svolgeva un ruolo marginale nel processo di transizione, si rafforzò intanto un'ala radicale, che intensificò la sua offensiva guerrigliera e terroristica, con migliaia di attentati mortali e di atti di sabotaggio.

    Repubblica d'Iraq (2005 - presente) Presenza americana e guerriglia (2005-2011)

    Nel corso del 2005 si svolsero tre tornate elettorali, per eleggere un parlamento incaricato di redigere una costituzione, per approvare la nuova costituzione e per eleggere un nuovo parlamento. Il boicottaggio da parte di gran parte della comunità sunnita e le minacce della guerriglia non impedirono a oltre otto milioni di iracheni (fino ad arrivare a dodici nelle elezioni di dicembre) di recarsi alle urne, consegnando la maggioranza relativa dei seggi in entrambe le elezioni parlamentari al blocco sciita guidato da Ibrāhīm al-Jaʿfarī[22][23] e approvando la nuova carta costituzionale.[24] Ad aprile Jalāl Ṭālabānī, leader dell'Unione Patriottica del Kurdistan, venne invece eletto alla presidenza del paese.[22] e approvando la nuova carta costituzionale.[24]

    Nei primi mesi del 2006 si rafforzano le attività guerrigliere contro le forze d'occupazione e si intensifica lo scontro tra le comunità sciita e sunnita, con diversi attentati a moschee che provocano la morte di centinaia di persone.[25] Le ricercate armi di distruzione di massa non vengono trovate, mentre l'ipotesi che il regime iracheno avesse un rapporto di collaborazione con l'organizzazione terroristica di al-Qāʿida viene progressivamente smontata con l'analisi dei documenti iracheni, gli interrogatori di ufficiali di Saddam e la pubblicazione o desecretazione di numerosi rapporti di CIA e Pentagono anche precedenti all'invasione.[26]
    All'inizio del 2007 George W. Bush annuncia un forte incremento delle truppe americane in Iraq, come parte della strategia detta "surge", nel corso della quale si cerca anche di coinvolgere maggiormente i sunniti, sia nel nuovo regime politico, sia nella lotta contro gli estremisti (e in particolare i "qa'idisti" di al-Jamāʿat al-Tawḥīd wa al-Jihād, detta anche al-Qāʿida in Iraq). Milizie prevalentemente sunnite, alcune delle quali in passato impegnate nella guerriglia contro le truppe straniere, cominciano così a cooperare con gli occupanti e a ricevere da loro finanziamenti.[27] La strategia ha almeno in parte successo, ma nel momento in cui viene terminata alla fine del 2008, molti gruppi sunniti, delusi, si alleano con i ribelli.[28] Nel frattempo alcuni Stati, fra cui il Regno Unito e l'Italia, cominciano il ritiro delle proprie truppe.
    Nel 2008 Stati Uniti e Iraq firmano un accordo sullo status delle forze armate nel quale si fissa il ritiro di tutte le truppe americane entro la fine del 2011.
    Benché continuino i combattimenti sia contro il governo iracheno e le truppe straniere, sia fra le diverse comunità etnico-religiose, la scadenza viene rispettata e nel 2011 le truppe straniere terminano il ritiro dall'Iraq.[29]

    Guerra contro Daesh (2012-2017)
      Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra civile in Iraq.

    A partire dal 2012 l'Iraq subisce le ripercussioni della guerra civile siriana, a causa di un intenso scambio di guerriglieri fra i gruppi islamisti che operano nella Siria orientale e quelli operanti nell'Iraq occidentale (a maggioranza sunnita, dove è forte il risentimento verso il governo di Baghdad, dominato dagli sciiti).[30] Nel 2013 Abu Bakr al-Baghdadi, leader dello Stato Islamico dell'Iraq fondato nel 2006 come ambiguo concorrente di al-Qāʿida, annuncia l'unione del suo gruppo con la siriana al-Nusra, il principale movimento islamista della guerriglia locale. L'unione, respinta dalla maggior parte della dirigenza di al-Nusra e da al-Qāʿida, provoca l'allontanamento dalla rete di al-Qāʿida del nuovo gruppo, che prende il nome di Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS o ISIL nella sigla inglese).[31]
    All'inizio del 2014 questo gruppo assume il controllo della città di Falluja e di buona parte della provincia irachena occidentale di al-Anbar, oltre che della Siria orientale, e si espande poi fra giugno e luglio a nord e a est, prendendo in particolare le città di Mosul e Tikrit e spingendosi fino al territorio del Kurdistan. In questo periodo, rotti definitivamente i legami con al-Qaeda, proclama la creazione di un califfato universale (o Stato Islamico, IS nella sigla inglese) con a capo il suo leader Abu Bakr al-Baghdadi, che prende il nome di califfo Ibrahim.[32] L'avanzata dell'ISIS viene frenata dai raid degli Stati Uniti e dalle milizie curde e sciite.[33]
    In seguito alle pressioni internazionali a favore di una politica più aperta nei confronti dei sunniti, il primo ministro ad interim Nuri al-Maliki viene sostituito ad agosto da Ḥaydar al-ʿAbādī.[34]
    A partire dal 2015, lo Stato Islamico comincia a perdere terreno, e le offensive dell'esercito regolare e delle milizie a esso legate, unitamente ai raid aerei americani e alla pressione sul fronte siriano, portano alla riconquista irachena di diverse aree, incluse le città di Tikrit, Ramadi e Falluja,[35] lasciando sotto il controllo dello Stato Islamico solo l'area di Mosul, considerata la "capitale" del Califfato in Iraq fin dalla sua presa nel 2014.[36] Nell'ottobre del 2016 il governo dà inizio all'offensiva volta a riprendere Mosul, che si prolunga nei mesi successivi.[37][38]

    Il 9 dicembre 2017 il premier al-ʿAbādī dichiara ufficialmente vinta la guerra a Daesh.

    ^ Claudio Lo Jacono, Partiti politici e governi in ‘Irāq. 1920-1975, Roma, Fondazione Giovanni Agnelli di Torino, 1975, pp. 22-24. ^ a b https://orientxxi.info/magazine/1958-quand-l-irak-decouvrait-l-esperance-revolutionnaire,2550 ^ Roger Hardy, The Iran-Iraq war: 25 years on, BBC News, 22 settembre 2005. URL consultato il 19 giugno 2014. ^ http://ospiti.peacelink.it/cd/a/17410.html ^ Javier Pérez de Cuéllar. Report S/22366 to the United Nations Security Council, detailing the findings of the mission undertaken by Under-Secretary-General Martti Ahtisaari to assess the humanitarian needs arising in Iraq in the aftermath of the Gulf War. ^ United Nations Report. Annex II of S/1999/356. Report of the Second Panel Established Pursuant to the Note by the President of the Security Council of 30 January 1999 (S/1999/100) concerning the current humanitarian situation in Iraq.. ^ La guerra USA contro l’Iraq. James Petras. Voltaire. New York. 20 settembre 2009. ^ a b (EN) James Pfiffner, US Blunders in Iraq: De-Baathification and Disbanding the Army (PDF), in Intelligence and National Security, vol. 25, n. 1, February 2010, pp. 76–85, DOI:10.1080/02684521003588120. URL consultato il 16 dicembre 2013. ^ Iraq, peggio il proconsole o l'imperatore?. Boris Biancheri. La Stampa. Editoriale. 6 settembre 2007. ^ (EN) Michael R. Gordon, Fateful Choice on Iraq Army Bypassed Debate, New York Times, 17 marzo 2008. ^ I tre errori principali di Obama (soprattutto in Medioriente). Giuseppe Santulli. AGI. Estero. 19 gennaio 2017. ^ (EN) Isis: Five US mistakes which led to the rise of Islamic State ^ George W Bush ha creato l'Isis. Il Sussidiario. Esteri. 14 maggio 2015. ^ (EN) Did George W. Bush Create ISIS? The New Yorker. ^ Guerra in Iraq 2003, il rapporto Gb: «Le armi di distruzione di massa? Prove insoddisfacenti, nessuna minaccia. Il Messaggero. Esteri. 6 Luglio 2016. ^ Tony Blair si scusa per la guerra all’Iraq, ma lui e Bush hanno costruito la «pistola fumante» di Saddam. Alberto Negri. Il Sole 24 ore. Analisi. 26 ottobre 2015 ^ Le armi di distruzione di massa erano una bugia. Il Post. 16 febbraio 2011. ^ La svolta di Tony Blair sull'Iraq: "Io e Bush abbiamo sbagliato". Enrico Franceshini. Repubblica. Esteri. 26 ottobre 2015. come ^ Iraq, ora gli Usa ammettono "Le armi furono un pretesto". Vanna Vannuccini. Repubblica. Esteri. 30 maggio 2003. ^ Alla vigilia di una grande guerra in Medio Oriente Archiviato il 30 luglio 2016 in Internet Archive.. Giorgio S. Frankel. Seminario del 23 settembre 2002: «11 settembre, un anno dopo. Centro Einaudi. Agenda Liberale. 25 Settembre 2002 ^ US hands back power in Iraq, su news.bbc.co.uk, 28 giugno 2004. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ a b Iraq: Elections and New Government (PDF), su fpc.state.gov, Congressional Research Service, 25 ottobre 2005. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ Iraq: Elections, Government, and Constitution (PDF), su fpc.state.gov, Congressional Research Service, 20 novembre 2006. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ a b Iraq voters back new constitution, su news.bbc.co.uk, 24 giugno 2005. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ Car Bombings in Baghdad Follow a Familiar Pattern, su nytimes.com, 3 settembre 2013. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ Hussein's Prewar Ties To Al-Qaeda Discounted, su washingtonpost.com, 6 aprile 2007. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ HIraq: Post-Saddam Governance and Security (PDF), su fpc.state.gov, Congressional Research Service, 4 giugno 2008. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ Who's to blame for Iraq crisis, su edition.cnn.com, cnn.com, 12 giugno 2014. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ Last Convoy of American Troops Leaves Iraq, su nytimes.com, 18 dicembre 2011. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ Syrian Rebels Tied to Al Qaeda Play Key Role in War, su nytimes.com, 8 dicembre 2012. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ Iraq’s Branch of Al Qaeda Merges With Syria Jihadists, su nytimes.com, 9 aprile 2013. URL consultato il 18 giugno 2015. ^ Il califfo dell'Isis Baghdadi appare a Mosul, obbeditemi, su ansa.it, 6 luglio 2014. URL consultato il 19 giugno 2015. ^ Iraq, nuovi raid Usa su Isis. “Jihadisti minacciano di giustiziare 4.000 Yazidi”, su ilfattoquotidiano.it, 9 agosto 2014. URL consultato il 17 agosto 2014. ^ Iraq, il nuovo primo ministro Haider al Abadi promette di "ricostruire e riformare" l'esercito iracheno per sconfiggere l'ISIS, su huffingtonpost.it, 14 agosto 2014. URL consultato il 17 agosto 2014. ^ http://www.corriere.it/esteri/16_luglio_02/isis-califfato-sta-cambiando-pelle-ma-piu-vivo-che-mai-1adae28a-4020-11e6-9b09-25e75ee8bd2e.shtml ^ http://www.haaretz.com/middle-east-news/isis/iraq/1.729093 ^ Guido Olimpio e Marta Serafini, Iraq, iniziata l’offensiva dell’esercito per liberare Mosul dall’Isis, in Corriere della Sera. URL consultato il 23 febbraio 2017. ^ Mosul, scatta l’offensiva finale: “Spazzeremo via Al Baghdadi”, su LaStampa.it. URL consultato il 23 febbraio 2017.
    Leggi meno

Frasario

Ciao
مرحبًا
Mondo
العالمية
Ciao mondo
مرحبا بالعالم
Grazie
شكرًا لك
Arrivederci
مع السلامة
نعم
No
رقم
Come stai?
كيف حالك؟
Bene grazie
بخير، شكرا لك
Quanto costa?
كم سعره؟
Zero
صفر
Uno
واحد

Dove puoi dormire vicino Iraq ?

Booking.com
487.349 visite in totale, 9.186 Punti di interesse, 404 Destinazioni, 34 visite oggi.