Contesto di Ecuador

L'Ecuador (spagnolo [ekwaˈðɔɾ]; in italiano pronunciato /ekwaˈdɔr/ o /ˈɛkwador/), ufficialmente Repubblica dell'Ecuador, è una repubblica presidenziale del Sudamerica con un'estensione territoriale di 283561 km² e una popolazione di 18 000 388 abitanti.

Situato nella parte nord-occidentale del Sudamerica, l'Ecuador confina a nord con la Colombia, a est e a sud con il Perù, e a ovest si affaccia sull'Oceano Pacifico; è attraversato dall'equatore, da cui prende il nome.

La capitale è Quito, che è stata dichiarata Patrimonio dell'umanità nel 1970 perché h...Leggi tutto

L'Ecuador (spagnolo [ekwaˈðɔɾ]; in italiano pronunciato /ekwaˈdɔr/ o /ˈɛkwador/), ufficialmente Repubblica dell'Ecuador, è una repubblica presidenziale del Sudamerica con un'estensione territoriale di 283561 km² e una popolazione di 18 000 388 abitanti.

Situato nella parte nord-occidentale del Sudamerica, l'Ecuador confina a nord con la Colombia, a est e a sud con il Perù, e a ovest si affaccia sull'Oceano Pacifico; è attraversato dall'equatore, da cui prende il nome.

La capitale è Quito, che è stata dichiarata Patrimonio dell'umanità nel 1970 perché ha il centro storico meglio conservato e meno alterato dell'America Latina. La città più popolata è Guayaquil, mentre Cuenca, la terza città più popolata, è anch'essa Patrimonio dell'umanità, perché è un ottimo esempio di città pianificata in stile coloniale spagnolo. Fa parte dell'Ecuador anche l'arcipelago delle isole Galápagos, situato a circa 1.000 km dalla costa e particolarmente ricco di specie endemiche, che nel XIX secolo furono profondo oggetto di studio del naturalista britannico Charles Darwin, che stava elaborando la teoria dell'evoluzione, descritta poi nel celebre libro L'origine delle specie.

L'Ecuador, indipendente dal 1830, è una repubblica dal 1832, dopo essere stata colonia spagnola per lungo tempo e dopo aver fatto parte, per alcuni anni, della Grande Colombia, uno stato che comprendeva anche Colombia, Venezuela e Panama e che fu fondato da Simón Bolívar, il liberatore delle Americhe (Libertador) dal dominio spagnolo.

La lingua ufficiale e interculturale del Paese è lo spagnolo. La costituzione del 2010 riconosce ufficialmente anche lingue amerinde come il quechua, lo shuar, lo tsafiki e altre, che vengono usate all'interno dei gruppi indigeni. Tra questi il più parlato è il quechua, più propriamente kichwa in Ecuador, diffuso soprattutto nell'area andina.

Di più Ecuador

Informazioni di base
  • Moneta Dollaro statunitense
  • Prefisso telefonico +593
  • Dominio Internet .ec
  • Mains voltage 120V/60Hz
  • Democracy index 6.13
Population, Area & Driving side
  • Popolazione 16938986
  • La zona 255586
  • Lato guida right
Cronologia
  • Civiltà precolombiane L'epoca preincaica

    Le prime tracce di presenza umana sul territorio risalgono a circa 11.000 anni fa[1] e si riferiscono a piccoli gruppi di cacciatori e raccoglitori, comuni a gran parte del Sudamerica, dei quali sono stati ritrovati manufatti in basalto, selce e ossidiana ricavati dai depositi lavici di Yanaurco-Quiscatola e Mullumica nell'attuale provincia di Pichincha. In epoche poco più recenti (tardo pleistocene e olocene) sono stati individuati insediamenti di gruppi di cacciatori e raccoglitori nelle piane costiere del Pacifico, la cosiddetta cultura di Las Vegas, di cui si sono ritrovati resti sulla costa e sulla penisola di Santa Elena e dalla quale più tardi (tra il 3500 a.C. e il 1800 a.C.) originò la cultura di Valdivia. In epoca ancora più tarda (tra il 1900 ed il 1500 a.C.) comparve la cultura Machalilla, forse derivata dalla cultura di Valdivia, ma che rispetto ad essa mostrava segni di avanzata lavorazione della ceramica.

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    Civiltà precolombiane L'epoca preincaica

    Le prime tracce di presenza umana sul territorio risalgono a circa 11.000 anni fa[1] e si riferiscono a piccoli gruppi di cacciatori e raccoglitori, comuni a gran parte del Sudamerica, dei quali sono stati ritrovati manufatti in basalto, selce e ossidiana ricavati dai depositi lavici di Yanaurco-Quiscatola e Mullumica nell'attuale provincia di Pichincha. In epoche poco più recenti (tardo pleistocene e olocene) sono stati individuati insediamenti di gruppi di cacciatori e raccoglitori nelle piane costiere del Pacifico, la cosiddetta cultura di Las Vegas, di cui si sono ritrovati resti sulla costa e sulla penisola di Santa Elena e dalla quale più tardi (tra il 3500 a.C. e il 1800 a.C.) originò la cultura di Valdivia. In epoca ancora più tarda (tra il 1900 ed il 1500 a.C.) comparve la cultura Machalilla, forse derivata dalla cultura di Valdivia, ma che rispetto ad essa mostrava segni di avanzata lavorazione della ceramica.

     Il sito archeologico Inca di Ingapirca, localizzato nel cantone di Cañar.

    La cultura Manteña (da Manta) occupava invece le zone costiere tra l'800 e il 1500 ed era dedita in particolar modo alla pesca. Essi furono i primi indigeni a incontrare gli europei che furono stupiti dalla loro abilità di navigare con barche a vela adatte al trasporto di pesanti carichi. Scomparvero in silenzio, vittime del collasso del loro sistema organizzativo e delle epidemie portate dagli spagnoli[2].

    I Cañari invece vissero nella sierra dell'Ecuador centro-meridionale a partire dal 500. Quando l'Impero inca arrivò in Ecuador, attorno al 1460, rifiutarono la sottomissione, e dopo una cruenta battaglia furono massacrati dall'esercito di Túpac Yupanqui[1]. Emigrati verso il nord dell'impero, tornarono all'arrivo degli spagnoli per allearsi con loro contro gli Incas, che sconfissero nella Battaglia di Sacsayhuamán, nel 1536.

     L'espansione dell'Impero IncaEra Inca

    L'espansione Inca verso nord di Túpac Yupanqui fu principalmente diretta verso la zona andina, mentre con i popoli delle zone costiere essi si limitarono per lo più a transazioni commerciali con i gruppi residenti. L'Amazzonia ecuadoriana non fu conquistata invece perché ritenuta sacra da tutti i popoli andini, che entravano in quella zona solo per medicinali naturali introvabili al di fuori di essa, oppure, come sostengono alcuni studiosi, perché essi pensavano che all'interno dell'Amazzonia esistesse la Terra promessa, per cui l'accesso ingiustificato non era consentito. Le conquiste furono ottenute non solo con la guerra, come quella lunga e cruenta con i Cañari, ma spesso erano ottenute con alleanze commerciali e matrimoniali[3]. In terra ecuadoriana, gli Inca rifondarono la città di Tumibamba (l'attuale Cuenca), che elessero a centro amministrativo del nord del loro impero e dove nacque Huayna Cápac, figlio di Túpac Yupanqui e successore al trono del padre.

    Nonostante il regime Inca fosse piuttosto autoritario e repressivo, essi portarono diversi benefici, costruendo reti viarie, sviluppando agricoltura, allevamento e commercio. Alla morte di Huayna Capac l'impero fu diviso tra i suoi due figli: mentre Atahualpa, il primogenito, ricevette la parte settentrionale, con capitale Quito, il fratello Huáscar ricevette quella meridionale mantenendo l'originale capitale Cuzco. Nel 1530 Atahualpa sconfisse Huascar riunificando l'impero, tuttavia, i conquistadores spagnoli erano ormai alle porte.

    Colonizzazione spagnola  Basílica del voto nacional Quito

    Nel 1526 arrivarono i conquistadores spagnoli, guidati da Francisco Pizarro, diretti inizialmente a Cusco. Al loro arrivo gli spagnoli trovarono una società dilaniata dalla guerra civile. L'anno seguente, mentre Atahualpa cercava di ripristinare l'unità dello stato, gli spagnoli animati da intenti di conquista, si stabilirono in un forte a Cajamarca. Qui il 16 novembre 1532 avvenne l'incontro con l'imperatore Inca, nella Battaglia di Cajamarca, dove gli spagnoli presero di sorpresa gli Inca disarmati: Atahualpa venne catturato e minacciato di morte, ma si salvò momentaneamente promettendo di riempire d'oro gli spagnoli in cambio della vita. Successivamente gli spagnoli uccisero ugualmente Atahualpa, fuggirono dal forte cannoneggiando gli assedianti che li avevano circondati.[4]

    Dalle parti di Quito intanto giungeva il capitano Sebastián de Belalcázar, guidato e aiutato dai cañari, nemici di Atahualpa, intraprese la conquista del nord dell'impero Inca, nelle terre ecuadoriane. A Quito il condottiero Rumiñahui aveva preso potere, saputa della morte di Atahualpa, e nascosto l'oro che i parenti dell'ex imperatore dovevano mandargli per salvargli la vita. Prima di lasciare Quito in mano agli spagnoli e dopo cruente battaglie, Rumiñahui incendiò la città, ma fu catturato e imprigionato. Gli spagnoli erano giunti a Quito con l'intenzione di cercare il tesoro di Atahualpa, e non trovandolo, torturano Rumiñahui e, nel 1535, lo uccisero assieme ai suoi compagni di battaglia[5].

    Più complessa la fondazione di Guayaquil; sono citate almeno quattro fondazioni di quella città, anche se quella ritenuta ufficiale è del 1538 avvenuta da parte di Francisco de Orellana. Ambato fu occupata dagli spagnoli tra il 1534 e il 1536, mentre Loja e Cuenca furono fondate qualche anno più tardi, rispettivamente nel 1548 e 1557[5]. L'ultima città importante fondata dagli spagnoli fu Ibarra, nel 1606[5].

    La popolazione a quei tempi nel territorio dell'Ecuador era di circa 300-350.000 abitanti; negli anni seguenti i colonizzatori divennero la nuova élite dominante, mentre la popolazione indigena era già stata decimata nei primi decenni di dominio spagnolo, anche a causa delle malattie virulente portate dagli stessi spagnoli[6]. Nel 1563 Quito divenne sede di un distretto amministrativo spagnolo incluso dapprima nel Vicereame del Perù ed in seguito in quello di Nuova Granada.

    Durante il dominio spagnolo, Guayaquil fu più volte attaccata dai pirati; prima Thomas Cavendish, nel 1586, poi il francese Jacques L'Hermite nel 1624, quindi ancora gli inglesi con William Dampier nel 1684 e George d'Hout nel 1687, quando anche i francesi Picard y Groniet assaltarono la città. Quest'ultimo assalto lasciò la città semidistrutta e saccheggiata; i pirati presero delle donne come concubine e Quito dovette negoziare con i pirati perché questi non la incendiassero. Un altro assalto di pirati alla città avvenne nel 1709 da parte di Woodes Rogers, che chiese un riscatto ma se ne andò anticipatamente dal momento che in città si diffuse la peste.[4]

    Indipendenza  Il Mariscal Sucre

    I primi tentativi di ottenere l'indipendenza dalla Spagna iniziano nel 1809; prima in marzo una cospirazione fu scoperta dalle autorità spagnole che imprigionarono i ribelli, poi rilasciati perché giurarono fedeltà a Ferdinando VII. Il 10 agosto, data conosciuta con il nome di "el primer grito de la independencia", scoppia la ribellione a Quito, dove i rivoluzionari guidati da Juan de Salinas instaurano una Giunta suprema provvisoria. Tuttavia, qualche mese più tardi, in novembre, le truppe comandate dal colonnello Arredondo sedarono la rivolta e l'anno successivo i ribelli furono condannati e giustiziati[4].

    Nel 1820 iniziò la Guerra d'indipendenza della Nazione. Quell'anno infatti Esmeraldas dichiara l'indipendenza e a Guayaquil un gruppo di civili aiutati da truppe peruviane hanno facilmente la meglio sulle autorità spagnole, e il poeta e politico José Joaquín de Olmedo viene proclamato Capo di quella che venne definita Provincia Libera di Guayaquil. Anche Cuenca, un mese più tardi, si dichiara indipendente, così come altre città; tuttavia Quito e le zone limitrofe restavano ancora in mani spagnole.

    L'emancipazione dell'Ecuador dalla Spagna arrivò il 24 maggio 1822, grazie alla vittoria ottenuta nella decisiva battaglia di Pichincha dagli indipendentisti, al comando di Antonio José de Sucre, luogotenente di Simón Bolívar, contro la Spagna. Successivamente Guayaquil e Cuenca si unirono agli attuali Colombia, Panama e Venezuela, con il nome di Distretto del sud, nella confederazione costituita da Bolívar nel 1819 della Grande Colombia[4].

     Ecuador nella Grande Colombia 1821

    Nel 1830 il paese si separa dalla confederazione ormai disgregata della Grande Colombia, proclamandosi autonomo con il nome di Ecuador[7].

    Il generale conservatore Juan José Flores, primo presidente dello stato, si trovò ad affrontare l'opposizione frontale dei liberali, e nel 1883 la tensione culminò in una guerra civile, che vide contrapposti i conservatori di Quito ai liberali di Guayaquil.

    Questo fu il primo di una serie di conflitti che portarono all'alternarsi di vari presidenti liberali e conservatori: Gabriel García Moreno (conservatore) che firmò un concordato con la Santa Sede fu assassinato il 6 agosto 1875, durante il suo secondo mandato per mano dei sicari della Massoneria[8], ed Eloy Alfaro che, al contrario, durante il suo secondo periodo di governo (1907-1911) fece promulgare una nuova e più liberale Costituzione che stabiliva, tra l'altro, una decisa separazione tra Stato e Chiesa, improntando il Paese a una laicità che, mantenuta nelle successive costituzioni del 1945, 1967 e 1978, è tuttora vigente[9].

    Storia contemporanea

    Nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, il Perù invase la provincia di El Oro e si innescò la Guerra ecuadoriano-peruviana che durò più di un anno. Causa del conflitto fu la scoperta di giacimenti petroliferi nella zona di confine; i peruviani, militarmente più numerosi, conquistarono parte del territorio ecuadoriano e la pace apparente venne fatta solo con il Protocollo di Rio de Janerio del 1942. Tuttavia nessun politico ecuadoriano firmò mai il trattato ritenendolo illegittimo e l'Ecuador continuò a riportare due confini nelle proprie carte: uno precedente e uno posteriore al Trattato di Rio[10].

    Negli anni sessanta inizia un periodo di caos e iniziarono i Colpi di Stato militari; nel 1963 il presidente Monroy fu deposto da una giunta militare; tornato Velasco Ibarra (più volte presidente dell'Ecuador in precedenza) al potere nel 1968 tramite regolari elezioni, nel 1972 questi fu deposto da un colpo di Stato del generale Guillermo Rodríguez Lara, che instaurò un regime di dittatura poi continuato fino al 1979, quando venne eletto presidente Jaime Roldós Aguilera, che riportò nel paese un sistema democratico[11].

     Truppe ecuadoriane durante la guerra del Cenepa.

    Nel 1981 Ecuador e Perù riaprirono una disputa ormai secolare per alcune zone di confine, che entrambi i paesi rivendicavano. Vi fu il rischio di una guerra aperta poi scongiurata dall'intervento della OEA. Il presidente ecuatoriano all'epoca era Jaime Roldós che, poco tempo dopo la crisi con il Perù, morì per una misteriosa esplosione dell'aereo sul quale viaggiava. Gli succedette, dopo un periodo di potere del vice presidente del governo Roldós, León Febres Cordero, che attuò una politica repressiva e austera creando malcontento nella popolazione; così che, nel 1988, le elezioni furono vinte dal socialdemocratico Rodrigo Borja Cevallos. Durante la sua presidenza il movimento indigeno ottenne la distribuzione di 1.700.000 ha di terreno alle popolazioni autoctone, e Borja incentivò anche l'alfabetizzazione e l'educazione bilingue.

    Nel 1992, sotto la presidenza del conservatore Sixto Durán Ballén, l'Ecuador si distacca dall'OPEC, l'organizzazione che regola la produzione di petrolio tra i paesi membri, per decidere in modo autonomo la produzione, che è stata notevolmente aumentata.

    Nel 1995 ci fu l'ennesimo conflitto con il Perù, conosciuto come Guerra del Cenepa conclusosi con l'Atto di Brasilia, firmato dal presidente peruviano Alberto Fujimori e dal suo collega ecuadoriano Jamil Mahuad il 24 ottobre 1998[10], e nel quale l'Ecuador rinunciava alle zone di Tumbes, Jaén e Maynas, in cambio dell'accesso all'Amazzonia, al diritto di navigazione, a due zone franche e a due parchi naturali nella zona del conflitto[12].

    All'inizio del 2000 la grave crisi che stava attanagliando il paese dovuta al fallimento del sistema finanziario ecuatoriano sotto la presidenza di Jamil Mahuad, complici la caduta del prezzo del petrolio e il vincolo che il governo stesso aveva con banche corrotte, portarono alla dollarizzazione, e alla scomparsa del Sucre ecuadoriano[13].

    Nel 2007 l'Ecuador è stato il primo Paese della regione a formare un proprio programma spaziale senza l'aiuto delle potenze straniere (Agenzia Spaziale Civile Ecuadoriana)[14].

    La rivolta dei poliziotti del 30 settembre 2010
      Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi politica ecuadoriana del 2010.
     Rafael Correa

    Il 30 settembre 2010 migliaia di poliziotti occuparono caserme e luoghi pubblici, dando luogo ad una violenta protesta contro i tagli agli stipendi e ai benefit stabiliti dal presidente Rafael Correa nell'ambito di una riforma economica e fiscale. Il governo dichiarò lo stato d'emergenza per una settimana, l'aeroporto di Quito venne chiuso, e i trasporti pubblici bloccati[15]

    Correa riferì di essere rimasto intossicato dai gas lacrimogeni lanciati da poliziotti in rivolta durante una riunione in cui arringava i propri sostenitori, e fu costretto al ricovero in ospedale.[15][16]

    L'ospedale fu assediato dai poliziotti ribelli, ma il 1º ottobre 2010 Correa fu posto in salvo grazie a una incursione delle truppe speciali fedeli al presidente, che nel frattempo aveva ricevuto il sostegno del capo di stato maggiore dell'esercito, Ernesto González.[16] Un conteggio delle vittime fu di 8 morti e 274 feriti.[17] Correa accusò i suoi avversari politici di aver fomentato la rivolta, e di aver tentato di innescare un vero e proprio golpe[18]: Per diversi commentatori invece fu solo una rivolta grossolanamente organizzata, senza una vera e propria direzione politica[19]. La rivolta fu unanimemente condannata, anche all'estero, come fatto destabilizzante; alla fine il capo della polizia si dimise, e la protesta rientrò.[18]

    ^ a b exploringecuador: Antonio Fresco y Catálogo del Museo del Banco Central del Ecuador Sala de Arqueología, su exploringecuador.com. URL consultato il 20 luglio 2007 (archiviato dall'url originale il 26 maggio 2007). ^ La cultura Manteña revistas.arqueo-ecuatoriana.ec ^ Historia Inca quitoadventure.com ^ a b c d (ES) Cronología de la Historia Resumida del Ecuador, su auto.ec, 3 febbraio 2015. URL consultato il 24 novembre 2022 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2015). ^ a b c Conquista y colonizacion espanola paisdeleyenda.com ^ Historia Ecuador Guimsa.com ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Indipendenza ^ Gabriel García Moreno Catholic Encyclopedia ^ Don Eloy Alfaro, padre del laicismo laicismo.org ^ a b Ecuador - Perù: un conflitto strumentale Archiviato il 19 giugno 2013 in Internet Archive. conflittidimenticati.it ^ Historia Republicana del Ecuador Monografias.com ^ Guerra del Cenepa (Perú – Ecuador) – 1995 Tierra Latina - Sitio de Opinión y Encuestas sobre América Latina ^ Tesi di laurea triennale sulla dollarizzazione dell'Ecuador ^ ser la primera agencia en América Latina y estar a la vanguardia del desarrollo y la innovación en tecnología aeroespacia Archiviato il 30 giugno 2013 in Internet Archive. sequoiaspace.com ^ a b Disordini in Ecuador, truppe controllano aeroporto Quito, in Reuters, 30 settembre 2010. URL consultato il 2 ottobre 2010 (archiviato dall'url originale il 2 ottobre 2010). ^ a b Ecuador, golpe fallito, Correa liberato, in Il Messaggero, 1º ottobre 2010. URL consultato il 2 ottobre 2010 (archiviato dall'url originale il 24 maggio 2011). ^ Ecuador: tre giorni di lutto nazionale per vittime rivolta, in Il Secolo XIX, 2 ottobre 2010. URL consultato il 2 ottobre 2010. ^ a b Ecuador, militari e polizia in rivolta contro i tagli. Denunciato tentato golpe, in Il Messaggero, 30 settembre 2010. URL consultato il 2 ottobre 2010 (archiviato dall'url originale il 24 maggio 2011). ^ (EN) Gonzalo Solano, Frank Bajak, Ecuador revolt: Attempted coup or uprising?, in The Associated Press, 2 ottobre 2010. URL consultato il 30 novembre 2017.
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