Alberobello

Alberobello (Iarubbèdde in dialetto locale) è un comune italiano di 10 237 abitanti della città metropolitana di Bari in Puglia, facente parte della Valle d'Itria e della Murgia dei Trulli.

È celebre per i suoi caratteristici trulli, modello costruttivo di architettura spontanea, dichiarati dal 6 dicembre 1996 Patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.

Una prima antropizzazione dell'area e bonifica agraria prese avvio nei primi anni del XVI secolo su impulso del conte di Conversano Andrea Matteo III Acquaviva d'Aragona, figlio di Giulio Antonio Acquaviva caduto nell'estate del 1480 nella battaglia di Otranto contro gli ottomani. Andrea Matteo introdusse dal feudo di Noci una quarantina di famiglie di contadini per bonificare e coltivare le terre, con l'obbligo di consegnargli la decima dei raccolti.

 Trullo Sovrano

Il suo successore, il conte Giangirolamo II, detto dagli storici dell'Ottocento il Guercio delle Puglie perché da una lotta si procurò un occhio bendato (senza documentazione) nel 1635 al centro della zona eresse una locanda con annessi refettorio, taverna e oratorio dedicato alla Madonna di Loreto (10 dicembre) e ai Santi Cosma e Damiano (che fu chiuso dal pubblico nel 1863), che diede avvio all'urbanizzazione della selva con la costruzione di un agglomerato di piccole case.

L'abbondanza di materiale, soprattutto pietra calcarea e carsica e l'autorizzazione del conte a costruire case solo con muri a secco senza l'uso di malta, che divennero i caratteristici trulli, contribuirono all'espansione dell'agglomerato urbano. L'obbligo di far costruire case solo con pietre a secco fu un espediente del conte per evitare il pagamento dei tributi al viceré spagnolo del Regno di Napoli secondo la Pragmatica de Baronibus, legge in vigore fino al XVIII secolo secondo la quale la costruzione di un nuovo centro abitato comportava in primo luogo il regio assenso e il consecutivo pagamento dei tributi da parte del barone alla Regia Corte. Il centro abitato sorse sulle vie dell'antico fiume Cana/Cane, dove ora si trova il largo Giuseppe Martelotta.[senza fonte]

Alberobello rimase feudo degli Acquaviva d'Aragona di Conversano fino al sabato 27 maggio 1797, quando il re Ferdinando IV di Borbone accolse l'istanza di una delegazione-comitato di sette gentiluomini, costituita dai dottori Giacomo Giuseppe Pezzolla e Martino Lippolis, dal capo d'arte Ottavio Ciaccia e dai sacerdoti Vito Fasano, Francesco Cosma Sgobba, Vito Nicola Tinelli e Francesco Martelotta, ed emanò un decreto con il quale elevava il piccolo villaggio a città regia, liberandola dalla servitù feudale. Il decreto giunse in paese il successivo 16 giugno e fu affisso su un albero di olmo alla vista di tutti[senza fonte]. Il 22 giugno fu eletto come primo sindaco il fisico Francesco Giuseppe Lippolis soprannominato "Orecchie False". Nel 16 marzo 1814 fu istituita la parrocchia e nominato primo parroco don Vito Onofrio Tulio Lippolis cugino del primo sindaco, arciprete del Capitolo costituito da una ventina di presbiteri. Nell'estate del 1797 Antonio Francesco D'Amore costruì il primo trullo a due piani[senza fonte], noto oggi come Casa D'Amore.

Alberobello è l'unico centro abitato nel quale è presente un intero quartiere di trulli, viene pertanto considerata capitale culturale dei trulli della Murgia.

Campo di internamento di Alberobello, la "Casa Rossa"
  Lo stesso argomento in dettaglio: Casa Rossa (Alberobello).

Nel 1940, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, la masseria Gigante, che era stata realizzata nel 1887 in Contrada "Albero della Croce" per volontà del testamento del sacerdote e brigante Don Francesco Gigante (18 settembre 1812-9 gennaio 1888) con l'intento di realizzarvi un campo per la scuola di pratica d'agraria, fu requisita dal governo fascista che la adibì a campo di transito e di internamento, pertanto, campo di internamento fascista fino ai primi di settembre del 1943, ossia per oltre 3 anni,[1] questo uso si protrasse anche nel dopoguerra fino al 1949. Dal 1957 al 1972 la struttura fu utilizzata come scuola rieducativa minorile. All'interno vi è la chiesetta dedicata ai Santi Francesco e Chiara d'Assisi con dipinti in gesso del 1948.[2]

Simboli

Lo stemma del comune di Alberobello è stato riconosciuto con decreto del capo del governo del 26 marzo 1935 e modificato con D.P.C.M. del 24 novembre 1952.[3]

«D'azzurro, alla quercia sormontata da due candide colombe in volo, in attegiamento di posarvisi, nodrita su terrazza, sinistrata da un leone rampante, addestrata da un guerriero medioevale, armato, nell'atto di colpire con la lancia la bocca del leone, il tutto al naturale.»

Il guerriero medievale armato di lancia simboleggia l'intervento della dinastia borbonica per proteggere Alberobello, raffigurato dalla quercia, dalla prepotenza del conte Acquaviva di Conversano, rappresentato dal leone rampante, emblema del suo casato. Sullo sfondo dell'antico stemma civico, approvato dal primo Consiglio dell'Università di Alberobello del 1797, erano raffigurati dei trulli.

Il gonfalone, concesso con D.P.R. del 30 luglio 1953, è un drappo di giallo.[4]

^ Itriabarocco, su itriabarocco.net. URL consultato il 9 febbraio 2014 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2019). ^ F. Terzulli, La casa rossa. Il campo di concentramento ad Alberobello, Milano, Mursia, ISBN 978-88-425-3167-8. ^ Alberobello, su Archivio Centrale dello Stato. URL consultato il 26 maggio 2022. ^ Stemma, su itrullidialberobello.it. URL consultato il 26 maggio 2022.
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