Lo Stari Most (che in italiano significa: "Il vecchio ponte") è un ponte ottomano del XVI secolo della città di Mostar, in Bosnia ed Erzegovina, che attraversa il fiume Narenta per unire le due parti della città che esso divide.

Il ponte venne distrutto dalle forze croato-bosniache nel corso della guerra in Bosnia, la mattina del 9 novembre 1993. Finite le ostilità venne ricostruito e completato il 22 luglio 2004.

Il ponte è sicuramente il simbolo più rappresentativo della città. Erroneamente era definito, nel periodo austro-ungarico, in tedesco Römerbrücke, cioè Ponte romano: in realtà fu costruito durante il dominio ottomano.

Costruzione

Lo Stari Most venne commissionato dal sultano Solimano il Magnifico nel 1557 per rimpiazzare un vecchio ponte sospeso di legno, piuttosto instabile. Il ponte in pietra venne ultimato nove anni dopo (un'iscrizione sul ponte dice che i lavori finirono nel 974 del calendario islamico, corrispondente ad un periodo compreso fra il 19 luglio 1566 e il 7 luglio 1567).

Della costruzione del ponte si sa poco o nulla, tutto ciò che resta si confonde nelle leggende locali; si conosce però il nome del costruttore, un certo Mimar Hayruddin, un discepolo del celebre architetto ottomano Sinān. Essendogli stato ordinato di costruire un ponte di dimensioni senza precedenti, pena la morte, egli si preparò per il suo funerale il giorno stesso in cui l'impalcatura veniva tolta dalla struttura appena completata. Alcune cose restano (e probabilmente resteranno per sempre) sconosciute, come per esempio il metodo utilizzato per erigere l'impalcatura (e come fece questa a rimanere in piedi per un periodo così lungo), oppure il metodo utilizzato per trasportare le pietre da una parte all'altra del fiume.

Si ritiene comunemente che lo Stari Most fosse il ponte a singolo arco più grande del suo tempo, il che lo rende uno dei capolavori architettonici dell'umanità.

Distruzione

Durante la guerra di Bosnia (1993-1995) la televisione occidentale ha contribuito a diffondere l'idea che lo Stari Most attraversasse la linea di separazione tra le due parti della città, quella a maggioranza cristiana e quella a maggioranza musulmana. In realtà il fronte vero e proprio non è mai passato per il ponte: la "linea rossa" era infatti rappresentata dal boulevard, un largo viale che si trova poco fuori dalla città vecchia.

Il ponte venne danneggiato già nel 1992 dai bombardamenti attuati dai serbi; entrambe le fazioni, sia la croata che la serba, vedevano un simbolo nel ponte e nell'area storica nelle sue vicinanze, una parte integrante della cultura bosniaca, da distruggere in quanto tale. Per questo motivo, lungo tutta la prima fase della guerra, esso venne ripetutamente preso di mira[1]; per lo stesso motivo, dopo la sua distruzione, un portavoce dei combattenti croati non ebbe difficoltà a rivendicare l'evento, sia pure giustificandolo con ragioni strategiche[2].

In ogni caso, al culmine della guerra in Bosnia ed Erzegovina (1992-1995), le forze secessioniste croate che combattevano contro le forze governative bosniache, il 9 novembre 1993, distrussero il ponte[3]. L'azione fu giudicata "un legittimo obiettivo militare" dal Tribunale internazionale per i crimini della ex Jugoslavia, ma la stessa pronuncia affermò che essa aveva cagionato danni sproporzionati ai civili della comunità musulmana di Mostar[4]; il giudice Antonetti dissentì da questa prospettazione, ritenendo che essa non valorizzasse abbastanza anche il principio di difesa del patrimonio culturale durante i conflitti armati[5].

Ricostruzione

Il ponte, incluso recentemente nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità, venne ricostruito sotto l'egida dell'UNESCO. Le sue 1.088 pietre, vennero lavorate e montate secondo le tecniche medievali; il lavoro di ricostruzione è costato circa 12 milioni di euro finanziati da aiuti internazionali. L'Italia è stata la nazione che ha contribuito maggiormente alla ricostruzione, donando oltre 3 milioni di euro. Lo Stari Most è stato riaperto il 22 luglio 2004 e celebrato come simbolo di riconciliazione fra le comunità cristiane e musulmane dopo gli orrori della guerra.[6][7][8]

^ Martin Coward, Urbicide: The Politics of Urban Destruction, London, Routledge, 2009, pp. 1–7, ISBN 0-415-46131-6. ^ Albert Borowitz, Terrorism for self-glorification: the herostratos syndrome, Kent State University Press, 2005, pp. 65, ISBN 0-87338-818-6. ^ "La mattina del 9 novembre del 1993 le sue pietre bianche precipitarono nelle acque verde smeraldo della Neretva, colpite da tre granate, ma il suo crollo era stato preparato il giorno prima con almeno 60 proiettili di grosso calibro sparati dalle truppe croato-bosniache al comando di Slobodan Praljak": v. Ex Jugoslavia, generale croato beve veleno in aula dopo la condanna a 20 anni e muore, Il Fatto quotidiano, 29 novembre 2017. ^ Press release, The Hague, 29 May 2013, MS/CS/PR1565e, Six Senior Herceg-Bosna Officials Convicted ^ Bosnia and the Destruction of Cultural Heritage, by Helen Walasek, contributions by Richard Carlton, Amra Hadžimuhamedovic, Valery Perry, Tina Wik, editore Routledge, 03 mar 2016, pagina 315. ^ corriere ^ OBC ^ OBC
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