Passo di Gavia
Il passo di Gavia (2.618 m s.l.m.) è un valico alpino delle Alpi Retiche meridionali, posto ai margini sud-occidentali del gruppo dell'Ortles-Cevedale (Gruppo Sobretta-Gavia), che mette in comunicazione la Val di Gavia (tributaria della Valfurva - Valtellina) e l'alta Valle Camonica, segnando il confine amministrativo fra le province di Sondrio e Brescia.
Già noto in epoca medievale, il valico faceva parte delle perigliose rotte commerciali alpine della Repubblica di Venezia e metteva in comunicazione con Germania, Tirolo, Austria attraverso la via Imperiale di Alemagna. Un tempo il tragitto era percorso in qualsiasi stagione, tra mille pericoli e rischi, come i repentini cambiamenti meteorologici, la nebbia fitta, le bufere di neve e le slavine, al punto da essere soprannominato "Passo della Testa del Morto".
La costruzione della stradaIl sentiero medievale che attraversava il passo fu oggetto di notevoli lavori di ampliamento e ristrutturazione in occasione del primo conflitto mondiale, durante il quale, vista la vicinanza della linea di fronte, la strada divenne di fondamentale importanza strategica. Il percorso restava in ogni caso sterrato, stretto e di notevole pericolosità. Dalla seconda metà del '900 sono state effettuate notevoli migliorie, tra cui la realizzazione di una galleria per evitare il tratto più pericoloso e la completa asfaltatura del tracciato.[1]
Il crocifisso al Lago BiancoA lato della strada, in prossimità delle sponde del Lago Bianco è visibile un crocifisso ligneo. Si tratta di un ex voto del 1929 e ricorda una madre e il figlio che, in viaggio in auto da Santa Caterina verso Ponte di Legno, furono investiti in questa zona da una improvvisa fittissima nebbia. Miracolosamente sopravvissuti fecero poi porre il crocifisso a ricordo.
L'incidente del 1954 Le lapidi commemorative dell'incidente in una foto d'epoca L'attuale monumento in ricordo dell'incidenteIl mattino del 20 luglio 1954, un veicolo militare Fiat 639, con a bordo ventuno alpini di età compresa tra i 21 ed i 23 anni, cadde in una scarpata a seguito del cedimento del fondo della strada sul versante bresciano; lo schianto che seguì al volo di circa 150 metri causò diciassette morti. Dei due feriti più gravi, uno morì il giorno successivo per le ferite, portando così a diciotto il totale delle vittime.[2][3]
All'epoca il tracciato, privo di parapetti e protezioni, era considerato molto rischioso e la sua percorrenza era sconsigliata agli autocarri; vigeva inoltre un divieto di transito, non rispettato, per i veicoli con più di 14 passeggeri. Nel punto dell'incidente la larghezza totale della carreggiata era di 2,30 m[2].
I corpi straziati degli alpini, appartenenti al 6º Reggimento, battaglione Bolzano, furono trasferiti nella chiesetta di Ponte di Legno per le esequie[2].
A ricordo della tragedia furono collocate due lapidi commemorative, tuttora esistenti.[4] In loro memoria è inoltre stata eretta la croce di vetta della Becca di Nana, in Valle d'Aosta.[5]
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