端島 (長崎県)
( Hashima (isola) )Hashima (端島?), nota anche come Gunkanjima (軍艦島? lett. "isola della nave da guerra", per la somiglianza della sua forma alla corazzata giapponese Tōsa), è un'isola dell'arcipelago del Giappone.
Compresa tra le 505 isole disabitate della prefettura di Nagasaki, a circa un'ora di navigazione dal capoluogo, Hashima ha ospitato uno dei più produttivi siti minerari del Giappone.
Nel 1974, a seguito della chiusura dello stabilimento minerario, è stata completamente abbandonata e da allora, per la sua caratteristica condizione di estremo decadimento, l'isola è diventata uno dei più grandi e significativi esempi di archeologia industriale, nonché argomento frequente di discussione tra gli appassionati di rovine.
Dopo trentacinque anni di completo abbandono, nel 2009 parte dell'isola è divenuta nuovamente accessib...Leggi tutto
Hashima (端島?), nota anche come Gunkanjima (軍艦島? lett. "isola della nave da guerra", per la somiglianza della sua forma alla corazzata giapponese Tōsa), è un'isola dell'arcipelago del Giappone.
Compresa tra le 505 isole disabitate della prefettura di Nagasaki, a circa un'ora di navigazione dal capoluogo, Hashima ha ospitato uno dei più produttivi siti minerari del Giappone.
Nel 1974, a seguito della chiusura dello stabilimento minerario, è stata completamente abbandonata e da allora, per la sua caratteristica condizione di estremo decadimento, l'isola è diventata uno dei più grandi e significativi esempi di archeologia industriale, nonché argomento frequente di discussione tra gli appassionati di rovine.
Dopo trentacinque anni di completo abbandono, nel 2009 parte dell'isola è divenuta nuovamente accessibile per ospitare brevi itinerari turistici e, dal 2015, è uno dei ventitré siti storici industriali inseriti tra i patrimoni dell'umanità dall'UNESCO.
L'isola fu colonizzata dai giapponesi a partire dal 1887 per la presenza di un giacimento di carbone, benché la presenza del minerale sull'isola fosse nota fin dal 1810[1]. Nel 1890 la Mitsubishi acquistò l'intera isola e ampliò la miniera esistente con l'intento di estrarre il carbone dai giacimenti che si estendevano fin sotto il fondale marino. Negli anni immediatamente successivi ebbe inizio l'intensivo sfruttamento del giacimento minerario e la Mitsubishi finanziò la contestuale costruzione delle prime abitazioni per i lavoratori che sempre più numerosi accorrevano sull'isola[2].
Un'immagine dell'isola di Hashima negli anni trenta Un'immagine di un condominio di Hashima negli anni cinquantaNel 1896 l'importanza dello stabilimento minerario, che soddisfaceva buona parte del fabbisogno energetico della città di Nagasaki, fece presto registrare nell'isola un notevole incremento demografico che richiese necessariamente un crescente numero di abitazioni; l'azienda finanziò quindi un grande progetto che prevedeva il sistematico ampliamento della superficie dell'isola e la realizzazione di un primo agglomerato urbano[3].
Le fasi di ampliamento si susseguirono fino al 1931 e il territorio dell'isola venne completamente occupato da numerosi edifici che ospitarono le strutture industriali ma anche svariati condomìni e tutti i servizi utili alla popolazione, tra cui anche un ospedale e una scuola[2]. In quegli anni la rigida organizzazione sociale giapponese ad Hashima divenne una sorta di organizzazione su «caste» gerarchiche, dove i minatori celibi vivevano separati da quelli con famiglia che, a loro volta, erano separati dalle famiglie dei dirigenti della Mitsubishi.
Durante la seconda guerra mondiale l'isola divenne un campo di lavoro per prigionieri cinesi e coreani che vennero duramente costretti all'attività di miniera, al posto dei minatori giapponesi richiamati dall'esercito a combattere al fronte[4]. Inoltre secondo alcuni rapporti fu silurata dalla marina militare statunitense, quest'ultima probabilmente ingannata dalla forma dell'isola che dal mare appariva del tutto simile a una corazzata[5].
Ciò che resta del più grande edificio pluripiano dell'isola, indicato con il numero 65Ripristinati i danni dei bombardamenti, nel secondo dopoguerra i lavoratori fecero ritorno alla miniera della Mitsubishi e l'esigua superficie di Hashima arrivò a contare una delle più alte densità di popolazione al mondo[6], con ben 1.391 abitanti per ettaro per la sola zona residenziale e 835 abitanti per ettaro in tutta l'isola, fino al picco del più alto tasso di popolazione raggiunto nel 1959, con oltre cinquemila abitanti[7].
Alla fine degli anni sessanta la domanda di carbone diminuì e nel 1973 le estrazioni cessarono del tutto; la nuova fonte energetica da ricercare divenne il petrolio e quindi la Mitsubishi Corporation optò per la chiusura dello stabilimento minerario, offrendo nuove opportunità lavorative altrove. Il 15 gennaio del 1974, la miniera venne ufficialmente chiusa con una cerimonia aziendale presso la palestra locale e nell'arco di soli quattro mesi Hashima assistette al suo rapidissimo spopolamento; l'ultimo lavoratore lasciò l'isola il 20 aprile dello stesso anno[8].
Ormai completamente disabitata, Hashima e il suo opprimente agglomerato urbano furono abbandonati a un destino di progressivo e incessante decadimento e la prefettura di Nagasaki vietò ogni possibilità di visita, pena la reclusione in carcere fino a trenta giorni.
Fino al 2002 l'isola appartenne al Mitsubishi Gurūpu, anno in cui fu ceduta alla città di Takashima, che nel 2005 è stata assorbita nella conurbazione di Nagasaki e pertanto l'isola risulta sotto la sua giurisdizione.
Nel 2009, a trentacinque anni dal suo abbandono, il governo giapponese ha abolito il divieto di accesso all'isola e ha concesso al regista svedese Thomas Nordanstad un permesso speciale per girare un inedito documentario sulla storia di Hashima, in compagnia di un suo vecchio abitante. Da allora Hashima è divenuta meta turistica di visite per piccoli gruppi di appassionati[9]; tuttavia è consentito visitare soltanto una parte dell'isola, poiché lo stato della maggior parte degli edifici non garantisce più condizioni di sicurezza adeguate[5].
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