제주도

( Isola di Jeju )

L'isola di Jeju (제주도?, 濟州島?, Jeju-doLR) è la più grande isola della Corea del Sud, interamente compresa nella provincia di Jeju. L'isola si trova nello stretto di Corea a meridione della penisola coreana e a sud della provincia di Jeolla meridionale.

È iscritta nel patrimonio mondiale dell'UNESCO. Generalmente Jeju ha un clima temperato; anche in inverno la temperatura raramente scende al di sotto gli 0°. Inoltre è una famosa meta turistica e una parte considerevole dell'economia dell'isola si basa sul turismo e sulla base navale civile.

La prima forma di governo conosciuta sull'isola fu il regno di Tamna.[1]

Dopo aver invaso la Corea nel XIII secolo, i mongoli stabilirono una base sull'isola di Jeju e ne convertirono una parte in un'area di pascolo per la cavalleria mongola di stanza lì.[2]

Insurrezione di Jeju
  Lo stesso argomento in dettaglio: Massacro di Jeju.
 Sospetti simpatizzanti comunisti in attesa di esecuzione nel maggio 1948 dopo l'insurrezione di Jeju.

Dal 3 aprile 1948 al maggio 1949, il governo sudcoreano condusse una campagna anticomunista per reprimere un tentativo di rivolta sull'isola.[3][4] La causa principale della ribellione furono le elezioni per dare un nuovo governo a tutta la Corea, programmate per il 10 maggio 1948 dalla Commissione temporanea delle Nazioni Unite sulla Corea (UNTCOK). Le elezioni erano previste solo per il sud del paese, la metà della penisola sotto il controllo dell'UNTCOK: temendo che avrebbero ulteriormente rafforzato la divisione, i combattenti del Partito laburista sudcoreano (SKLP) reagirono violentemente, attaccando la polizia locale e gruppi di giovani di destra di stanza sull'isola di Jeju.[3]

Atrocità vennero commesse da entrambe le parti, ma quelle delle forze governative sudcoreane sono le meglio documentate.[3][4][5] In un'occasione, i soldati americani scoprirono i corpi di 97 persone che erano state uccise dalle forze governative; in un'altra, s'imbatterono nella polizia che stava uccidendo 76 abitanti di un villaggio.

A causa della ribellione morirono tra le 30.000 e le 60.000 persone, quasi il 25% della popolazione totale dell'isola.[5][6][7] Circa 40.000 persone scapparono in Giappone per sfuggire ai combattimenti.[8][9] Nei decenni successivi alla rivolta, la memoria dell'evento fu soppressa dal governo sudcoreano attraverso severe punizioni, finché nel 2006 lo Stato si scusò per il ruolo avuto nelle uccisioni e promise risarcimenti, che nel 2010 non erano ancora stati pagati.[10]

Nel 2008, corpi di vittime di un massacro vennero scoperti in una fossa comune vicino all'aeroporto internazionale di Jeju.[11]

Visita di Kim Jong-un

L'11 novembre 2018 venne annunciato che il leader nordcoreano Kim Jong-un avrebbe fatto tappa sull'isola durante la sua visita in Corea del Sud, arrivandovi in elicottero.[12] L'annuncio venne dato dopo che 200 tonnellate di mandarini raccolti a Jeju erano stati portati in Corea del Nord in segno di apprezzamento per quasi 2 tonnellate di funghi nordcoreani che Kim aveva regalato al presidente sudcoreano Moon Jae-in a seguito del vertice intercoreano di settembre 2018.[13][14]

^ (EN) The Queen of Tamna: Was Jeju previously ruled by a mythical warrior queen?, su jejuweekly.com, 9 agosto 2017. URL consultato il 2 agosto 2020. ^ (EN) William E. Henthorn, Korea: the Mongol invasions, E.J. Brill, 1963, pp. 190. ^ a b c Deane, pp. 54-58. ^ a b Merrill, pp. 139-197. ^ a b (EN) Hun Joon Kim, The Massacre at Mt. Halla: Sixty Years of Truth Seeking in South Korea, Cornell University Press, 2014, pp. 13–41, ISBN 978-0-8014-5239-0. ^ (EN) Jae-Jung Suh, TRUTH AND RECONCILIATION IN SOUTH KOREA Confronting War, Colonialism, and Intervention in the Asia Pacific, Published online, Critical Asian Studies, 15 novembre 2010, p. 509, DOI:10.1080/14672715.2010.515386. ^ (EN) John Merrill, Cheju-do Rebellion, in The Journal of Korean Studies, vol. 2, 1980, pp. 139–197, DOI:10.1353/jks.1980.0004. ^ (EN) Hugh Deane, The Korean War 1945-1953, San Francisco, China Books and Periodicals Inc., 1999, pp. 54–58, ISBN 978-0-8351-2644-1. ^ (EN) Hideko Takayama, Ghosts Of Cheju, su newsweek.com, newsweek, 19 giugno 2000. URL consultato il 30 marzo 2009. ^ John Kie-Chiang O, Korean Politics: The Quest for Democratization and Economic Development, Cornell University Press, 1999. ^ (EN) Song Jung Hee, Islanders still mourn April 3 massacre, su jejuweekly.com, 31 marzo 2010. URL consultato il 21 dicembre 2022 (archiviato dall'url originale il 24 novembre 2011). ^ (EN) Jeju prepares for Kim Jong-un's visit by helicopter, su koreatimes, 11 novembre 2018. URL consultato il 21 dicembre 2022. ^ (EN) Summit bears fruit as South Korea flies tangerines to North, su channelnewsasia.com. URL consultato il 16 giugno 2020 (archiviato dall'url originale l'11 novembre 2018). ^ (EN) Julian Ryall, South Korea declares Kim Jong-un's mushrooms safe to eat, in The Telegraph, 8 novembre 2018. URL consultato il 21 dicembre 2022.
Fotografie di:
Douglas Knisely from USA - CC BY-SA 2.0
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