Contesto di Kosovo

Il Kosovo, talvolta in italiano Cossovo o Kossovo (AFI: /ˈkɔssovo/; in albanese Kosova; in serbo: Косово и Метохија?, traslitterato: Kosovo i Metohija; storicamente Dardania in illirico), ufficialmente Repubblica del Kosovo (in albanese Republika e Kosovës; in serbo: Република Косо...Leggi tutto

Il Kosovo, talvolta in italiano Cossovo o Kossovo (AFI: /ˈkɔssovo/; in albanese Kosova; in serbo: Косово и Метохија?, traslitterato: Kosovo i Metohija; storicamente Dardania in illirico), ufficialmente Repubblica del Kosovo (in albanese Republika e Kosovës; in serbo: Република Косово?, traslitterato: Republika Kosovo), è uno Stato a riconoscimento limitato dell'Europa sud-orientale.

Proclamò unilateralmente l'indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008; quest'ultima dichiarò immediatamente di non riconoscerne l'indipendenza, accolta invece da numerosi Stati, tra cui l'Italia. Al 2021 l'indipendenza è riconosciuta da 101 Stati membri dell'ONU su 193. Secondo la Corte internazionale di giustizia, appositamente investita dall'Assemblea Generale dell'ONU (parere consultivo del 22 luglio 2010), la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo non ha violato né il diritto internazionale generale né la risoluzione 1244 del consiglio di sicurezza ONU. Il parere non include una presa di posizione sugli effetti della dichiarazione e cioè sull'acquisto, o no, della qualità di Stato a tutti gli effetti (paragrafo 51).

Al centro della penisola balcanica, è delimitato a nord e a est dalla Serbia, a sud-est dalla Macedonia del Nord, a sud-ovest dall'Albania e a ovest dal Montenegro. Ha una superficie di 10888 km² e una popolazione di circa 1,8 milioni di abitanti.

Abitata da popolazioni illiriche fin dall'antichità, fu parte dell'impero romano. Invaso a più riprese da popolazioni slave venute dal nord-est dall'VIII secolo, rimase caratterizzato dalle popolazioni proto-albanesi. Divenuta parte dell'impero bizantino e poi impero serbo, dopo la battaglia della Piana dei Merli (1389), che vide le forze militari cristiane serbe fronteggiare gli ottomani, il territorio divenne sotto controllo ottomano. Unita alle altre tribù albanesi nella Lega creata nel 1444 da Giorgio Castriota detto "Scanderbeg", dopo una lunga resistenza durata ventiquattro anni, la regione del Kosovo, così come tutta l'Albania, fu divisa in piccoli principati autonomi sottoposti per quattro secoli e mezzo alla sovranità dell'impero ottomano. Nel XIX secolo si accentuarono rivolte popolari per l'indipendenza e la Lega di Prizren (1878) promosse l'idea di uno stato nazionale albanese, anche in difesa dei confini dalle pressioni serbo-montenegrine al nord e greche al sud, e stabilì il moderno alfabeto albanese. Pur non rientrando nei confini decisi nella conferenza di Londra nell'autodichiarata indipendente Albania (1912), l'ideale di unione nazionale fu sempre caratteristica delle popolazioni locali. Durante la seconda guerra mondiale, con l'occupazione italiana dell'Albania (1939-1943), buona parte dell'attuale Kosovo si unì allo Stato albanese. Con la conclusione della seconda guerra mondiale divenne parte della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, mantenendo una certa autonomia amministrativa e culturale a causa della sua diversa identità non slava. Dopo i gravi fatti e la guerra che ne scaturì, il Kosovo ha dichiarato la sua indipendenza ed è una repubblica parlamentare.

La capitale è Pristina; la maggioranza degli abitanti è di lingua albanese e si riconosce albanese. Pur non appartenendo all'Unione Europea, utilizza di fatto l'Euro dal 2002.

Di più Kosovo

Informazioni di base
  • Moneta Euro
  • Prefisso telefonico +383
  • Mains voltage 230V/50Hz
Population, Area & Driving side
  • Popolazione 1883018
  • La zona 10909
  • Lato guida right
Cronologia
  •   Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del Kosovo.

    L'area dell'attuale Kosovo fece parte in età antica dell'Impero macedone...Leggi tutto

      Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del Kosovo.

    L'area dell'attuale Kosovo fece parte in età antica dell'Impero macedone e dell'Impero Romano. Con l'indebolimento dell'Impero bizantino, esso venne colonizzato dagli slavi e divenne parte del regno medievale di Serbia e dell'Impero serbo. Con la frammentazione di questo, e la sconfitta nella Battaglia della Piana dei Merli nel 1389, il Kosovo passò sotto dominio ottomano per cinquecento anni. Con le guerre balcaniche del 1912-13, esso venne riannesso al Regno di Serbia, assieme al quale partecipò alla storia della Jugoslavia nel '900. A seguito della guerra del Kosovo (1998-99), il territorio è stato sottratto al controllo serbo e posto sotto amministrazione ONU. La Repubblica del Kosovo si è autoproclamata indipendente nel 2008 ed è oggi riconosciuta da circa la metà degli stati membri ONU.

    L'area, nota come parte della Dardania, abitata dai dardani[1][2][3] e caratterizzata in epoca antica da un livello sempre molto scarso di urbanizzazione e di penetrazione della civiltà classica, fu occupata da Alessandro Magno nel IV secolo a.C..[4][5][6] Conquistata da Roma nell'anno 160 a.C. e incorporata nella provincia romana dell'Illirico e poi della Mesia superiore, a partire dal IV secolo, l'area del Kosovo, ormai in gran parte romanizzata, venne integrata nella Provincia di Dardania dell'Impero Bizantino.

    Con l'allentarsi dell'autorità e del controllo di Bisanzio sull'entroterra balcanico, la regione rimase esposta alle migrazioni slave del VI e VII secolo dall'Europa orientale. Archeologicamente, il primo Medio Evo rappresenta uno iato nei reperti,[7] e qualunque cosa fosse rimasto delle popolazioni native della regione si fuse con le nuove popolazioni slave.[8]

    Storia medievale

    La successiva storia politica e demografica del Kosovo non è conosciuta con assoluta certezza fino al XIII secolo. La regione venne assorbita nel Primo Impero bulgaro attorno all'anno 850, con il consolidamento del cristianesimo e della cultura slavo-bizantina. Venne riconquistata dai bizantini dopo il 1018 e divenne parte del nuovo thema di Bulgaria. In quanto centro di resistenza slava a Costantinopoli nella penisola, la regione cambiò spesso di mano tra serbi e bulgari da una parte e Bisanzio dall'altra, fino a che il principe serbo Stefan Nemanja se ne assicurò il controllo verso l'anno 1180.[9] Il suo successore, Stefano Prvovenčani assunse il controllo del resto del Kosovo dal 1216, creando in tal modo uno Stato che incorporò la maggior parte dell'area che costituisce oggi Serbia e Montenegro, regolato in base al Canone di San Sava (Zakonopravilo).[senza fonte] Nel XIII e XIV secolo, il Kosovo divenne centro politico e spirituale del regno serbo, con la sede dell'arcivescovato serbo a Pec e la corte dei Nemanjić tra Prizren e Skopje.[10] Nello stesso periodo, centinaia di chiese, monasteri (quali quelli di Gračanica e Visoki Dečani) e roccaforti feudali vennero costruite.[11]

    L'apice del potere serbo nella regione venne raggiunto nel 1346 con la formazione dell'Impero serbo e l'incoronazione di Stefano Dušan. Tuttavia, alla sua morte nel 1355 e ancor più a partire dal 1371 l'impero serbo si frammentò in una serie di principati feudali. Il Kosovo divenne terra ereditaria dei casati Mrnjavčević[senza fonte] e Branković. Nel tardo XIV e XV secolo parti del Kosovo, spingendosi a est fino a Pristina, fecero parte del Principato di Dukagjini, in seguito incorporato nella federazione albanese contenente i principati albanesi dei Balcani, la Lega di Lezhë.[12]

    Battaglie del Kosovo  I Balcani a fine XIV secolo Battaglia di Kosovo Polje, Adam Stefanović, olio, 1870

    La battaglia della Piana dei Merli avvenne sul campo omonimo il 15 giugno[13] 1389, quando il knez (principe) di Serbia, Lazar Hrebeljanović, radunò una coalizione di soldati cristiani, composta da slavi (serbo-bosniaci), albanesi, magiari e maltesi, e di un contingente di mercenari sassoni. Il sultano ottomano Murad I riunì anch'egli una coalizione di soldati e volontari dei vicini paesi di Rumelia e Anatolia. L'esercito serbo fu sgominato e Lazar trucidato, mentre Murad I fu ucciso da Miloš Obilić.[14][15] In seguito a ciò il figlio di Lazar e altri principati serbi accettarono un vassallaggio nominale al Sultano ottomano, cui venne offerta in sposa la figlia di Lazar per suggellare la pace. Ma già nel 1459 i turchi avevano conquistato la nuova capitale serba, Smederevo.[16]

    La seconda battaglia del Kosovo fu combattuta da Giorgio Castriota Scanderbeg, che liberò Kosovo e Albania dall'invasione degli ottomani nella battaglia di Prizren il 10 ottobre 1445. L'esercito ottomano con 15.000 cavalieri guidato da Firuz Pascià aveva l'ordine di distruggere Scanderbeg e gli albanesi. Castriota lo attese alle gole di Prizren il 10 ottobre 1445 e ne uscì vincitore. Giorgio Castriota Scanderbeg fu l'unico condottiero a liberare il Kosovo dall'invasione degli ottomani. Il Kosovo mantenne la propria indipendenza insieme all'Albania fino alla morte di Scanderbeg nel 1468. In seguito la regione fu conquistata di nuovo dai Turchi.[17]

    La terza battaglia fu combattuta lungo l'arco di due giorni nell'ottobre del 1448, fra una forza ungherese comandata da Giovanni Hunyadi e un esercito ottomano guidato da Murad II. Significativamente più imponente della prima battaglia, l'esercito ungherese fu tuttavia sconfitto e messo in fuga. Scanderbeg non riuscì a partecipare a questa battaglia, perché gli fu impedito dal re serbo Đurađ Branković, il quale si era alleato con il sultano Murad II.[18][19][20][21] A causa di ciò Scanderbeg si vendicò, distruggendo villaggi serbi lungo il suo cammino, per essergli stato impedito di unirsi alla causa cristiana.[18][22] Purtroppo, quando Scanderbeg riuscì a raggiungere Hunyad, questo era stato già sconfitto dai turchi.[23]

    Il Kosovo nell'Impero ottomano (1478-1912)  Vilayet del Kosovo, 1875-1878 Vilayet del Kosovo, 1881-1912

    Per cinquecento anni gran parte dei Balcani furono governati dai turchi ottomani. Il Kosovo fu prima parte dell'eyalet di Rumelia, quindi fu elevato ad autonomia come sandjak di Prizren. Gli ottomani mantennero un atteggiamento di tolleranza religiosa, nonostante le più alte tasse per i sudditi non-musulmani. Ciò favorì un lento processo di islamizzazione, soprattutto nei centri cittadini, anche tra gli slavofoni (oggi considerati bosgnacchi). La vita religiosa cristiana nondimeno continuò. La popolazione albanofona iniziò a crescere a partire dal XVII secolo, anche a seguito di migrazioni dalla regione albanese di Malësia.

    Nel 1689 il Kosovo fu coinvolto nella guerra austro-turca (1683-1699). Una piccola forza austriaca sotto il margravio Ludovico I di Baden conquistò Belgrado e si spinse fino in Kosovo, dove molti serbi e albanesi giurarono lealtà all'Impero asburgico. Una massiccia contro-offensiva ottomana l'estate seguente, appoggiata da numerosi altri serbi e albanesi obbligò gli austriaci a ripiegare.

    Il 10 giugno 1878 diciotto delegati, la cui maggior parte capi religiosi, capitribù e personalità influenti dei vilajet ottomani di Cossovo, Monastir e Janina, si incontrarono nella città di Prizren. Circa trecento musulmani presero parte all'assemblea, includendo delegati dalla Bosnia e mutessarif (amministratori delle suddivisioni del sangiaccato) di Prizren e rappresentanti della autorità centrali, ma nessun delegato del vilajet di Scutari.[24] I delegati crearono un'organizzazione, la Lega di Prizren, sotto la direzione di un comitato centrale che aveva potere di imporre tasse e creare un esercito. La lega di Prizren era composta di due fazioni, il ramo di Prizren ed il ramo meridionale. Il ramo di Prizren era guidato da Iljas Dibra ed includeva rappresentanti dalle aree Kırçova (Kičevo), Kalkandelen (Tetovo), Priştine (Priština), Mitroviça (Kosovska Mitrovica), Vıçıtırın (Vučitrn), Üsküp (Skopje), Gilan (Gnjilane), Manastır (Bitola), Debar (Debar) e Gostivar. Il ramo meridionale, guidato da Abdyl Frashëri, consisteva di sedici rappresentanti delle aree di Kolonjë, Coriza, Arta, Berat, Parga, Argirocastro, Përmet, Paramythia, Filiates, Margariti, Valona, Tepelenë e Delvino.[25]

    In un primo momento le autorità ottomane appoggiarono la Lega di Prizren, ma con il tempo l'impero ottomano fece sempre più pressione sui delegati perché si dichiarassero innanzitutto ottomani e poi albanesi. Alcuni delegati, guidati dallo sceicco Mustafa Ruhi Efendi[26] da Kalkandelen, accettarono questa posizione e richiesero l'enfatizzazione della solidarietà tra musulmani, all'insegna della difesa delle terre islamiche, tra cui l'attuale Bosnia ed Erzegovina. Questa iniziale posizione della Lega, basata sulla solidarietà religiosa dei terrieri locali e delle personalità connesse all'amministrazione ottomana e le autorità religiose, fu la ragione della concessione alla lega del nome di "Comitato dei veri musulmani" (in albanese: Komiteti i Myslimanëve të Vërtetë).[27] Altri rappresentanti, sotto la guida di Frashëri, parteciparono alla Lega con il fine di costruire un'identità nazionale albanese che sorpassasse le linee religiose e tribali, per potere poi conquistare all'Albania una propria autonomia.

    Il Congresso di Berlino ignorò il memorandum della Lega, cedendo al Montenegro le città di Antivari e Podgorica ed alcune aree attorno ai villaggi di montagna di Gusinje e Plav, che i capi albanesi consideravano a tutti gli effetti facenti parte della loro nazione. La Serbia inoltre ottenne alcuni territori inabitati da albanesi, molti dei quali fedeli ancora all'impero ottomano. Gli albanesi inoltre temevano la perdita dell'Epiro a favore della Grecia. La Lega di Prizren organizzò la resistenza armata a Gusinje, Plav, Scutari, Prizren, Preveza e Janina. In opposizione a ciò si formò la Lega di Prizren, al fine di lottare contro la frantumazione dell'unità politica degli albanesi nei nuovi stati cristiani dei Balcani. La Lega era inizialmente sostenuta dal sultano, ma questi iniziò a contrastarla dal 1881 su pressione delle potenze europee.[senza fonte]

    Nel 1910, in risposta al crescente nazionalismo e centralismo turco, scoppiò a Pristina un'insurrezione albanese, che presto si allargò all'intero vilayet del Kosovo, resistendo per un periodo di vari mesi. Il Sultano ottomano visitò il Kosovo nel giugno 1911 durante i colloqui di pace che riguardavano tutti gli abitanti delle regioni albanesi.

    Il Kosovo durante le guerre balcaniche  In giallo più scuro i territori acquisiti dalla Serbia nel 1913

    All'inizio del 1912 le forze serbe iniziarono dei massacri violenti ai danni del popolo albanese nella regione di Luma e nel villaggio di Topojan, con l'intento di assicurarsi l'accesso al mare. Dopo una lunga resistenza (battaglia di Kolosian, a Luma) da parte dei guerrieri albanesi, per diversi mesi l'esercito serbo comandato dal generale serbo Božo Janković tornò di nuovo rinforzato, massacrando donne e bambini e lasciando dietro di sé più di 500 morti solo nel villaggio di Luma. Questi massacri saranno riportati in diversi media internazionali come il New York Times, l'Hrvatska Novosti (Croazia), il Corriere delle Puglie del 21 dicembre 1913 e il Radnick Novine (Serbia). Anche diversi soldati e politici serbi come Dimitrije Tucović denunciarono i massacri compiuti dal generale Janković.[28][29][30]

    Tra il 1912 e il 1913 la prima e seconda guerra balcanica condussero all'espulsione degli ottomani dalla maggior parte dei territori della penisola, fatta salva la Tracia orientale. La Conferenza di pace di Londra, a seguito delle specifiche e pressanti richieste in tal senso dell'Austria-Ungheria, negò alla Serbia l'accesso al mare, concedendo in cambio (grazie al sostegno di Francia e Russia) il controllo dell'alta Macedonia e del Kosovo, mentre la regione di Peć (Metohija/Dukagjin), compresa tradizionalmente nel Kosovo, fu affidata al Montenegro. Con lo stesso trattato venne anche riconosciuta l'indipendenza dell'Albania.

    Scoppiata nell'agosto 1914 la prima guerra mondiale, l'esercito serbo fu logorato, sconfitto e costretto alla ritirata verso l'Adriatico attraverso il Kosovo che, a partire dall'inverno 1915-1916, fu occupato da truppe dell'Austria-Ungheria e della Bulgaria, con il sostegno della popolazione albanese[senza fonte]. L'esercito serbo vi rientrò nel 1918.

    Nel primo dopoguerra la Serbia venne unita agli altri territori già asburgici nel nuovo Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, in seguito ridenominato Regno di Jugoslavia. Il controllo del Kosovo e della Metohija, ora riuniti, passava alla Serbia, il cui monarca Alessandro I avviò contatti con la Turchia al fine di avere mano libera nella campagna di repressione che intraprese contro la resistenza alle annessioni opposta dai Kaçaks albanesi del Kosovo e dai Komitadjis in Macedonia.

     Occupazione italiana, tedesca e bulgara del Kosovo (1941)

    A seguito dell'invasione della Jugoslavia condotta nell'aprile 1941 dagli eserciti tedesco e italiano, le rispettive forze d'occupazione si divisero il controllo della provincia del Kosovo. Il ricco nord minerario rimase incluso, come in precedenza, nella Serbia occupata dalla Germania, mentre il sud fu incorporato all'Albania, sotto occupazione italiana (Provincia di Pristina). Nel 1943 la caduta del fascismo in Italia portò all'occupazione nazista. Il gerarca Heinrich Himmler, capo delle SS, si adoperò per costituire, impiegando essenzialmente personale albanese, la 21.ma Divisione Waffen SS da montagna Skanderbeg, la quale ebbe come primo obiettivo il controllo del territorio da parte delle forze tedesche. Le azioni della divisione SS Skanderbeg condussero al massacro di diverse migliaia di cittadini albanesi come risposta alle forze ribelli partigiane albanesi che si nascondevano nelle montagne.[31][32][33][34] Dopo numerose sollevazioni dei partigiani albanesi guidati da Fadil Hoxha in Kosovo e Enver Hoxha in Albania, alla fine del 1944 il Kosovo fu liberato da parte dei comunisti albanesi con l'aiuto degli jugoslavi[senza fonte] e divenne una provincia serba nella nuova federazione socialista jugoslava.

    Il Kosovo nella Jugoslavia socialista  Provincia autonoma socialista del Kosovo (1946-1989) Storica bandiera del Kosovo, riproposta da Pjetër Ibrahim Rugova
      Lo stesso argomento in dettaglio: Provincia Socialista Autonoma del Kosovo.

    Lo status costituzionale del Kosovo nella Jugoslavia titina era quello di provincia autonoma della Serbia (come la Voivodina), uno status di grande autonomia (dal 1963 e soprattutto dal 1974) ma non paritario con le sei repubbliche costituenti (Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Montenegro, Macedonia) le quali avevano il diritto costituzionale di secessione. Il periodo socialista vide la crescita della popolazione albanese, che triplicò passando dal 75% a oltre il 90% del totale. Quella serba invece ristagnava, calando dal 15% all'8%. Le condizioni economiche depresse della provincia, nonostante i tentativi del governo di favorire l'industrializzazione e la crescita del capitale umano (con l'apertura dell'università di Pristina), portavano i serbi del Kosovo a spostarsi verso altre regioni della federazione.

    Dal canto suo l'etnia albanese aveva manifestato chiedendo invano per il Kosovo lo status di repubblica nel 1968 (ottenendolo de facto ma non de jure nel 1974) e di nuovo nel marzo 1981, quando ebbero luogo le primavere di Pristina (1981-82) segnate da un'escalation di violenza e di attentati contro le istituzioni federali per le precarie condizioni in cui versava la regione e spingeva per una maggiore autonomia, a pochi mesi dalla morte di Tito.

    L'ascesa al potere in Serbia di Slobodan Milošević, che si era accreditato come leader nazionalista, coincise con la revoca dell'autonomia costituzionale del Kosovo, il bilinguismo serbo/albanese, e l'avvio di una politica di riassimilazione forzata della provincia, con la chiusura delle scuole autonome di lingua albanese e la sostituzione di funzionari amministrativi e insegnanti con serbi o persone ritenute fedeli.

    Inizialmente l'etnia albanese reagì alla perdita dei suoi diritti costituzionali con la resistenza nonviolenta, guidata dalla Lega Democratica del Kosovo (LDK) di Ibrahim Rugova. Gli albanesi boicottarono le istituzioni ed elezioni ufficiali e ne stabilirono di parallele, dichiararono l'indipendenza della Repubblica di Kosova (2 luglio 1990), riconosciuta solo dall'Albania, adottarono una costituzione (settembre 1990) e tennero un referendum sull'indipendenza (1992), che registrò l'80% dei votanti con un 98% di sì, pur senza riconoscimento internazionale.

    La guerra del 1998-1999  Mappa dei massacri serbi di civili albanesi in Kosovo, 1998-1999
      Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra del Kosovo.

    Dal 1995, dopo la fine della guerra di Bosnia-Erzegovina, il governo serbo iniziò una guerra di pulizia etnica, e una parte degli albanesi kosovari scelse la lotta armata indipendentista[35], guidata dalla Ushtria Çlirimtare e Kosovës (UCK), anche a seguito all'afflusso di armi dall'Albania caduta nell'anarchia nel 1997-98. Alla spirale di violenza il governo di Belgrado rispose con il pugno di ferro,[36] sentendosi legittimato dalla mancanza di ogni riferimento al Kosovo nel quadro degli accordi di Dayton per la fine della guerra in Bosnia[37].

    La repressione portò a vari massacri e alla morte di almeno 11.000 civili[38], con distruzione di molte abitazioni private, scuole e altri edifici, incluse moschee[39]. Una parte della popolazione albanese appoggiò la guerriglia, mentre circa 800.000 civili cercarono rifugio attraversando il confine con l'Albania[40] e la Macedonia. I paesi NATO intervennero con l'operazione Allied Force in protezione della popolazione albanese ma contravvenendo alla Carta dell'Onu con la violazione della sovranità serba effettuata tramite bombardamenti sul paese serbo. La pulizia etnica fu arrestata e con l'accordo di Kumanovo la Serbia accettò di ritirare ogni forza armata dal Kosovo.

    Il Kosovo sotto l'amministrazione ONU  Composizione etnica del Kosovo nel 2005 secondo l'OSCE.

    In base alle Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite numero 1244 del 1999 il Kosovo fu provvisto di un governo e un parlamento provvisori, e posto sotto il protettorato internazionale UNMIK e NATO. Nonostante la normalizzazione, l'irrisolta questione dello status portò a tensioni come quelle scoppiate nel marzo 2004 in una rivolta in cui vennero attaccate oltre trenta chiese e monasteri cristiani in Kosovo, con l'uccisione di almeno venti persone e l'incendio di decine di abitazioni di serbi, nell'arco di cinque giorni (oltre sessanta tra chiese e monasteri erano stati distrutti nei cinque anni precedenti a questi disordini[41][42][43]). Tali moti, e la morte del presidente Ibrahim Rugova nel gennaio del 2006, spinsero ad avviare negoziati sullo status finale, sotto la guida del mediatore ONU Martti Ahtisaari per la definizione dello status futuro della provincia serba. Il piano Ahtisaari per una indipendenza guidata tuttavia fu rifiutato da entrambe le parti.

    La dichiarazione unilaterale d'indipendenza

    Le elezioni del 2007, boicottate dai serbi del Kosovo, portarono a un governo di grande coalizione guidato dall'ex capo paramilitare dell'UCK, Hashim Thaçi che, scaduti a dicembre 2007 il termine dei negoziati, iniziò a preparare il passaggio unilaterale all'indipendenza. Allo stesso tempo, l'Unione europea lanciò una missione civile per l'ordine pubblico e lo Stato di diritto ("EULEX"), in affiancamento alla missione KFOR sotto egida NATO. La dichiarazione unilaterale d'indipendenza della Repubblica del Kosovo venne adottata il 17 febbraio 2008 dal parlamento di Pristina.[44][45]

    Il discorso pronunciato dal premier[46] parla di una Repubblica democratica, secolare e multietnica, guidata da principi di non discriminazione e uguale protezione da parte della legge. Il governo serbo si è affrettato a dichiarare illegittima ed illegale tale affermazione e che mai riconoscerà la ex provincia come indipendente. Il Kosovo è stato poi riconosciuto dalla maggior parte degli Stati occidentali e dei paesi membri dell'Unione europea, nonostante la mancanza di una linea unica tra questi e il mancato riconoscimento da parte di cinque di essi, preoccupati per propri movimenti secessionisti interni:

    Bandiera dell'Europa Bandiera di Cipro  Cipro; Bandiera dell'Europa Bandiera della Grecia  Grecia; Bandiera dell'Europa Bandiera della Romania  Romania; Bandiera dell'Europa Bandiera della Slovacchia  Slovacchia; Bandiera dell'Europa Bandiera della Spagna  Spagna.

    L'Italia ha riconosciuto il Kosovo il 21 febbraio 2008. Attualmente il Kosovo è riconosciuto come indipendente da 101 su 193 Stati membri ONU; all'interno del Consiglio di Sicurezza, vi si oppongono Russia e Cina. A livello di diritto internazionale, resta dunque in vigore la risoluzione 1244/1999[47].

      Lo stesso argomento in dettaglio: Relazioni internazionali del Kosovo.

    Per quanto riguarda l'effettività le istituzioni di Pristina controllano la maggior parte del territorio del Kosovo, a eccezione dei quattro comuni a maggioranza serba a nord del fiume Ibar (Kosovo del Nord), in cui Belgrado continua a finanziare e sostenere le istituzioni serbe.

    Una nuova Costituzione del Kosovo è stata approvata il 9 aprile ed è entrata in vigore il 15 giugno 2008, controfirmata da EULEX. Con la Costituzione alcuni poteri esecutivi tenuti dall'UNMIK passano al governo kosovaro. Nella Costituzione si sancisce che il Kosovo sarà uno Stato laico e rispetterà la libertà di culto, garantendo i diritti di tutte le comunità etniche. Le forze internazionali, tuttavia, continueranno a mantenere le proprie truppe sul territorio. Nella stessa data è avvenuto anche il passaggio di consegne definitivo dalla missione UNMIK alla missione EULEX.

    Il 22 luglio 2010, in un parere, la Corte internazionale di giustizia ha affermato che la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo non infrange di per sé il diritto internazionale né la risoluzione 1244 dell'ONU. Il parere è criticato perché la risoluzione subordina la soluzione della crisi kosovara al rispetto della sovranità serba.[48] Il 9 settembre 2010 è stata approvata alle Nazioni Unite una risoluzione preparata dalla Serbia e dall'Unione europea che ha aperto la strada ai negoziati tra Belgrado e Pristina. Il 19 aprile 2013 è stato firmato un accordo per la normalizzazione delle relazioni tra Belgrado e Pristina, promosso dall'Unione europea. Con tale accordo Belgrado riconosce l'estensione dell'autorità di Pristina anche sul Kosovo del Nord e ne smantella le istituzioni parallele, in cambio di una autonomia non-territoriale per i comuni a maggioranza serba.[49]

    Il 14 dicembre 2018 il parlamento ha approvato, all'unanimità, la proposta della creazione delle forze armate del Kosovo, con l'appoggio del governo degli Stati Uniti d'America.[50][51][52]

    La crisi delle targhe

    Nel Kosovo del Nord tra il 2021 e 2022 vi è stata una crisi sia diplomatica sia militare ai confini tra la Serbia ed il Kosovo a causa delle proteste dei serbi kosovari per le targhe automobilistiche dopo che le autorità kosovare hanno reso fuori legge le auto circolanti con targa serba e minacciato multe salate a chi non si fosse attenuto alle disposizioni.[53][54] La prima crisi avvenne a settembre del 2021 dopo aver concluso l'accordo a Bruxelles.[55][56] Altre fonti di tensione riguardano le problematiche burocratiche tra i due Paesi.[57] Ci sono state degli episodi di scontri armati tra la comunità serba e la polizia kosovara.[58]

    ^ N G Hammond, The Kingdoms of Illyria c. 400 – 167 BC. Collected Studies, Vol 2, 1993 ^ Wilkes, J. J. The Illyrians, 1992, ISBN 0-631-19807-5, p. 85, "... Whether the Dardanians were an Illyrian or a Thracian people has been much debated and one view suggests that the area was originally populated with Thracians who ? then exposed to direct contact with illyrians over a long period..." ^ (EN) "the Dardanians [...] living in the frontiers of the Illyrian and the Thracian worlds retained their individuality and, alone among the peoples of that region succeeded in maintaining themselves as an ethnic unity even when they were militarily and politically subjected by the Roman arms [...] and when at the end of the ancient world, the Balkans were involved in far-reaching ethnic perturbations, the Dardanians, of all the Central Balkan tribes, played the greatest part in the genesis of the new peoples who took the place of the old", Fanula Papazoglu, "The central Balkan tribes in pre-Roman times: Triballi, Autariatae, Dardanians, Scordisci and Moesians", Amsterdam 1978, ISBN 90-256-0793-4, p. 131. ^ (EN) The Kosova issue - a historic and current problem: symposium held in Tirana on April 15-16, 1993. ^ (LA) Titi Livii Padovani Historiarum ab urbe condita libri qui supersunt omnes ex recensione Arn. Drakenborch, accedunt supplementa deperditorum T. Livii librorum a Joh. Freinshemio concinnata, volume 2. ^ (LA) De Istro eivsqve adcolis commentatio. ^ F Curta. The Making of the Slavs. p. 189 ^ Aleksandar Stipčević, The Illyrians: history and culture, Noyes Press, 1977, p. 76, ISBN 978-0-8155-5052-5. ^ Fine 1994, p. 7

    «the Hungarian attack launched in 1183 with which Nemanja was allied [...] was able to conquer Kosovo and Metohija, including Prizren.»

    ^ Denis P Hupchik. The Balkans. From Constantinople to Communism. Page 93 "Dusan... established his new state primate's seat at Pec (Ipek), in Kosovo" ^ Bieber, Pg 12 ^ Mortimer Sellers, The Rule of Law in Comparative Perspective, Springer, 15 aprile 2010, p. 207, ISBN 978-90-481-3748-0. URL consultato il 2 febbraio 2011. ^ alcune fonti riportano la data del 28 giugno secondo il calendario gregoriano che venne però adottato solo due secoli dopo ^ Barbara Jelavich, History of the Balkans:, Cambridge University Press, 29 luglio 1983, pp. 31–, ISBN 978-0-521-27458-6. ^ Essays: 'The battle of Kosovo' by Noel Malcolm , Prospect Magazine May 1998 issue 30, su prospectmagazine.co.uk, Prospect-magazine.co.uk. URL consultato il 20 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 31 maggio 2012). ^ Miranda Vickers, Chaper 1: Between Serb and Albanian, A History of Kosovo, su New York Times, Columbia University Press, 1998. ^ Historia de uita et gestis Scanderbegi Epirotarum principis: Barleti, Marin, ca. 1460-1512 or 13: Free Download & Streaming: Internet Archive. ^ a b Frashëri, 2002, pp. 160–161. ^ Dorothy Margaret Vaughan, Europe and the Turk: a pattern of alliances, 1350-1700, AMS Press, 1º giugno 1954, p. 62, ISBN 978-0-404-56332-5. URL consultato il 12 settembre 2012. ^ Jean W. Sedlar, East Central Europe in the Middle Ages, 1000-1500, University of Washington Press, 1994, p. 393, ISBN 978-0-295-97290-9. URL consultato il 12 settembre 2012. ^ Babinger, 1992, p. 40. ^ Setton, 1978, p. 100

    «Scanderbeg intended to go “personalmente” with an army to assist Hunyadi, but was prevented from doing so by Branković, whose lands he ravaged as punishment for the Serbian desertion of the Christian cause.»

    ^ Malcolm, Noel, Kosovo: A Short History, 1998, pp. 89-90 ^ Michal Kopeček, Ahmed Ersoy, Maciej Gorni, Vangelis Kechriotis, Boyan Manchev, Balazs Trencsenyi e Marius Turda, Program of the Albanian League of Prizren, in Discourses of collective identity in Central and Southeast Europe (1770-1945), vol. 1, Budapest, Hungary, Central European University Press, 2006, p. 347, ISBN 963-7326-52-9. URL consultato il 18 gennaio 2011.
    «there were no delegates from Shkodra villayet and a few Bosnian delegates also participated. Present was also mutasarrif (administrator of sandjak) of Prizren as representative of the central authorities»
    ^ Stavro Skendi, Beginnings of Albanian Nationalist and Autonomous Trends: The Albanian League, 1878-1881Author, in American Slavic and East European Review, vol. 12, American Slavic and East European Review, p. 4, JSTOR 2491677.
    «The southern branch of the League was formed at Gjinokastër (Argyrokastro), where;Albanian leaders held a meeting at which the districts of Janina, Gjinokastër, Delvina, Përmet, Berat, Vlora (Valona), Filat, Margariti, Ajdonat, Parga, Preveza, Arta, Tepelena, Kolonja, and Korca were represented.»
    ^ Nuray Bozbora, The Policy of Abdulhamid II Regarding The Prizren League ^ Michal Kopeček, Ahmed Ersoy, Maciej Gorni, Vangelis Kechriotis, Boyan Manchev, Balazs Trencsenyi e Marius Turda, Discourses of collective identity in Central and Southeast Europe (1770-1945), vol. 1, Budapest, Hungary, Central European University Press, 2006, p. 348, ISBN 963-7326-52-9. URL consultato il 18 gennaio 2011.
    «The position of the League in the beginning was based on religious solidarity. It was even called Komiteti i Myslimanëve të Vërtetë (The Committee of the Real Muslims)... decisions are taken and supported mostly by landlords and people closely connected with Ottoman administration and religious authorities..»
    ^ (SR) ČULI STE ZA NJEGA, A ZNATE LI KO JE ON? Dimitrije Tucović, čovek koji je kritikovao Srbe zbog zločina nad Albancima!, su telegraf.rs. URL consultato il 10 novembre 2018. ^ Gabriele Rebecchi, LA POSIZIONE ALBANESE RISPETTO ALLA QUESTIONE DEL KOSOVO, in Oriente Moderno, 2 (63), n. 1/12, 1983, pp. 1–45. URL consultato il 10 novembre 2018. ^ Elsie, Robert, 1950-2017, e Destani, Bejtullah D.,, Kosovo, a documentary history : from the Balkan wars to World War II, ISBN 9781788311762, OCLC 1025329035. URL consultato il 10 novembre 2018. ^ Carlo Umiltà, Jugoslavia e Albania. Memorie di un diplomatico, Milano, Garzanti, 1947, in Avramov ^ The roots of Kosovo fascism by George Thompson. ^ April-May 1941: Kosovo Partitioned and Italian-Occupied Area Joined to Albania, su historycommons.org. URL consultato il 4 settembre 2009 (archiviato dall'url originale il 29 marzo 2015). ^ Bernd Jürgen Fischer - Albania at war, 1939-1945 - West Lafayette, Indiana: Purdue University Press, 1999 ^ Pokalova, Elena, "Framing Separatism as Terrorism: Lessons from Kosovo" in Studies in Conflict & Terrorism 33, no. 5 (May 2010): 429-447. ^ Sahin, Selver B., "The use of the 'exceptionalism' argument in Kosovo: an analysis of the rationalization of external interference in the conflict", in Journal of Balkan & Near Eastern Studies 11, no. 3 (September 2009): 235-255. ^ Russell, Peter, "The exclusion of Kosovo from the Dayton negotiations", in Journal of Genocide Research, 11, no. 4 (December 2009): 487-511. ^ http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/514828.stm BBC News. 10 November 1999. Retrieved 5 January 2010. ^ Repressione serba in Kosovo. ^ "Fosse comuni in Kosovo: ecco le prove". ^ Terror In Kosovo-Metohija, su mfa.gov.rs. URL consultato il 22 febbraio 2009 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2012). ^ Failure to Protect: Anti-Minority Violence in Kosovo, March 2004: THE VIOLENCE. ^ News. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore duemilaotto ^ Il Kosovo proclama l'indipendenza, su corriere.it, 17 febbraio 2008. ^ Testo della dichiarazione in inglese, su news.bbc.co.uk. URL consultato il 19 febbraio 2008. ^ Ban Ki-moon: la risoluzione 1244 "resta in vigore e continua a costituire la cornice entro la quale operare"., su tgcom.mediaset.it. URL consultato il 1º marzo 2008 (archiviato dall'url originale il 15 febbraio 2009). ^ Benedetto Conforti, Diritto internazionale, Editoriale Scientifica, Napoli, 2015, p. 19. ^ L'accordo storico tra Serbia e Kosovo, su meridianionline.org. URL consultato il 29 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 5 novembre 2013). ^ Il Parlamento del Kosovo ha approvato la creazione di un esercito nazionale, su repubblica.it. URL consultato il 14 dicembre 2018. ^ ilpost.it, https://web.archive.org/web/20181216031011/https://www.ilpost.it/2018/12/14/parlamento-kosovo-approvato-formazione-esercito-professionale/amp/%26ved%3D2ahUKEwj9ldu9yKHfAhWky4UKHe69Bw4QFjAXegQIBhAB%26usg%3DAOvVaw2YaJ_TA3UKk4tWGZ30lDfo%26ampcf%3D1/. URL consultato il 14 dicembre 2018 (archiviato dall'url originale il 16 dicembre 2018). ^ ansamed.info, http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/politica/2018/12/12/kosovo-pristina-invasa-da-bandiere-usa-festa-per-esercito_03e73c5b-3ff0-4e36-8de4-c0f419110c85.html. URL consultato il 15 dicembre 2018. ^ Le nuove targhe kosovare che fanno arrabbiare la minoranza serba in Kosovo, su ilpost.it, 1º agosto 2022. URL consultato il 31 maggio 2023. ^ Kosovo: rinviato di un mese il divieto di documenti e targhe serbi, su it.euronews.com, 1º agosto 2022. URL consultato il 31 maggio 2023. ^ Crisi delle targhe, arriva l'accordo tra Serbia e Kosovo, su balcanicaucaso.org. URL consultato il 31 maggio 2023. ^ Kosovo: l'altalena di una crisi permanente, su balcanicaucaso.org, 1º agosto 2022. URL consultato il 31 maggio 2023. ^ Kosovo. Scontri tra serbi e polizia. Pristina rinvia l'obbligo di documenti kosovari, su rainews.it, 1º agosto 2022. URL consultato il 31 maggio 2023. ^ KOSOVO: Attacchi contro la polizia al confine con la Serbia, dialogo Belgrado-Pristina in crisi, su eastjournal.net, 27 aprile 2022. URL consultato il 31 maggio 2023.
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