Contesto di Albania

L'Albanìa (in albanese: Shqipëria; storicamente Arbëria), ufficialmente Repubblica d'Albania (in albanese: Republika e Shqipërisë, AFI: [ɾepublika e ʃcipəˈɾisə]), è uno Stato situato nella penisola balcanica. Confina a nord-ovest con il Montenegro, a nord-est con il Kosovo, a est con la Macedonia del Nord e a sud con la Grecia. Le sue coste si affacciano sul Mar Adriatico (sul Canale d'Otranto) e sullo Ionio. Il paese, con i suoi confini, ha una superficie di 28756 km² e una popolazione di 3,024 milioni di abitanti.

Culla della civiltà illirica, fu unita nel Regno d'Epiro con Pirro, subì la colonizzazione greco-antica sul litorale e in età classica fu parte dell'Impero romano, divenendo tra i centri culturali e religiosi dell'Impero bizantin...Leggi tutto

L'Albanìa (in albanese: Shqipëria; storicamente Arbëria), ufficialmente Repubblica d'Albania (in albanese: Republika e Shqipërisë, AFI: [ɾepublika e ʃcipəˈɾisə]), è uno Stato situato nella penisola balcanica. Confina a nord-ovest con il Montenegro, a nord-est con il Kosovo, a est con la Macedonia del Nord e a sud con la Grecia. Le sue coste si affacciano sul Mar Adriatico (sul Canale d'Otranto) e sullo Ionio. Il paese, con i suoi confini, ha una superficie di 28756 km² e una popolazione di 3,024 milioni di abitanti.

Culla della civiltà illirica, fu unita nel Regno d'Epiro con Pirro, subì la colonizzazione greco-antica sul litorale e in età classica fu parte dell'Impero romano, divenendo tra i centri culturali e religiosi dell'Impero bizantino nel 1190 (Principato di Arbanon). Invasa successivamente dai barbari (slavi, Avari, Bulgari), conobbe la penetrazione militare del Regno di Sicilia (con i sovrani delle dinastie degli Altavilla, degli Svevi e di Aragona) e quella commerciale della Repubblica di Venezia. Nel Medioevo la battaglia di Kosovo (1389) portò in Albania i turco-Ottomani che, dapprima contenuti dalla Lega dei popoli albanesi, o Lega di Lezhë, creata nel 1444 da Giorgio Castriota detto "Scanderbeg", ebbero la meglio alla morte di questi (1467). Il Principato d'Albania fu l'unico paese dei Balcani che nel XV secolo resistette - per ben più di due decenni - agli attacchi degli Ottomani. L'Albania fu divisa in piccoli principati autonomi sottoposti per quattro secoli e mezzo alla sovranità dell'Impero ottomano.

Nel XIX secolo si accentuarono rivolte popolari per l'indipendenza, fra cui rilevante fu quella dell'Epiro che riuscì a rendersi di fatto indipendente (1820-1822). La Lega di Prizren (1878) promosse l'idea di uno Stato nazionale albanese, anche in difesa dei confini dalle pressioni serbo-montenegrine e greche, e stabilì il moderno alfabeto albanese. Il 28 novembre 1912 dichiarò la sua indipendenza dai Turchi, riconosciuta in seguito dalla conferenza degli ambasciatori a Londra nel 1913, anno in cui nacque il primo governo provvisorio nel pieno delle guerre balcaniche, il Regno d'Albania. Divenuta brevemente un protettorato italiano al termine della prima guerra mondiale, fu nuovamente occupata e annessa al Regno d'Italia nel 1939. Durante il secondo conflitto mondiale, vi furono inglobate parti dei territori della cosiddetta Albania etnica, comprendente solo i territori del nord-ovest e abitati di etnia albanese lasciati oltre i confini dello Stato. Dal 1944 al 1990 l'Albania fu uno Stato comunista estremamente isolazionista, stalinista e antirevisionista. Dal 1998 l'Albania è una repubblica parlamentare.

L'Albania è membro delle Nazioni Unite, della NATO, dell'OSCE, del Consiglio d'Europa, dell'Organizzazione mondiale del commercio e uno dei membri fondatori dell'Unione per il Mediterraneo. Dal 24 giugno 2014 l'Albania è ufficialmente candidata per l'adesione all'Unione europea, dopo aver richiesto formalmente l'adesione all'UE il 28 aprile 2009. Riforme di libero mercato hanno aperto il paese agli investimenti stranieri, in particolare nello sviluppo di infrastrutture energetiche e di trasporto. È tra i Paesi emergenti d'Europa e, grazie alle numerose bellezze storiche e naturali, tra le nuove mete turistiche della Penisola balcanica e del bacino del Mediterraneo.

Oltre la capitale Tirana, altri maggiori centri urbani sono Durazzo, Valona, Scutari e Argirocastro. L'albanese è la lingua ufficiale; gli albanesi chiamano se stessi shqiptarë.

Di più Albania

Informazioni di base
  • Moneta Lek albanese
  • Nome originale Shqipëria
  • Prefisso telefonico +355
  • Dominio Internet .al
  • Mains voltage 220V/50Hz
  • Democracy index 6.11
Population, Area & Driving side
  • Popolazione 2793592
  • La zona 28748
  • Lato guida right
Cronologia
  •   Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dell'Albania e Cronologia della storia dell'Albania.
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      Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dell'Albania e Cronologia della storia dell'Albania.
    Preistoria e protostoria  Le rovine dell'antica città illirica[1] di Butrinto, Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO, nella città di Saranda

    Le prime indagini formali e la inventariazione dei monumenti archeologici dell'Albania iniziò con François Pouqueville, console generale di Napoleone presso la corte di Ali Pascià, e William Martin Leake agente britannico presso la stessa corte. Una missione francese, guidata da Len Rey, lavorò in Albania nel 1924-1938 e pubblicò i risultati in Cahiers d'Archéologie, d'Art et d'Histoire en Albanie et dans les Balkans (Quaderni d'Archeologia, arte e storia in Albania e nei Balcani).

     Elmo in bronzo protoalbanese (Illirico)

    Il territorio albanese è stato abitato fin dalla preistoria, come dimostrano i ritrovamenti archeologici e gli studi antropologici su campioni di resti umani del medio-tardo paleolitico, risalenti a un periodo compreso tra 100 000 e 10 000 anni fa, rinvenuti presso la località di Xare e nelle caverne di Santa Marina a Saranda, nel sud del paese. L'etnia albanese ha radici profonde nella storia di quest'area geografica e numerosi ritrovamenti ne testimoniano la presenza nei millenni passati. Studi di craniometria identificano nell'etnia albanese delle caratteristiche peculiari: la scatola cranica risulta essere piuttosto spessa con una fronte preponderante e una forma cubica leggermente lobata. Alcuni studiosi ipotizzano che gli albanesi siano etnicamente discendenti degli antichissimi Pelasgi[2][3] e successivamente siano stati chiamati col nome di Illiri da scrittori antichi greci e romani. Dagli studi archeologici e i ritrovamenti si dimostra la tesi di un'origine illirica, dovuta non solo al nome della tribù degli Albani nell'Albania centrale ma anche a causa di molti legami culturali con gli Illiri stessi, riguardando la vita sociale e politica. Inoltre questa tesi è rafforzata dal fatto che la parola "i lir" in albanese si traduce Libero, quindi Illiria Paese dei liberi, che descriveva la formazione sociale delle tribù illiriche. Altre tesi sollevate propongono un'origine sempre autoctona nei Balcani, in assenza di qualche migrazione da parte degli albanesi ma questa volta riguardanti la Dacia e Tracia, descrivendo gli abitanti della moderna Albania come un popolo balcanico non latinizzato, a differenza dei Rumeni.

    Sulla storia antica dell'Albania, le antiche fonti letterarie offrono poche e vaghe notizie. Intorno al VI secolo a.C. gli stessi Illiri, grazie ad un rapido sviluppo economico agricolo e produttivo artigianale determinato dalla metallurgia — per uso civile e militare — del bronzo e del ferro, svilupparono una forte identità comune, rafforzando il predominio sul territorio con il commercio e, molto spesso, con atti di pirateria[4]. Fondarono alcuni centri abitati tra cui Scutari (Shkodër), sulla costa mediterranea. Si estendeva nei Balcani occidentali a sud del Danubio ed era formata da una serie di tribù evolute che vivevano attorno alle città stato, a capo delle quali c'era un unico re.

    Con il re Glauco, il paese aveva raggiunto il massimo dell'evoluzione, il suo erede fu Agron che aveva tendenze militari, e secondo il racconto di Strabone, nessuno dei suoi predecessori aveva reso tanto potente il paese dal punto di vista bellico; dopo la morte di Agron andò al trono la regina Teuta che, durante il suo regno, stipulò molti trattati e alleanze. Dopo che un membro di ambasceria romana fu ucciso, Roma attaccò l'Illiria con ingenti forze, e dopo uno scontro cruento, le due parti decisero una tregua con condizioni giudicate disonorevoli dalla regina Teuta, che si suicidò. Venne sostituita dal re Genzio, diplomatico e naturalista.

    Genzio decise di fondare la città di Shkodra (Scutari), nel nord dell'Albania attuale, capitale dell'Illiria; accrebbe il potere centrale e ordinò che solo Scutari potesse battere moneta. Non tutte le città-Stato aderirono, rendendo, forse sotto pressione romana, più gracile e vulnerabile l'Illiria. Con il pretesto di un'alleanza di Genzio con la Macedonia, Roma sferrò una terza guerra contro l'Illiria divisa, indebolita, e la conquistò nel 168 a.C.

    Antichità e colonizzazione romana
      Lo stesso argomento in dettaglio: Illiria.

    Nell'odierno territorio albanese erano presenti tre importanti colonie greche: Apollonia, Epidamnos-Dyrrachion (attuale Durazzo) e Lissos (attuale Alessio)[5].

     Le rovine romane di Apollonia

    L'invasione dell'esercito romano nel II secolo a.C., come altrove, comportò l'integrazione e l'assimilazione delle popolazioni locali, in particolare sulle coste. Il territorio fece in seguito parte della provincia romana dell'Illiria (Illyricum), all'epoca di Gaio Giulio Cesare. È a Durrachium (odierna Durazzo) infatti che Cesare combatté contro Gneo Pompeo Magno.

    Periodo bizantino e Medioevo
      Lo stesso argomento in dettaglio: Principato di Arbanon e Regno d'Albania.
     Iconostasi bizantina a Berat

    Con la divisione in due dell'Impero romano, nel 395 d.C., alla morte di Teodosio, l'Illiria si ritrovò sotto il dominio dell'impero romano d'oriente (o bizantino) e subì le invasioni da nord di popolazioni quali i Goti, gli Avari e gli Slavi, fino all'arrivo dei Bulgari nel VII secolo.[6] Tali invasioni indebolirono i centri urbani romano-bizantini. Solo le zone costiere rimasero in mano bizantina, compresa Dyrrachium.[7]

    Nel IX secolo l'imperatore Teofilo riconquista alcuni territori creando il thema di Dyrrachium. Le zone interne dell'Albania verranno riconquistate dall'imperatore Basilio II, dopo la distruzione completa dell'impero bulgaro, nei primissimi anni del X secolo d.C. Nel 1081 Dyrrachium fu presa dai Normanni, ma successivamente fu riconquistata dall'imperatore Alessio I Comneno.

    La storia dell'Albania medievale come Stato unitario iniziò nel 1190, quando l'arconte Progon di Kruja fondò il Principato di Arbanon con capitale Krujë. A Progon succedettero i figli Gjin e Dhimitri, quest'ultimo che raggiunse l'apice del regno. Dopo la morte di Dhimiter, l'ultimo membro della dinastia Progon, il principato passò sotto il greco-albanese Gregory Kamonas e in seguito Golem di Kruja.[8][9][10]

    Nel XIII secolo il principato fu sciolto.[11][12][13] Dal 1204 l'Albania entrò a far parte del despotato d'Epiro, quarant'anni dopo Giovanni Vatatse imperatore di Nicea conquisterà le zone settentrionali inclusa Durazzo. Con la restaurazione dell'impero bizantino nel 1261, la parte meridionale restò sotto il dominio del despotato d'Epiro (vassallo dei bizantini). Durazzo fu presa da Carlo I d'Angiò, mentre il rimanente fu ripreso dall'impero bizantino.

    Arbanon è considerato il primo nucleo di uno Stato albanese, che ha mantenuto uno statuto semi-autonomo come l'estremità occidentale di un impero, sotto il doukai bizantino dell'Epiro o i Laskaridi di Nicea.[14]

    Pochi anni dopo la dissoluzione di Arbanon, Carlo I d'Angiò concluse un accordo con i governanti albanesi, promettendo di proteggere le loro antiche libertà. Nel 1272 stabilì il regno di Albania e riconquistò le regioni dal Despotato dell'Epiro. Il regno rivendicò tutto il territorio dell'Albania centrale da Dyrrhachium lungo la costa del Mar Adriatico fino a Butrinto. Una struttura politica cattolica era alla base dei piani papali di diffusione del cattolicesimo nella penisola balcanica. Questo piano trovò anche il sostegno di Elena d'Angiò, cugina di Carlo I d'Angiò, che a quel tempo governava i territori dell'Albania settentrionale. Circa 30 chiese e monasteri cattolici furono costruiti durante il suo governo, principalmente nell'Albania settentrionale.[15] Dal 1331 al 1355, l'impero serbo lottò contro l'Albania. Nel 1367, diversi sovrani albanesi fondarono il Despotato di Arta. In quel periodo furono creati diversi principati albanesi, tra cui Balsha, Thopia, Kastrioti, Muzaka e Arianiti. Nella prima metà del XIV secolo, l'Impero ottomano invase la maggior parte dell'Albania e la Lega di Lezhë (la Lega dei popoli albanesi) venne fondata sotto Skanderbeg come governante, che divenne l'eroe nazionale della storia medievale albanese.

    Il Principato d'Albania e la resistenza anti-turca
      Lo stesso argomento in dettaglio: Principato d'Albania (Medioevo).
     Forze albanesi guidate da Scanderbeg attaccano un campo turco-ottomano nel 1457 Giorgio Castriota, detto Scanderbeg, eroe nazionale albanese (1405–1468)

    Nel 1478 il territorio del Principato dell'Albania, dopo un'ardua difesa durata ventiquattro anni, guidata da Giorgio Castriota (Gjergji Kastrioti) detto "Scanderbeg", nobile e principe d'Albania e re dell'Epiro, cadde inesorabilmente sotto il dominio turco-ottomano.

    Giorgio Castriota, l'eroe albanese, aveva sfidato il sultano Murad II, che furioso inviò contro gli Albanesi un potente esercito guidato da Alì Pascià, alla testa di 100 000 uomini. Le forze di Scanderbeg, tutte le tribù dell'Arbër erano notevolmente inferiori (non superavano i 25 000 uomini), ma grazie alla sua tattica militare i Turchi riportarono una cocente sconfitta. Il sultano ordinò un'altra spedizione contro gli Albanesi, Firuz Pascià partì quindi con un altro esercito, ma Scanderbeg ne uscì anche questa volta vittorioso, guadagnando dalle cancellerie europee e dal Papa Callisto III gli appellaivi di "'Athleta Christi'" e Defensor Fidei (Atleta di Cristo e Difensore Impavido della Fede).

    Murad II non si rassegnò, dispose agli ordini di Mustafà Pascià due eserciti per un complessivo di 25 000 uomini, di cui ben la metà cavalieri, che si scontrarono con gli Albanesi, l'esito fu disastroso per i Turchi, si salvarono solo pochi di loro e a stento Mustafà Pascià stesso. Le imprese di Skanderbeg, tuttavia, preoccupavano i Veneziani, che vedendo in pericolo i traffici nel frattempo stabiliti con i Turchi, si allearono con il sultano per contrastare Skanderbeg e lo attaccarono. La battaglia vide la dura sconfitta dei Veneziani. Nella primavera del 1449, Murad II in persona intervenne contro l'Albania alla testa di 100 000 soldati. Tra scontri e assedi i Turchi persero metà dell'esercito e il comandante Firuz Pascià venne ucciso personalmente da Scanderbeg.

    Nonostante questo, continuarono i tentativi di conquista del dominio di Scanderbeg da parte dei migliori condottieri turchi, con spedizioni ripetute contro il castello di Krujë, nessuna di queste però ne uscì vittoriosa. La pervicacia dell'Impero ottomano nei confronti di Castriota era pienamente comprensibile, se si considera che ogni velleità di espansione verso l'Europa da parte dell'Impero era inammissibile finché fosse rimasta attiva la spina nel fianco dello Scanderbeg, o peggio la sua presenza alle spalle come inquietante incognita.

    La fama di Scanderbeg era incontenibile, i principati europei erano continuamente aggiornati circa la sua accanita resistenza contro l'espansione ottomana. Nel 1458 si recò in Italia per aiutare Ferdinando I, re di Napoli, figlio del suo amico e protettore Alfonso d'Aragona nella lotta contro il rivale Giovanni II di Lorena e del suo esercito. Intanto, altre due armate turche comandate da Hussein Bey e Sinan Bey, nel febbraio del 1462, mossero contro gli Albanesi costringendo Kastrioti a rientrare in tutta fretta nella sua patria, per guidare il suo esercito. Ci fu una battaglia presso Skopje che vide la spedizione turca annientata. A questo punto Sceremet-Bey fu incaricato di muovere contro gli Albanesi ma i Turchi furono nuovamente sconfitti. Il Papa ipotizzò addirittura una crociata contro gli Ottomani guidata da Skanderbeg, ma morì senza riuscire a portare a termine il progetto.

    In seguito alla morte del Papa e allo scongiurato pericolo della crociata, il Sultano intravide la possibilità di farla finita finalmente con Skanderbeg, mise insieme un poderoso esercito affidandolo a un Albanese, connazionale quindi di Skanderbeg, che era stato addestrato dai turchi come lo era stato lo stesso Skanderbeg: Ballaban Pascià. Ma anche quest'impresa fallì; l'esercito turco fu messo in fuga dalle forze albanesi. Ancora una volta, nella primavera del 1466, l'Impero ottomano riunì forze imponenti, mosse contro gli Albanesi e cinse d'assedio Krujë e una serie di scontri furiosi, nel corso dei quali Ballaban Pascià stesso fu ucciso, portarono Skanderbeg ad un'ennesima vittoria. Maometto II ostinatissimo, nell'estate del 1467, pose nuovamente l'assedio a Krujë, ma, dopo ripetuti innumerevoli tentativi di assalto, dovette rassegnarsi e ritirarsi.

    Finché Giorgio Castriota Scanderbeg rimase in vita, i Turchi non riuscirono a conquistare l'Albania. Ma l'Atleta della Cristianità morì di malaria ad Alessio il 17 gennaio 1468. Da lì in poi, molti albanesi, ai tempi chiamatisi arbëreshë, dovettero lasciare la propria terra per trovare rifugio in terra straniera, in particolare modo nella vicina Italia, soprattutto nella zona meridionale (Basilicata, Calabria, Molise, Puglia e Sicilia), in modo che potessero mantenere e continuare così a professare la loro fede cristiana. Croia, l'eroica cittadina di Castriota, con l'intera Albania, caddero in mani turche dieci anni dopo.

    L'età moderna e la dominazione ottomana
      Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Kruja (1466-1467) e Assedio di Kruja (1478).
     Muhammad ʿAli Pascià, governatore ottomano dell'Egitto L'alfabeto Vithkuqi di Naum Veqilharxhi (Alfabeti i Vithkuqit) pubblicato nel 1845.

    La presa di Croia da parte dei turchi del 1478 segnò la fine dell'Albania medievale e l'inizio della sua storia moderna. L'Albania rimase sotto il controllo ottomano come parte della provincia di Rumelia fino al 1912, quando fu dichiarata l'Albania indipendente.

    Con lo stanziarsi degli Ottomani avvennero numerosissime migrazioni, quella che rappresentò prima storica diaspora albanese. Le ondate migratorie albanesi, nell'allora Regno di Napoli e in generale in tutta l'Italia centro-meridionale, furono otto (1399-1409; 1416-1442; 1461-1470; 1470-1478; 1533-1534; 1646; 1744; 1774). La loro storia non lineare delle ondate migratorie e la molteplicità degli insediamenti in Italia, fornisce una giustificazione alla dispersione in un vasto territorio che, ancora, copre quasi tutto il meridione.

    L'arrivo degli ottomani portò anche alla conversione di una parte della popolazione albanese all'Islam. Il processo di islamizzazione fu progressivo, a partire dall'arrivo degli Ottomani nel 14º secolo (fino ad oggi una minoranza di albanesi sono cristiani cattolici o ortodossi, sebbene la maggioranza della popolazione sia comunque musulmana). I titolari di Timar, la base del primo controllo ottomano nel sud-est dell'Europa, non erano necessariamente convertiti all'Islam, e occasionalmente si ribellarono; il più famoso di questi ribelli fu Skanderbeg (la sua figura sarebbe divenuta più tardi, nel XIX secolo, componente centrale dell'identità nazionale albanese). L'impatto più significativo sugli albanesi fu il graduale processo di islamizzazione di una larga maggioranza della popolazione. Inizialmente confinato nei principali centri urbani di Elbasan e Scutari, a partire dal XVII secolo anche la popolazione rurale iniziò ad abbracciare la nuova religione. I motivi per la conversione erano vari, a seconda del contesto. La mancanza di materiale storiografico non aiuta a indagare su tali problemi.[16]

    Come musulmani, alcuni albanesi raggiunsero importanti posizioni politiche e militari all'interno dell'impero ottomano e contribuirono culturalmente al più vasto mondo musulmano. Albanesi potevano essere trovati in tutto l'impero ottomano, in Iraq, Egitto, Algeria e in tutto il Maghreb, come elementi di riserva militari e amministrativi.[17] Ciò era in parte dovuto al sistema del devşirme. Godendo di posizione privilegiata nell'impero, gli albanesi musulmani detenevano varie alte cariche amministrative, con oltre due dozzine di gran visir di origine albanese, come il generale Köprülü Mehmed Pascià, che comandava le forze ottomane durante le guerre ottomano-persiane; il generale Köprülü Fazıl Ahmed, che guidò gli eserciti ottomani durante la guerra austro-turca; e successivamente Muhammad Ali Pasha dell'Egitto.[18]

    Durante il XV secolo, quando gli Ottomani stavano conquistando una posizione solida nella regione, le città albanesi furono organizzate in quattro sanjak principali. Il governo promosse il commercio stabilendo una consistente colonia ebraica di profughi sefarditi in fuga dalle persecuzioni cattoliche in Spagna. La città di Valona vide passare attraverso i suoi porti merci importate dall'Europa come velluti, cotone, mohair, tappeti, spezie e cuoio di Bursa e Costantinopoli. Alcuni mercanti di Valona avevano partner commerciali in tutta Europa.[18]

    Il Rinascimento nazionale albanese (Rilindja Kombëtare) iniziò nel 1870 e durò fino al 1912, quando gli albanesi dichiararono la loro indipendenza. La Lega di Prizren (Lidhja e Prizrenit) venne costituita nel giugno 1878, nella città vecchia di Prizren, in Kosovo. All'inizio le autorità ottomane appoggiarono la Lega, la cui posizione iniziale era basata sulla solidarietà religiosa dei proprietari terrieri musulmani e delle persone legate all'amministrazione ottomana. Gli ottomani favorirono e protessero la solidarietà musulmana e invocarono la difesa delle terre musulmane, compresa l'attuale Bosnia-Erzegovina. Questa fu la ragione per nominare la lega "Il comitato dei veri musulmani" (Komiteti i Myslimanëve të Vërtetë).[19] La Lega emanò un decreto noto come Kararname. Il suo testo conteneva una proclamazione secondo cui i popoli del nord dell'Albania, dell'Epiro e della Bosnia "sono disposti a difendere" l'integrità territoriale "dell'Impero ottomano con tutti i mezzi possibili contro le truppe dei regni bulgaro, serbo e montenegrino", che fu firmato da 47 deputati musulmani della Lega il 18 giugno 1878.[20] Circa trecento musulmani parteciparono all'assemblea, inclusi i delegati della Bosnia e il mutasarrif (sanjakbey) del Sanjak di Prizren come rappresentanti delle autorità centrali, ma nessun delegato del vilayet di Scutari.[21]

    Gli ottomani ritrassero il loro sostegno quando la Lega, sotto l'influenza di Abdyl Bey Frashëri, si concentrò sul lavorare verso l'autonomia albanese e chiese la fusione dei quattro vilayet ottomani di Kosovo, Scutari, Monastir e Ioannina in un nuovo vilayet dell'Impero ottomano, il Vilayet albanese. La lega usò la forza militare per impedire che le aree annesse di Plav e Gusinje fossero assegnate al Montenegro dal Congresso di Berlino. Dopo numerose battaglie di successo contro le truppe montenegrine come a Novsice, sotto la pressione delle grandi potenze, la Lega di Prizren fu costretta a ritirarsi dalle regioni contese di Plav e Gusinje e in seguito la lega fu sconfitta dall'esercito ottomano inviato dal Sultano.[22] La rivolta albanese del 1912, la sconfitta ottomana nelle guerre balcaniche e l'avanzata delle forze montenegrine, serbe e greche in territori dichiarati albanesi, portarono alla proclamazione dell'indipendenza dell'Albania da parte di Ismail Qemali a sud di Valona, il 28 novembre 1912.

    L'Indipendenza e la Prima Guerra Mondiale
      Lo stesso argomento in dettaglio: Albania indipendente, Governo provvisorio albanese, Principato d'Albania (1914-1925), Repubblica albanese, Regno albanese e Protettorato italiano dell'Albania.
     Confini proposti del Principato d'Albania (1912-1914)

    Le scintille iniziali della Prima guerra balcanica nel 1912 furono innescate anche dalla rivolta albanese tra il 1908 e il 1910, diretta a contrastare le politiche dei Giovani Turchi di consolidamento dell'Impero ottomano.

    Anche la classe intellettuale albanese avverte che ormai è arrivata l'ora dell'indipendenza dai turchi e nel 1911 si riuniscono nell'attuale territorio del Montenegro adottando un memorandum in dodici punti, con il quale chiedono a Istanbul di riconoscere al proprio popolo la nazionalità, l'autogoverno e l'insegnamento della lingua e della cultura albanese nelle scuole. Nel frattempo, infatti, anche tra gli albanesi è cresciuto e si è consolidato un movimento di identità nazionale, favorito anche dall'aiuto e dall'esperienza degli albanesi della diaspora, in particolare quelli delle comunità albanesi d'Italia, che hanno partecipato a pieno titolo e con particolare dedizione al Risorgimento italiano e alla costituzione del nuovo stato unitario.

     Il palazzo sede della Lega Indipendentista Albanese anti-turca a Prizren Celebrazione del primo anniversario di indipendenza a Valona il 28 novembre 1913

    Nel 1912 una coalizione tra il Regno di Serbia, Regno di Grecia, Regno di Bulgaria e Regno del Montenegro, già proclamatosi indipendenti, muove guerra contro l'impero, sconfiggendolo in pochi mesi. La conclusione di questa prima guerra balcanica vede quindi rafforzarsi ed estendersi i giovani stati balcanici di Serbia, Bulgaria e Grecia, che cercarono di ingrandire i loro rispettivi confini sui rimanenti territori albanesi. L'Albania fu così invasa dalla Serbia nel nord e dalla Grecia nel sud, cosa che limitò il paese a solo un pezzo di terra intorno alla città costiera meridionale di Valona.

     Re Zog I di Albania (1895–1961)

    Il 28 novembre 1912, a Valona, Ismail Qemali dichiarò l'indipendenza dell'Albania, a cui seguì la formazione di un governo provvisorio, che tuttavia esercitò la sua autorità solo in luoghi nelle immediate vicinanze di Valona. Altrove, il generale ottomano Essad Pascià formò un "Senato centrale albanese" a Durazzo, mentre i membri più conservatori delle tribù albanesi ancora speravano in un ripristino della sovranità ottomana[23].

    Il principato di Albania fu stabilito il 21 febbraio 1914. La nascita del principato fu fortemente voluta sia dall'Austria che dall'Italia, che aveva a capo del governo un oriundo albanese[24], per smorzare il desiderio serbo di conquista delle coste, che li avrebbe rafforzati. Le grandi potenze designarono il principe Guglielmo di Wied, un nipote della regina Elisabetta di Romania, come sovrano della nuova Albania indipendente. Un'offerta formale, che egli accettò, fu presentata da 18 delegati in rappresentanza dei 18 distretti d'Albania il 21 febbraio 1914. Guglielmo d'Albania veniva appellato principe al di fuori dell'Albania, ma in Albania era denominato "mbret" (re), in modo da non sembrare inferiore al re del Montenegro.

    Il principe Guglielmo d'Albania arrivò in Albania nella sua capitale provvisoria di Durazzo il 7 marzo 1914 insieme con la famiglia reale. La sua sicurezza era affidata a una gendarmeria comandata da ufficiali olandesi. Il principe Guglielmo d'Albania lasciò il paese il 3 settembre 1914 a seguito di una rivolta pan-islamica guidata da Essad Pascià e poi ripreso da Haji Kamil il comandante militare dell'Emirato d'Albania localizzato attorno a Tirana. Tuttavia non rinunciò mai alla sua pretesa al trono. Al posto di Guglielmo il Senato di Durazzo elesse pochi giorni dopo principe d'Albania Mehmed Burhaneddin Efendi, figlio dell'ex sultano ottomano Abdul Hamid II, che rimarrà in carica fino al 1919.

    Diversi governi si succedettero nel tentativo di sviluppare uno stato laico, indipendente e democratico. Tali tentativi furono appoggiati dalle élite intellettuali, da parte della piccola e media borghesia nazionalista urbana, da parte della nobiltà e dei rappresentanti dei ceti elevati delle famiglie albanesi nazionaliste e dalla comunità legata alla diaspora albanese in Europa e negli Stati Uniti d'America, con il supporto e l'intervento della Società delle Nazioni negli anni venti[senza fonte].

    La delimitazione dei confini del nuovo Stato lasciò alcune comunità albanesi fuori dell'Albania. Questa popolazione fu divisa in gran parte tra il Montenegro e la Serbia (che all'epoca comprendeva anche parte della Repubblica di Macedonia). D'altra parte una rivolta nel sud del paese, dai Greci locali, portò alla formazione di una regione autonoma denominata "Repubblica Autonoma dell'Epiro del Nord" all'interno dei suoi confini (1914), zona che rimase sotto il controllo greco fino al 1916.

    Durante la prima guerra mondiale parte del territorio divenne un Protettorato italiano. Gli italiani lasciarono il paese solo il 2 agosto 1920, soprattutto a causa della Rivolta dei Bersaglieri, moto popolare scoppiato il 26 giugno 1920 ad Ancona e nato in seguito al rifiuto di un reggimento di soldati di partire per l'Albania. Il moto poi fu appoggiato dalla popolazione civile e si diffuse in altre città. Represso nel sangue, convinse però il governo Giolitti a rinunciare all'occupazione e a firmare un patto con l'Albania in cui si prevedeva che solo Saseno sarebbe rimasta italiana[25][26].

    Il processo di riforma democratica e laica fu interrotto dal colpo di Stato politico-militare guidato da Ahmet Zogu, che diede vita al Regno albanese, autonominatosi re col nome di Zog I. Nel periodo 1924-1939 si svilupparono intensi rapporti bilaterali economici tra Regno d'Italia e Albania.

    La Seconda Guerra Mondiale
      Lo stesso argomento in dettaglio: Occupazione italiana dell'Albania (1939-1943) e Occupazione tedesca del Regno d'Albania.
     Mappa dell'Albania durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945)

    Il regime monarchico fu rovesciato nel 1939, quando l'Albania fu occupata dall'esercito italiano. Mussolini, infatti, sentiva il bisogno di controbilanciare le azioni dell'alleato tedesco che nel marzo del 1939 aveva occupato la Cecoslovacchia ("Ogni volta che Hitler prende uno stato, mi manda un messaggio," disse a Ciano). Vi erano inoltre supposte collaborazioni tra Re Zog e i governi anglofrancesi. Con un'invasione-lampo, il 7 aprile 1939 l'esercito italiano disarmò la debole resistenza albanese quasi senza colpo ferire[27]. Re Zog riparò subito in Grecia. Il 16 aprile, l'Albania venne accorpata al territorio metropolitano italiano e Vittorio Emanuele III di Savoia venne proclamato Re d'Albania.

    Nel novembre del 1940, dopo il disastroso attacco italiano alla Grecia, un terzo del territorio albanese fu occupato dai greci. Alcuni battaglioni albanesi nelle divisioni Venezia e Giulia vennero distrutti dai greci mentre proteggevano la ritirata italiana. Il colonnello Pervizi (rappresentante del comando albanese) decise allora di sottrarre la brigata Tomorri al rischio di una seconda strage, abbandonando a sorpresa il campo di battaglia. Badoglio parlò di "tradimento degli albanesi" e decise il ritiro del loro esercito. In seguito all'intervento della Germania - subentrata nel 1941 in sostegno all'Italia - la Jugoslavia e la Grecia passarono sotto il controllo delle forze italo-tedesche, mentre il Kosovo e l'Epiro del nord furono annesse all'Albania. La situazione cambiò nuovamente dopo la firma dell'armistizio con gli angloamericani da parte del governo Badoglio (armistizio di Cassibile), che spinse i tedeschi ad invadere l'Albania.

    Si formò così un movimento composto da gruppi nazionalisti e di resistenza partigiana (formato principalmente dai componenti dal partito nazional-comunista guidato da Enver Hoxha). Ci fu anche il contributo degli ex militari italiani che formarono la formazione partigiana Brigata Gramsci. La resistenza antinazista riuscì a prendere il controllo del paese nel novembre 1944, quando i tedeschi se ne andarono per non restare ivi insaccati dopo la resa di Romania e Bulgaria. I nazionalisti e i patrioti antifascisti albanesi si organizzarono nella L.A.N.Ç. - Lufta Antifashiste Nacional Çlirimtare.

    L'Albania è l'unico paese dove tutti gli Ebrei furono salvati dalle persecuzioni durante la presenza dell'occupazione nazista[28] (per maggiori dettagli Storia degli Ebrei in Albania). Nel corso del conflitto, infatti, il numero degli Ebrei aumentò; molti vi emigrarono per salvarsi dalle persecuzioni razziali di altri paesi. Le autorità dello Stato albanese rifiutarono di consegnare la lista degli ebrei presenti nel paese. Contrariamente alle norme imposte, nessun ebreo fu consegnato ma furono nascosti nelle abitazioni o a volte momentaneamente negli edifici dei patrioti albanesi. Gli ebrei erano concentrati soprattutto nelle zone centrali tra Tirana e Durazzo e nelle città di Valona e Berat (quest'ultima contava da sola 600 ebrei alla fine della guerra); spesso per nascondere i perseguitati gli albanesi hanno usato metodi di "mimetizzazione", procurando loro documenti falsi.[29]

    Il periodo comunista
      Lo stesso argomento in dettaglio: Governo Democratico dell'Albania e Repubblica Popolare Socialista d'Albania.
     Il dittatore social-comunista Enver Hoxha (1944–1985) Il centro di Tirana, Piazza Scanderbeg, 1988

    Dal 1946 al 1990 l'Albania fu uno Stato comunista estremamente isolazionista, stalinista e antirevisionista, che dedicò poche energie alla cooperazione politica anche con gli altri stati comunisti del Patto di Varsavia dominato dall'Unione Sovietica, in quanto quest'ultima, con l'ascesa al potere di Nikita Kruscev, aveva assunto una forte opposizione al culto della personalità di Stalin, dopo la pubblicazione del rapporto Sul culto della personalità e le sue conseguenze.

    Il nuovo governo fu scelto tramite le elezioni democratiche tenute verso la fine del 1945, che confermarono vincitore, con un'assoluta maggioranza, il gruppo del Fronte Democratico, d'ispirazione comunista. Il nuovo governo prese il potere nei primi mesi del 1946 (sebbene fin dalla fine dell'occupazione tedesca nel 1944 il paese fosse egemonizzato dal partito comunista), avendo come capo dello Stato Enver Hoxha, un comunista che era stato attivo nella guerra antifascista. Hoxha concentrò la politica dello Stato intorno al Partito Comunista, unico partito legale. Come Primo Segretario generale del Partito Comunista dell'Albania, eliminò inizialmente i suoi rivali storici, tra cui collaborazionisti con gli occupanti e persone provenienti da famiglie nobili e borghesi. Ben presto tutti i beni e proprietà vennero confiscati e diventarono proprietà pubblica, cosa inizialmente apprezzata dai ceti meno abbienti.

    Nei primi anni del nuovo regime, lo Stato di Hoxha aveva buone relazioni diplomatiche ed economiche con la Jugoslavia, facendo di quest'ultima il principale partner commerciale. Ma le intenzioni non trasparenti degli jugoslavi non piacquero al dittatore, il quale ruppe tutte le relazioni politiche a partire dal 1948. Secondo le dichiarazioni unilaterali albanesi ciò avvenne per un presunto tentativo della Jugoslavia di incorporare politicamente l'Albania privandola della sua indipendenza. Dopo questo importante fatto, il piccolo paese intensificò le sue relazioni con l'Unione Sovietica, e di fatto, dipese anche economicamente da quest'ultima. Il Partito Comunista dell'Albania mutò il suo nome in Partito del Lavoro, seguendo un suggerimento di Stalin. Negli anni sessanta, irritata dalle valutazioni critiche di Nikita Sergeevič Chruščёv sulla personalità di Stalin, l'Albania raffreddò i suoi rapporti con l'Unione Sovietica. Visto che l'Albania intendeva proseguire lo sviluppo verso una società marxista mantenendo l'eredità stalinista, e che invece i paesi dell'area sovietica intendevano aderire alla revisione critica fatta da Kruscev, non solo Hoxha interruppe tutte le sue relazioni con l'URSS (1960), ma uscì ufficialmente dal Patto di Varsavia nel 1968, per protesta contro la repressione della Primavera cecoslovacca. Dopo aver fallito nuovamente l'amicizia tra Cina e Albania (1960-1978), il paese si ritrovò isolato dal resto dell'Europa e del mondo per molto tempo, dato che il regime ritenne di essere l'ultima, unica, fortezza marxista al mondo.

    Il governo ha attuato riforme volte alla modernizzazione economica e ha raggiunto risultati significativi in industrializzazione, sviluppo agricolo, istruzione, arte e cultura, che hanno contribuito ad un aumento complessivo del tenore di vita. D'altra parte, politicamente, l'Albania è stato l'unico paese comunista a rifiutare la destalinizzazione e ad imporre una severa dittatura.[30]

    Enver Hoxha morì nel 1985, lasciando il potere al suo fedelissimo Ramiz Alia. Quest'ultimo, a causa di massicce proteste e del clima di insopportabile pressione, concesse le prime elezioni libere nel 1991; l'esperienza comunista, complice anche la grave situazione economica, era da tempo in grave crisi, e - con la concessione delle elezioni e la negoziazione del debito estero[31] - era da considerarsi formalmente conclusa.

    L'Albania liberale e la Repubblica
      Lo stesso argomento in dettaglio: Caduta del comunismo in Albania, Anarchia albanese del 1997 e Missione Alba.
     Cattedrale ortodossa della Resurrezione di Cristo di Tirana, ricostruita e consacrata nel 2012. Piazza Scanderbeg a Tirana (2014).

    Il movimento di protesta e di rivolta che portò alla rinascita del liberalismo e al ripristino del multi-partitismo negli anni novanta sorse in seguito al desiderio di rinnovamento, seguito alla caduta del Muro di Berlino e ai cambiamenti che stavano avvenendo negli altri paesi dell'Est europeo; fu guidato dagli studenti e dai docenti universitari di Tirana, da intellettuali moderati e da tecnici delle fabbriche.

    Il paese soffriva però di molti problemi legati al limitatissimo sviluppo socioeconomico. Furono decine di migliaia gli albanesi, in questi anni, che decisero di partire alla volta dell'Italia e si riversarono via mare sulle coste della Puglia, lungo il litorale salentino tra Brindisi e Otranto.

    Il 29 giugno 1997 si tenne, contemporaneamente alla grave crisi politico-economica e sociale albanese, un referendum istituzionale per decidere se restaurare la monarchia con Leka (figlio di Zog I) o mantenere la Repubblica parlamentare, la seconda opzione vinse col 66% dei voti.

    In Albania la prima riforma legislativa riguardò la nuova Costituzione e la transizione ad un sistema politico ed economico di tipo liberalistico; in particolare la gestione statale dei beni venne sostituita con il ripristino della proprietà privata. Successivamente venne intrapresa la lunga strada verso l'adeguamento ai programmi europei del Patto di stabilità e crescita secondo il protocollo del Trattato di Maastricht.

    Inoltre, il 4 aprile 2009 il paese è divenuto membro della NATO e dal 27 giugno 2014 è ufficialmente candidato ad aderire all'Unione europea.

    ^ Ugo Ojetti, L'Albania (PDF), su archive.org. URL consultato il 10 marzo 2021. ^ Conrad Malte-Brun, "Annales des Voyages de la geographie et de l'historie", Parigi, 1809 ^ Johann Georg von Hahn, "Albanesische Studien", Bd. 1-3, Jena 1854, reprint Dion. Karavias, Athen 1981 ^ 2.Shthurja e Bashkesise Primitive - i l i r e t ^ Lorenzo Braccesi, Grecità adriatica ^ Robert Bideleux e Ian Jeffries, Balkans: A Post-Communist History, Routledge, 24 gennaio 2007, p. 25, ISBN 978-1-134-58328-7.
    «From AD 548 onward, the lands now known as Albania began to be overrun from the north by ever-increasing ...»
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    «Griechen Gregorios Kamonas»
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    «Greco-Albanian lord Gregorios Kamonas»
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    «The position of the League in the beginning was based on religious solidarity. It was even called Komiteti i Myslimanëve të Vërtetë (The Committee of the Real Muslims) ... decisions are taken and supported mostly by landlords and people closely connected with Ottoman administration and religious authorities..»
    ^ (EN) Robert Elsie, 1878 The Resolutions of the League of Prizren, su albanianhistory.net. URL consultato il 20 febbraio 2011 (archiviato dall'url originale il 20 febbraio 2011).
    «On 10 June 1878, ... The League of Prizren, Alb. Lidhja e Prizrenit, ... On 13 June 1878, the League submitted an eighteen-page memorandum to Benjamin Disraeli, the British representative at the Congress of Berlin»
    ^ (EN) Michal Kopeček, Ahmed Ersoy, Maciej Gorni, Vangelis Kechriotis, Boyan Manchev, Balazs Trencsenyi e Marius Turda, Program of the Albanian League of Prizren, in Discourses of collective identity in Central and Southeast Europe (1770–1945), vol. 1, Budapest, Hungary, Central European University Press, 2006, p. 347, ISBN 963-7326-52-9. URL consultato il 18 gennaio 2011.
    «there were no delegates from Shkodra villayet and a few Bosnian delegates also participated. Present was also mutasarrif (administrator of sandjak) of Prizren as representative of the central authorities»
    ^ (EN) Albanian League, su britannica.com, Encyclopædia Britannica. URL consultato il 5 gennaio 2012. ^ (EN) Tom Winnifrith, Badlands-borderlands: a history of Northern Epirus/Southern Albania, London, Duckworth, 2002, ISBN 0-7156-3201-9., pag 130 ^ Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia ^ Ruggero Giacomini La rivolta dei Bersaglieri e le Giornate rosse: I moti di Ancona dell'estate 1920 e l'indipendenza dell'Albania (Edito dall'Assemblea legislativa della Regione Marche nel 2010). ^ Il testo del patto diceva: L'Italia si impegna a riconoscere e difendere l'autonomia dell'Albania e si dispone senz'altro, conservando soltanto Saseno, ad abbandonare Valona. ^ Noel Malcom, Storia del Kosovo, Bompiani, 1999, p. 325. ^ Holocaust Survivors and Victims Database - Name data of Jews who were in Albania during World War II, su ushmm.org. URL consultato il 1º agosto 2021. ^ http://ddata.over-blog.com/xxxyyy/0/19/69/68/jewish-survival-in-albanie.pdf ^ https://www.britannica.com/place/Albania ^ Outsider. The Financial Times (London, England), Monday, December 23, 1991; pg. 12; Edition 31,641.
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