La cisterna fu costruita nel 532 dall'imperatore Giustiniano I durante il periodo più prospero dell'Impero romano d'Oriente, ampliando e rivoluzionando una struttura preesistente risalente all'epoca della reggenza dell'imperatore Costantino.
La cisterna era alimentata dall'acquedotto di Valente, un acquedotto, tra i più lunghi della romanità, che portava acqua fin dalla foresta di Belgrado e poteva contenere fino ad 80 milioni di litri d'acqua[1].
L'acqua proveniente dalla cisterna serviva i ricchi palazzi della zona. Dopo la conquista di Costantinopoli, nel 1453, l'acqua serviva ad irrigare i giardini del Topkapı, residenza dei sultani. Successivamente la cisterna cadde in disuso, poiché gli Ottomani, ligi alle rigide regole islamiche, preferivano l'utilizzo dell'acqua corrente rispetto a quella proveniente da pozzi o cisterne.[2]
Dimenticata durante il Medioevo, fu riscoperta casualmente tra il 1544 e il 1550 dal viaggiatore olandese P. Gyllius nel corso di ricerche archeologiche sulle rovine di Bisanzio. Grazie alle testimonianze dell'archeologo e ai suoi studi pubblicati, la cisterna divenne meta turistica. Fu restaurata una prima volta durante il sultanato di Ahmed III (1723) dall'architetto Kayserili Mehmet Ağa e una seconda volta durante il sultanato di Abdulhamid II (1876-1909).[2]
La struttura, fortemente degradata, è stata oggetto di restauro nel 1987 e rivalutata turisticamente tanto da assurgere a monumento simbolo di Istanbul.[3]
Un'altra massiccia ripulitura è stata effettuata nel maggio del 1994,[2] mentre nel 2018 è stato avviato un ulteriore restauro e consolidamento dell'opera, terminato nel 2022; con l'occasione è stato disegnato un nuovo percorso di visita della cisterna e riprogettata l'illuminazione con il contributo dello studio turco "Atelye 70", dell'azienda turca "TEPTA Lighting" e di due studi romani, "Insula architettura e ingegneria" e "Studioillumina" che ha contribuito alla valorizzazione delle strutture archeologiche sotterranee.[3]
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