Traù (in croato Trogir; in dalmatico Tragur; in latino Tragurium; in greco antico Τραγούριον, Tragurion) è una città della Croazia di 13 260 abitanti (2011) posta sulla costa adriatica della Dalmazia centrale, in parte sulla terraferma ed in parte su due isole, a circa 30 km a ovest da Spalato, nella parte nord-occidentale della baia dei Castelli. Considerata una delle città più belle e meglio conservate dell'intera Dalmazia, è particolarmente ricca di opere architettoniche e artistiche e dal 1997 è Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO.

Traù è stata fondata con il nome di Tragurion nel III secolo a.C. dagli antichi Greci della stirpe ellenica dei Dori, provenienti dall'isola Lissa, a sua volta originari di Syrakousai (la moderna Siracusa). Durante l'epoca romana Tragurium (nome latino di Traù) si trasformò in un importante porto anche grazie alla presenza di cave di marmo di qualità, che si trovavano nelle vi...Leggi tutto

Traù (in croato Trogir; in dalmatico Tragur; in latino Tragurium; in greco antico Τραγούριον, Tragurion) è una città della Croazia di 13 260 abitanti (2011) posta sulla costa adriatica della Dalmazia centrale, in parte sulla terraferma ed in parte su due isole, a circa 30 km a ovest da Spalato, nella parte nord-occidentale della baia dei Castelli. Considerata una delle città più belle e meglio conservate dell'intera Dalmazia, è particolarmente ricca di opere architettoniche e artistiche e dal 1997 è Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO.

Traù è stata fondata con il nome di Tragurion nel III secolo a.C. dagli antichi Greci della stirpe ellenica dei Dori, provenienti dall'isola Lissa, a sua volta originari di Syrakousai (la moderna Siracusa). Durante l'epoca romana Tragurium (nome latino di Traù) si trasformò in un importante porto anche grazie alla presenza di cave di marmo di qualità, che si trovavano nelle vicinanze del città. A partire dal IX secolo Traù iniziò a pagare un tributo al Regno di Croazia e all'Impero bizantino. Nel 1420 Traù fu annessa alla Repubblica di Venezia, rimanendo nei suoi domini marittimi, chiamati Stato da Mar, per quattro secoli, durante i quali il nome più diffuso con cui fu poi conosciuta la città diventò l'italiano Traù. Traù, durante il dominio veneziano, diventò poi una delle più importanti città dei Balcani veneziani. Nel 1797, dopo la caduta della Repubblica di Venezia, il trattato di Campoformio, firmato il 17 ottobre dello stesso anno da Napoleone Bonaparte e dall'Arciducato d'Austria, decretò l'annessione dei territori dell'ex repubblica veneta, e con essi Traù, all'Arciducato asburgico per poi entrare a far parte dei domini napoleonici.

Dopo la caduta di Napoleone, con il congresso di Vienna, durato dal 18 settembre 1814 al 9 giugno 1815, la Dalmazia venne annessa all'Impero austriaco come parte del Regno di Dalmazia, territorio sotto il diretto dominio della corona austriaca, rimanendoci fino al termine della prima guerra mondiale (1918). A partire da quest'ultimo evento iniziò l'esodo di una parte consistente degli italiani e degli italofoni della Dalmazia, tra cui i traurini italiani, verso Zara, Lagosta, che vennero invece annesse al Regno d'Italia, e verso l'Italia stessa.

Il trattato di Rapallo del 1920 assegnò Traù al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, poi diventato Regno di Jugoslavia, con il nome ufficiale di Trogir. Il 15 aprile 1941, dopo l'invasione della Jugoslavia, Traù fu occupata dal Regio Esercito italiano, venendo annessa un mese dopo al nuovo Governatorato della Dalmazia - divisione amministrativa del Regno d'Italia - come parte della provincia di Spalato. Dopo la seconda guerra mondiale Traù entrò a far parte della Repubblica Socialista di Croazia, repubblica costitutiva della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Dalla dissoluzione della Jugoslavia (giugno 1991), Traù fa parte della Croazia indipendente. Tra le conseguenze, nei censimenti successivi si registrò un limitato aumento del numero dei dalmati italiani presenti a Traù e nel resto della Dalmazia.

 Panorama di TraùEpoca antica  Scorcio dell'abitato del comune di Traù presente sull'isola di Bua, la cui origine risale antica Grecia

Traù fu fondata sull'isola di Bua, dove si estende ancora parte del suo territorio comunale, nel III secolo a.C. da antichi Greci di origine dorica che provenivano dall'isola di Lissa e che a loro volta erano originari di Syrakousai (la moderna Siracusa)[1]. La rilevanza economica della vicina Salona, importante emporio greco, di cui Tragurion rappresentava un suo semplice potenziamento, non fece mai decollare Traù da un punto da vista economico.

Durante l'epoca romana Tragurium (nome latino di Traù) si trasformò in un importante porto anche grazie alla presenza di cave di marmo di qualità nelle vicinanze del città. L'oppidum di Tragurium iniziò quindi a diventare un centro residenziale benestante, ricco di ville rustiche. L'imperatore Claudio vi installò i suoi veterani benestanti, fermo restando che il centro abitato più importante della zona rimase Salona. Tragurium entrò poi a far parte della provincia romana della Dalmatia.

Epoca medievale

Durante l'invasione della Dalmazia ad opera degli Slavi meridionali una parte degli abitanti di Salona, che fu duramente colpita, fuggì stabilendosi a Tragurium. A partire dal IX secolo Traù iniziò a pagare un tributo al Regno di Croazia e all'Impero bizantino.

 Mappa della rete commerciale, di cui Traù risultava uno snodo importante, e dei possedimenti della Repubblica di Venezia tra il XV e il XVI secolo, nel periodo di massima espansione

La diocesi di Traù fu fondata nell'XI secolo, per poi venire abolita nel 1828, quando fu annessa all'arcidiocesi di Spalato-Macarsca. Nel 1107 la città fu conquistata da re Colomanno d'Ungheria, che la ampliò e ne fece un centro importante. Nel 1123 Traù fu conquistata dai saraceni, che la distrussero quasi completamente. Dal XII al XIII secolo Traù conobbe però una cospicua ricrescita economica, che fu facilitata grazie dai suoi commerci con la Repubblica di Venezia.

Nel 1242 re Béla IV d'Ungheria trovò rifugio a Traù con la sua flotta, che fu attacca dai Mongoli. Tra il XIII e il XIV secolo molti duchi di Traù, la cui carica era elettiva, appartennero alla famiglia Šubić. Nel 1348 Mladen III Šubić, come comprovato anche dalla sua lapide sepolcrale situata all'interno della cattedrale di San Lorenzo di Traù, dove è chiamato scudo dei croati, fu uno dei membri più importanti della famiglia Šubić.

In lingua dalmatica, idioma romanzo (o, secondo alcuni studiosi, un gruppo di lingue romanze[2]) derivato direttamente dal latino, Traù iniziò a essere chiamata Tragur. La lingua dalmatica, oggi estinta, era un tempo parlata un tempo lungo le coste della Dalmazia, dal golfo del Quarnaro ad Antivari. La lingua dalmatica è stata suddivisa tradizionalmente in due varianti principali, determinate in base soprattutto alla documentazione storica disponibile: il dalmatico settentrionale o veglioto, così chiamato perché proprio dell'isola di Veglia, e il dalmatico meridionale o raguseo, per il quale esistono attestazioni antiche relative a documenti e memorie della Repubblica di Ragusa, che era parlato anche a Traù. Il dalmatico settentrionale si è estinto il 10 giugno 1898, con la morte del suo ultimo locutore, Tuone Udaina, mentre il dialetto meridionale si è estinto tra il XIV e il XV secolo.

Dopo la guerra di Chioggia tra la Repubblica di Genova e la Repubblica di Venezia (1378 - 1381), Traù strinse un'alleanza con la città dalmata di Zara contro Venezia. Il casus belli fu il fatto che Venezia decise proteggere meglio militarmente Chioggia, a partire dal 1412, con l'obiettivo di fare di Sebenico un importante punto di snodo del monopolio del sale, il cui traffico partiva proprio da Chioggia dirigendosi in tutto il Mare Adriatico.

Epoca veneziana  Scorcio delle mura e delle torri difensive di Traù, che risalgono all'epoca veneziana
  Lo stesso argomento in dettaglio: Stato da Mar.

Nel 1420 Traù fu annessa ufficialmente dalla Repubblica di Venezia, rimanendo nei suoi domini marittimi, chiamati Stato da Mar, per oltre tre secoli e mezzo, durante i quali il nome più diffuso con cui era conosciuta la città diventò l'italiano Traù, diventando una delle più importanti città della regione.

Gradualmente l'economia di Traù diventò sempre di più florida, e la presenza architettonica a artistica di stile veneziano divenne sempre più diffusa. Dopo la conquista di Traù, la Repubblica di Venezia incaricò Pietro Loredan, capitano generale in Golfo, di munire la città di nuove e più potenti fortificazioni.

Nel 1437 fu costruito su progetto dall'ingegnere della Repubblica di Venezia Lorenzo Pincino il castello principale di Traù, chiamato poi Castello del Camerlengo, che sostituì la Torre della Catena (così detta perché chiudeva l'accesso alle navi con una catena tirata sul mare) nel ruolo di avamposto militare principale della città.

 Il Castello del Camerlengo, con gli scavi che avvennero durante l'appartenenza di Traù all'Italia. Questi lavori portarono alla luce un antico leone di San Marco risalente all'epoca veneziana

Sul torrione principale venne collocato un pregevole bassorilievo in marmo con scolpito un Leone di San Marco, tuttora in loco, benché danneggiato. Intorno al 1650 venne ritrovata nella biblioteca del palazzo Cippico di Traù una trascrizione del XV secolo del Satyricon di Petronio, contenente l'intero libro XV che comprendeva la celeberrima Cena Trimalchionis ("La cena di Trimalcione")[3]. La dominazione veneziana terminò nel 1797, con la caduta della Repubblica di Venezia.

Epoca austriaca

Nel 1797, dopo la caduta della Repubblica di Venezia, il trattato di Campoformio, firmato il 17 ottobre dello stesso anno da Napoleone Bonaparte e dall'Arciducato d'Austria, decretò l'annessione degli ex territori dell'ex repubblica veneta, e con essi Traù, all'Arciducato asburgico. Traù entrò poi a far parte nel 1806, rimanendoci fino al 1809, del Regno d'Italia napoleonico, per poi passare sotto diretto controllo della Francia metropolitana inquadrata nelle Province illiriche, governatorato francese costituente un'exclave della Madre Patria, rimanendoci dal 1809 al 1813.

 L'antico municipio di Traù in un'immagine del 2008

Dopo la caduta di Napoleone, a seguito del congresso di Vienna (1814-1815) la Dalmazia venne annessa all'Impero austriaco, Stato nato dall'evoluzione dell'Arciducato d'Austria, rimanendoci fino al termine della prima guerra mondiale (1918). L'intera regione divenne quindi un territorio della Corona, col nome di Regno di Dalmazia.

A seguito delle riforme promosse dal imperatore e re Francesco Giuseppe I nel 1860/1861 (il Diploma di ottobre del 1860 e la Patente di febbraio del 1861) fu stabilito che il Regno di Dalmazia avrebbe avuto una propria rappresentanza, chiamata Dieta (in croato Sabor), con sede a Zara. La Dalmazia diventò formalmente un regno, governato da un rappresentante di nomina imperiale (Governatore) e da un'élite locale bilingue (croata e italiana). Da questo evento iniziò il declino della lingua italiana a Traù come nel resto della Dalmazia. All'inizio delle guerre napoleoniche, secondo un'ipotesi del linguista Matteo Bartoli basata su sue personali congetture l'italiano sarebbe stato un idioma parlato come prima lingua da circa il 33% della popolazione dalmata, ma alle prime verifiche censuarie la percentuale rilevata sul campo risultò molto minore, oscillando nei decenni fra il 12,5% (1865) e il 2,7% (1910)[4][5].

A seguito dei moti del 1848 e della crescita del movimento romantico nazionalista, in Dalmazia apparvero due fazioni politiche. La prima, filo-croata e detta "unionista" o dei puntari, che si riconosceva nel Partito Popolare (o Nazionale) e nel Partito dei Diritti (nato anni dopo il primo) e che sosteneva l'unificazione della Dalmazia con il Regno di Croazia-Slavonia, che era invece sotto l'amministrazione ungherese. Nel frattempo l'Impero austriaco si era trasformato in "Impero austro-ungarico", entità statale che nacque nel 1867 grazie al cosiddetto Ausgleich, ovvero a un compromesso tra la nobiltà ungherese e la monarchia asburgica inteso a riformare l'Impero austriaco.

 Lingue madri maggioritarie della popolazione in Istria, Quarnaro e Dalmazia nel 1910

La seconda fazione era costituita invece dal Partito Autonomista, guidato da autorevoli esponenti delle famiglie cittadine italiane e italofile. Gli autonomisti governarono Traù fino al 1887, grazie soprattutto ad una legge elettorale che favoriva le classi più abbienti e istruite, cui tradizionalmente appartenevano gli italiani di Dalmazia.

Come conseguenza della terza guerra d'indipendenza italiana (1866), che portò all'annessione del Veneto al Regno d'Italia, l'amministrazione imperiale austriaca, per tutta la seconda metà del XIX secolo, aumentò le ingerenze sulla gestione politica del territorio per attenuare l'influenza del gruppo etnico italiano temendone le correnti irredentiste.

Durante la riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria tracciò un progetto di ampio respiro mirante alla germanizzazione o slavizzazione dell'aree dell'impero con presenza italiana:

«Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l'influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Sua maestà richiama gli uffici centrali al forte dovere di procedere in questo modo a quanto stabilito.»

I prodromi a questa decisione si ebbero dopo la seconda guerra d'indipendenza italiana, da cui conseguì l'incorporazione della Lombardia al nascituro Stato italiano (1859). In seguito a questo evento il governo austriaco favorì il formarsi di una coscienza nazionale croata, allo scopo di contrastare l'Irredentismo italiano. La presa di coscienza dell'identità croata e il già crescente afflusso di croati verso la costa e le isole fecero regredire ulteriormente l'uso della lingua italiana, che pur conservò notevole prestigio per tutto il periodo austriaco ed ebbe un certo suo rilievo a Traù fino alla fine della seconda guerra mondiale.

Nel 1909 la lingua italiana venne vietata in tutti gli edifici uffici pubblici[8].

Annessione alla Jugoslavia
  Lo stesso argomento in dettaglio: Fatti di Traù e Questione adriatica.
 Cartina della Dalmazia e della Venezia Giulia coi confini previsti dal Patto di Londra (linea rossa) e quelli invece effettivamente ottenuti dall'Italia (linea verde). In fucsia sono invece indicati gli antichi domini della Repubblica di Venezia

Dopo la prima guerra mondiale le truppe italiane del Regio Esercito occuparono militarmente la parte della Dalmazia promessa all'Italia dal Patto di Londra (26 aprile 1915), che venne stipulato tra il governo italiano e i rappresentanti della Triplice Intesa, con cui l'Italia si impegnò a scendere in guerra contro gli Imperi Centrali in cambio di cospicui compensi territoriali.[9].


Il 23 settembre 1919 venne architettato dal trentaduenne conte Nino Fanfogna - discendente dell'ultimo podestà italiano - un tentativo di annessione manu militari di Traù al Regno d'Italia, sulla falsariga della dannunziana Impresa di Fiume. La sollevazione naufragò in poche ore.

Il mancato accordo sul confine italo-jugoslavo a Versailles (1919) fu seguito dal trattato di Rapallo del 1920, col quale cui si assegnò la quasi totalità della Dalmazia (compresa Traù) al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, poi diventato Regno di Jugoslavia. Il nome ufficiale della città - precedentemente bilingue "Trogir / Traù" - divenne quindi il solo croato Trogir.

Fra gli italiani che abbandoneranno Traù tra questo periodo e le successive vicende belliche degli anni '40, ci furono alcune famiglie note in città come i Nutrizio, Dudan, Canzia, Lubin, Del Bianco, Vosilla, Marini ed altre. In particolare è da ricordare la neonata Maria Carmen Nutrizio, figlia del farmacista di Traù e di una Luxardo della nota famiglia produttrice del Maraschino di Zara, che diverrà poi celebre come creatrice di moda col nome di Mila Schön. Assieme a lei partì anche il fratello decenne Nino Nutrizio, anni dopo fondatore del quotidiano La Notte di Milano.

 L'antico ponte che collegava Traù con l'isola di Bua

Col trattato di Rapallo si previde che i dalmati italiani rimasti in loco – diverse migliaia[10] concentrati prevalentemente a Veglia[11], Sebenico, Spalato, Traù, Ragusa e in alcune isole – potessero richiedere la cittadinanza italiana rinunciando a quella jugoslava, mantenendo il diritto di utilizzo della propria lingua materna.

 La Loggia Pubblica di Traù, dove campeggiava il leone di San Marco distrutto nel 1932

Le istituzioni scolastiche italiane vennero ulteriormente ridotte, ma la comunità italiana residua riuscì comunque a sopravvivere culturalmente. Con il passare degli anni, a Traù, complice la politica intrapresa dal governo jugoslavo, si acuì all'estremo la tensione fra l'elemento italiano e la maggioranza croata. L'avvento del fascismo in Italia e le sue rivendicazioni irredentiste scatenarono poi dure reazioni sulla costa dalmata contro le vestigia veneziane. Il motto degli irredentisti italiani giuliani e dalmati era infatti[12]:

«Ovunque c'è il leone di San Marco, ivi è l'Italia»

Ciò fu causa della distruzione o rimozione di otto leoni di San Marco dal centro storico nei primi di dicembre del 1932 da militanti del Sokol[13], movimento politico promotore del panslavismo, il che causò le vibranti condanne degli intellettuali croati.

Tra i Leoni di San Marco più celebri, venne completamente distrutto un bassorilievo cinquecentesco di Nicolò Fiorentino e Andrea Alessi del 1471, che aveva la forma di un leone andante e campeggiava all'interno della Loggia Pubblica di Traù. I resti di tali vestigia sono oggi conservati nel museo cittadino e nell'ex convento di San Domenico.[14][15]

Annessione all'Italia
  Lo stesso argomento in dettaglio: Provincia di Spalato.
 La Provincia di Spalato (1941-43) all'interno del Governatorato della Dalmazia

Il 15 aprile 1941, dopo l'invasione della Jugoslavia, Traù fu occupata dal Regio Esercito italiano[16]. Un mese dopo, in occasione della firma del Trattato di Roma (18 maggio 1941) e che comprendeva anche le clausole che istituivano lo Stato Indipendente di Croazia[17], Traù venne annessa al neonato Governatorato della Dalmazia, divisione amministrativa del Regno d'Italia.[18][19]. Traù divenne subito importante per le operazioni di guerra. In particolare, l'idroscalo di Traù diventò sede della 143ª e della 183ª Squadriglia idrovolanti, che utilizzavano dei CANT Z.501, della Regia Aeronautica italiana.

Traù venne inserita nella provincia di Spalato. La provincia di Spalato, che fu ufficialmente istituita il 20 maggio 1941, due giorni la costituzione del Governatorato della Dalmazia, comprendeva, oltre alla città di Spalato, la limitrofa cittadina di Traù, oltre alle isole di Solta (amministrata dall'unico comune di Solta), Lissa (comprendenti i comuni di Lissa e Comisa), Curzola (con i comuni di Curzola, Blatta, Lombarda, Smoquizza e Vallegrande), Lagosta (amministrata dall'unico comune di Lagosta), Cazza (amministrativamente appartenente al comune di Lagosta), Pelagosa (amministrata dall'unico comune di Comisa) e Meleda (amministrata dall'unico comune di Meleda)[20].

Nei territori annessi al Governatorato della Dalmazia - ad esclusione quindi delle aree già facenti parte del Regno d'Italia - vivevano 390 000 abitanti totali, di cui 5 000 italiani (compres, 90 000 serbi e 280 000 croati[17].

 Vista aerea del centro storico di Traù

Con la caduta del fascismo (25 luglio 1943), il personale amministrativo del Governatorato della Dalmazia, giunto dalla penisola italiana nel 1941, nonché le organizzazioni politiche italiane, iniziarono a sfollare dai loro uffici. Al proclama Badoglio dell'8 settembre 1943, che segnò l'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile, con il quale il Regno d'Italia cessò le ostilità verso gli Alleati durante la seconda guerra mondiale e l'inizio di fatto della resistenza italiana contro il nazifascismo, seguì la soppressione, il 19 agosto 1943, del Governatorato della Dalmazia[17].

In questi frangenti, Traù venne occupata dalle truppe dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia di Josip Broz Tito, con centinaia di persone che si arruolarono volontarie tra i partigiani. Poco dopo, superata una vana resistenza, i partigiani furono costretti a ritirarsi a causa dell'avanzata della Wehrmacht, con i tedeschi che posero poi Traù sotto l'autorità dello Stato Indipendente di Croazia. La città fu quindi occupata dai tedeschi e dagli ustascia croati fino a quando i partigiani di Tito, nel 1944, la liberarono definitivamente.

Il ritorno alla Jugoslavia

Dopo la seconda guerra mondiale Traù entrò a far parte della Repubblica Socialista di Croazia, uno degli Stati federati costituenti la nuova Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia di Tito, per i successivi 40 anni. Durante il periodo socialista la città conobbe un importante boom economico e demografico, con la fondazione di decine di nuove fabbriche e aziende e con la popolazione della città che quasi triplicò tra il 1945 e il 1991. Nel 1977 il centro storico di Traù è entrato a far parte della lista dei patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO.

L'appartenenza alla Croazia  Panorama del lungomare (chiamato Riva in lingua croata) di Traù. Dopo l'indipendenza della Croazia, Traù è diventata un'importante località turistica

Dopo l'inizio della guerra d'indipendenza croata, che è datato giugno 1991, Traù è entrata a far parte della moderna Croazia, Stato che ottenne il riconoscimento internazionale nel 1992, quando fece il suo ingresso nell'ONU. Traù fu coinvolta, come tutta la Dalmazia, dalle guerre jugoslave, che scoppiarono nel marzo del 1991 con la guerra d'indipendenza slovena e che portarono infine, con la perdita anche della Bosnia ed Erzegovina, alla formale dissoluzione della Jugoslavia (1992). Traù, a causa della guerra, subì ingenti danni, che ebbero i prodromi con la guerra d'indipendenza croata.

Negli anni successivi alla fine della guerra la città conobbe una forte e duratura recessione economica, seguita da un discreto sviluppo negli anni Settanta e Ottanta. Solo dal XXI secolo Traù, come tutta la Dalmazia, ha però ritrovato un buon dinamismo economico e produttivo, soprattutto grazie al turismo, che è in costante crescita. Dall'essere solamente un nodo di transizione del traffico turistico, Traù è diventata una delle destinazioni principali della Dalmazia, soprattutto grazie al suo notevolissimo patrimonio artistico e culturale. A questo si sono aggiunti i turisti che navigano il Mar Adriatico con piccole imbarcazioni, che hanno preso Traù come una delle proprie destinazioni. Per questi ultimi è stato ampliato il porto di Traù, che dopo i lavori ha raggiunto una capacità massima di 500 imbarcazioni. Come conseguenza, a Traù, sono stati edificati nuovi hotel e resort.

Dopo la dissoluzione della Jugoslavia c'è stato un piccolo aumento del numero dei dalmati italiani presenti a Traù e nel resto della Dalmazia[21].

^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore foster ^ Si vedano ad esempio i lavori di Muljačić (1997) e Chambon (2014) citati in bibliografia. ^ Texts and Transmission "Petronius" ^ Bartoli, Matteo. Le parlate italiane della Venezia Giulia e della Dalmazia. p.46 ^ Seton-Watson, "Italy from Liberalism to Fascism, 1870-1925". pag. 107 ^ Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi, Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971 ^ (DE) Jürgen Baurmann, Hartmut Gunther e Ulrich Knoop, Homo scribens : Perspektiven der Schriftlichkeitsforschung, Tübingen, 1993, p. 279, ISBN 3-484-31134-7. ^ Dizionario Enciclopedico Italiano (Vol. III, pag. 730), Roma, Ed. Istituto dell'Enciclopedia Italiana, fondata da Giovanni Treccani, 1970. ^ Londra nell'Enciclopedia Treccani, su treccani.it. URL consultato il 21 marzo 2017. ^ Secondo il censimento ufficiale jugoslavo del 1921, in tutto il Paese slavo vivevano 12 553 italofoni, 9 365 dei quali nell'area della Croazia, Dalmazia, Slavonia, Međimurje, Veglia e Castua, e 40 in Montenegro. Si veda in merito La Comunità Nazionale Italiana nei censimenti jugoslavi 1945-1991, Unione Italiana-Università Popolare di Trieste, Trieste-Rovigno 2001, p. 30. ^ Alcuni geografi non considerano l'isola di Veglia come parte della Dalmazia. ^ Traù, uno scrigno pieno di storia, su editfiume.info. URL consultato il 19 aprile 2019. ^ ANVGD, su anvgd.it. URL consultato il 1º novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2017). ^ Distruzione dei leoni di Traù ^ Pro Dalmatica Fide, su mymilitaria.it. URL consultato il 1º novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2017). ^ SPALATO, su treccani.it. URL consultato il 23 maggio 2016. ^ a b c Alberto Becherelli, Italia e stato indipendente croato, 1941-1943, Edizioni Nuova Cultura, 1º gennaio 2012, p. 90, ISBN 978-88-6134-780-9. URL consultato il 22 maggio 2016. ^ Francesca Ferratini Tosi, Gaetano Grassi e Massimo Legnani, L'Italia nella seconda guerra mondiale e nella resistenza, Franco Angeli, 1º gennaio 1988. URL consultato il 18 maggio 2016. ^ Nikola Anić: Povijest Osmog dalmatinskog korpusa Narodnooslobodilačke vojske Hrvatske : 1943.-1945., p. 12 ^ Gilberto Pegoraro, Sull'altra sponda dell'Adriatico - Storia della comunità italiana di Spalato, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. ^ Situazione dei Dalmati italiani in Croazia, su coordinamentoadriatico.it. URL consultato il 22 marzo 2019.
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