دير سانت كاترين

( Monastero di Santa Caterina (Egitto) )

Il monastero di Santa Caterina (in greco antico: Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης?; e in arabo دير القدّيسة كاترينا?) è un monastero del VI secolo situato in Egitto, nella regione del Sinai, al centro di una valle desertica. Dedicato a santa Caterina d'Alessandria, è il più antico monastero cristiano ancora esistente e sorge alle pendici del monte Horeb dove, secondo la tradizione, Mosè avrebbe parlato con Dio nell'episodio biblico del roveto ardente (3,2-6) e dove egli ricevette i comandamenti.

Nel 2002 è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO per la sua architettura bizantina, la sua preziosa collezione di icone e per la grande raccolta di antichissimi manoscritti che costituiscono la più vasta e meglio conservata biblioteca di testi antichi bizantini dopo quella della Città del Vaticano. Inoltre, il monastero è considerato un luogo sacro ...Leggi tutto

Il monastero di Santa Caterina (in greco antico: Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης?; e in arabo دير القدّيسة كاترينا?) è un monastero del VI secolo situato in Egitto, nella regione del Sinai, al centro di una valle desertica. Dedicato a santa Caterina d'Alessandria, è il più antico monastero cristiano ancora esistente e sorge alle pendici del monte Horeb dove, secondo la tradizione, Mosè avrebbe parlato con Dio nell'episodio biblico del roveto ardente (3,2-6) e dove egli ricevette i comandamenti.

Nel 2002 è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO per la sua architettura bizantina, la sua preziosa collezione di icone e per la grande raccolta di antichissimi manoscritti che costituiscono la più vasta e meglio conservata biblioteca di testi antichi bizantini dopo quella della Città del Vaticano. Inoltre, il monastero è considerato un luogo sacro dalle tre maggiori religioni monoteiste: il cristianesimo, l'ebraismo e l'islam.

L'origine del monastero ha radici antichissime. La sua fondazione si fa risalire a sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino che nel 328[1] fece costruire una sorta di primitiva cappella votiva nel presunto luogo dove secondo la tradizione cristiana Mosè parlò con Dio, nell'episodio biblico del roveto ardente (3,2-6[2]). La più antica notizia documentata di questo luogo di culto è riscontrabile nell'Itinerarium Egeriæ[N 1][3] di Egeria, una monaca originaria della Gallia che visitò i luoghi biblici attraverso un lungo pellegrinaggio compiuto tra il 381 e il 384. Fra il 527 e il 565 l'imperatore Giustiniano fece realizzare accanto alla cappella un primo nucleo che prese il nome di «monastero della Trasfigurazione». In seguito, egli fece fortificare il monastero dotandolo di una cinta muraria per difenderlo dalle incursioni dei predoni e finanziò la produzione delle prime icone.

 Il manoscritto attribuito a Maometto

Nel corso del VII secolo il monastero divenne un luogo di culto anche per l'islam poiché, secondo il documento che la tradizione sostiene che fosse stato redatto da Maometto, il Profeta accordava protezione al monastero perché all'interno delle sue mura fu accolto e protetto dai nemici. La conservazione di questo manoscritto all'interno del monastero fu determinante per la sopravvivenza alla dominazione araba, anche se i monaci ne furono allontanati.

Durante il VII secolo i monaci furono dispersi, tuttavia il monastero sopravvisse perché ben protetto dalle possenti mura in cui l'unico accesso era un piccolo varco posto a diversi metri di altezza e raggiungibile soltanto tramite una carrucola.[4] Intorno al IX secolo il monastero tornò a essere accessibile alla comunità di monaci che, in seguito al presunto ritrovamento dei resti della protomartire cristiana Caterina d'Alessandria, lo rinominarono intitolandolo a lei e le sue reliquie custodite all'interno divennero presto oggetto di venerazione per i numerosi pellegrini.[N 2]

Nel 1107, sotto il dominio sciita del Califfato fatimide, il monastero subì l'influenza dell'islam e, in virtù della reliquia di Maometto, fu costruita la moschea dei Fatimidi. Essa però non venne mai ufficialmente aperta al culto poiché, per un errore di orientamento, non fu orientata verso la Mecca.[5] Con l'avvento della seconda crociata, il monastero tornò a essere ricorrente meta di pellegrinaggio sulla via per la Terra santa e divenne riferimento di altre affiliazioni monastiche dell'Asia Minore dislocate tra Costantinopoli, Egitto, Palestina, Siria e anche presso le isole di Creta e Cipro. Il monastero è sotto la giurisdizione del patriarcato ortodosso di Gerusalemme.[6]

Risparmiato dalle campagne di conquista condotte da Napoleone Bonaparte e dalle mire del colonialismo, il monastero è stato meta di studiosi per tutto l'Ottocento. Nel 1844 Konstantin von Tischendorf si recò nel monastero per approfondire i suoi studi sui testi antichi e riportò alla luce il Codex Sinaiticus, che ora è conservato presso la British Library di Londra. Il monastero ha dignità di chiesa autonoma o autocefala e ospita stabilmente circa venti monaci sottoposti all'autorità di un abate,[7] che è anche vescovo del Sinai.[8] Da anni è meta di visite guidate, tuttavia dal 2013 l'accesso al pubblico è stato sospeso a causa della precaria situazione sociopolitica dell'Egitto e il correlato timore di attacchi di estremisti islamici.[9]

^ (EN) Kurt Weitzmann e John Galey, Sinai and the Monastery of St. Catherine. ^ Es 3,2-6, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet. ^ (FR) La Sainte Cima sur le mont Sinaï, in L'Express, 4 luglio 2002. URL consultato il 14 luglio 2022. ^ Loretta Del Francia Barocas e Mario Cappozzo, L'Africa Tardoantica e Medievale Arte Copta, in Il mondo dell'archeologia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005. URL consultato il 14 luglio 2022. ^ (FR) Helen C. Evans, Trésors du Monastère de Sainte-Catherine, Mont Sinai, Égypte. ^ (EN) Kurt Weitzmann e John Galey, Sinai and the Monastery of St. Catherine, New York, Doubleday, 1980, pp. 11-14. ^ Torna al Patriarcato di Gerusalemme. URL consultato il 14 luglio 2022. ^ Orthodox Research Institute, su orthodoxresearchinstitute.org. URL consultato il 14 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 27 febbraio 2014). ^ Egitto. Chiude monastero Santa Caterina, in Tempi.it. URL consultato il 14 luglio 2022.


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