Cattaro

Càttaro (in serbocroato: Kotor / Котор; in veneto: Càtaro; in latino medievale: Catharus, e classico: Ascrivium) è una città e comune del Montenegro, situata nella Dalmazia meridionale sulla costa adriatica.

Tra il 1420 e il 1797 Cattaro e la regione circostante appartennero alla Repubblica di Venezia, e l'influenza veneta è ancor oggi visibile nell'architettura della città. L'antica città marittima di Cattaro, circondata da un'imponente cinta muraria, è ancora ben conservata ed è inclusa nella lista dei Patrimoni dell'umanità protetti dall'UNESCO. È stata rilevante da un punto di vista storico la presenza, a Cattaro, di una comunità di dalmati italiani tant'è che la zona, durante la sua appartenenza alla Repubblica di Venezia, era chiamata Albania Veneta.

La città si specchia nelle Bocche di Cattaro, un'articolata serie di profondi bacini perfettamente riparati dal mare aperto, che costituiscono il più grande porto naturale de...Leggi tutto

Càttaro (in serbocroato: Kotor / Котор; in veneto: Càtaro; in latino medievale: Catharus, e classico: Ascrivium) è una città e comune del Montenegro, situata nella Dalmazia meridionale sulla costa adriatica.

Tra il 1420 e il 1797 Cattaro e la regione circostante appartennero alla Repubblica di Venezia, e l'influenza veneta è ancor oggi visibile nell'architettura della città. L'antica città marittima di Cattaro, circondata da un'imponente cinta muraria, è ancora ben conservata ed è inclusa nella lista dei Patrimoni dell'umanità protetti dall'UNESCO. È stata rilevante da un punto di vista storico la presenza, a Cattaro, di una comunità di dalmati italiani tant'è che la zona, durante la sua appartenenza alla Repubblica di Venezia, era chiamata Albania Veneta.

La città si specchia nelle Bocche di Cattaro, un'articolata serie di profondi bacini perfettamente riparati dal mare aperto, che costituiscono il più grande porto naturale del mar Adriatico e che ricordano vagamente, per il loro profilo frastagliato, i fiordi norvegesi. Le Bocche di Cattaro, assieme a Cattaro stessa, garantiscono alla regione un afflusso turistico in costante aumento. Alle loro spalle sono presenti le Alpi Dinariche, catena montuosa che si sviluppa dal Carso italiano al Kosovo.

Dall'antichità al Medioevo  La cattedrale di San Trifone, con alle spalle le Alpi Dinariche. Consacrata nel 1166, è di riferimento per i cattolici di Cattaro

La città venne fondata durante il periodo romano, quando era conosciuta come Acruvium. Faceva parte della provincia romana della Dalmatia, venendo menzionata per la prima volta come Ascrivium o Ascruvium nel 168 a.C.

Cattaro fu poi dotata di fortificazioni fin dal 535, quando l'imperatore romano Giustiniano fece costruire una fortezza sulla collina sovrastante la città in seguito all'espulsione dalla zona dei Goti. Con tutta probabilità una seconda città venne edificata negli immediati dintorni, in quanto l'imperatore bizantino Costantino VII, nel X secolo, allude ad una "Cattaro Bassa". La città fu saccheggiata dai Saraceni nell'840.

Nel 1002 la città fu gravemente danneggiata durante l'occupazione dei Bulgari e l'anno seguente fu ceduta alla Serbia dallo zar bulgaro Samuele, ma i cittadini insorsero spalleggiati da Ragusa. Cattaro si sottomise solamente nel 1184 al protettorato serbo, preservando intatte le sue istituzioni repubblicane ed il suo diritto di concludere trattati e dichiarare guerra.

Cattaro divenne sede vescovile già nel XIII secolo, mentre nel XIII secolo vennero fondati monasteri domenicani e francescani allo scopo di contenere la diffusione del Bogomilismo. È interessante notare che all'epoca la diocesi di Cattaro formava un unico territorio con l'arcidiocesi di Spalato. Nel XIV secolo Cattaro iniziò a rivaleggiare con Ragusa come potenza commerciale, accrescendo gradualmente la sua importanza.

Il periodo veneziano
  Lo stesso argomento in dettaglio: Albania Veneta.
 Mappa della rete commerciale, di cui Cattaro risultava uno snodo importante, e dei possedimenti della Repubblica di Venezia tra il XV e il XVI secolo, nel periodo di massima espansione

La città di Cattaro, poco prima della caduta della Serbia Moravica, temendo di essere annessa all'Impero ottomano, si rese indipendente nel 1392 decidendo di chiedere protezione ad una potenza vicina; perciò domandò ripetutamente alla Repubblica di Venezia, a partire dal 1396[1], di entrare nei suoi domini, ma quest'ultima per ben sette volte declinò l'invito, in considerazione dei gravosi oneri che avrebbe comportato l'annessione.

 Mura veneziane di Cattaro

All'ottava richiesta, dopo aver ponderato a lungo l'impegno, nel 1420 il Senato Veneziano accolse Cattaro tra i suoi domini investendo un patrimonio ingente nella costruzione della poderosa fortificazione, ancora perfettamente conservata; ancora oggi, a Venezia, si usa dire di un'amante troppo pretenziosa "Te me costi come i muri de Cattaro"[1].

La Repubblica di Venezia confermò gli antichi privilegi della città e ne fece sede di un Rettore e un Provveditore, incaricato dell'amministrazione della giustizia civile e criminale, nonché di un Camarlengo e Capitano, cui era affidata la riscossione delle entrate e la gestione delle finanze pubbliche. Entrambi questi ufficiali, nobili veneziani eletti dal Senato per un anno, dipendevano dall'autorità del Provveditore Generale di Dalmazia e Albania, avente sede a Zara. Dopo la caduta di Scutari in mano all'Impero ottomano, Cattaro divenne il capoluogo della cosiddetta Albania Veneta comprendente i tre distretti o reggimenti di Risano, Castelnuovo in Dalmazia e Budua nonché la comunità autonoma di Pastrovichi.

 Il golfo di Cattaro in un'incisione su rame, acquarellata, di Pierre Mortier risalente all'incirca all'anno 1700

Cattaro era governata da propri statuti, i più antichi dei quali risalgono al 1301. Gli statuti veneziani furono pubblicati a Venezia nel 1606 con il titolo di Statuta et leges civitatis Cathari (it. "Statuti e leggi cittadine di Cattaro"). Il governo della città, che era di tipo aristocratico, si ispirava al modello veneziano, con un Maggior consiglio composto di soli nobili, un Minor e segreto consiglio di sei membri e un Senato (o Consiglio dei Pregati) di quindici.

  Bene protetto dall'UNESCORegione naturale e storico-culturale delle Bocche di Cattaro  Patrimonio dell'umanità  TipoCulturali Criterio(i) (ii) (iii) (iv) PericoloNon in pericolo Riconosciuto dal1979 Scheda UNESCO(EN) Natural and Culturo-Historical Region of Kotor
(FR) Scheda

Dalla riunione comune del maggiore e minore consiglio erano eletti tutti i vari ufficiali del comune, tra cui i provveditori alla sanità, i tre giudici della corte del Rettore e i provveditori alla zecca dove anche sotto il dominio veneziano continuarono ad essere coniati vari tipi di moneta diffusi nel basso Adriatico e in Albania.

La giustizia era amministrata dal Rettore, ma nelle cause civili i tre giudici locali avevano voto deliberativo, e alle loro decisioni, in virtù di un decreto del Senato veneziano del 1433 era ammesso interporre appello davanti a uno dei collegi di dottori di Padova, Vicenza, Verona o Treviso.

Il territorio del comune di Cattaro confinava con l'Impero ottomano e con il Montenegro comprendendo le terre di Perasto, Dobrota e Perzagno, ognuna delle quali aveva un proprio consiglio che eleggeva le varie autorità locali.

In epoca veneziana su Cattaro si abbatterono numerose disgrazie: la città venne assediata dall'Impero ottomano nel 1538 e 1657, flagellata dalla peste nel 1572 e semidistrutta dal terremoto nel 1563 e soprattutto da quello devastante del 1667, nel corso del quale crollarono la facciata della cattedrale di San Trifone con il campanile e il palazzo del Rettore.

 Panorama di Cattaro dalla fortezza di San Giovanni

Il dominio veneto lasciò comunque una profonda impronta nella struttura urbana di Cattaro e nei suoi costumi. L'italiano fu la lingua usata in tutti gli atti pubblici e nell'insegnamento, soprattutto per la spinta del ceto nobiliare e della potente classe dei mercanti e capitani marittimi. Tra i letterati più famosi furono Bernardo Pima, Nicola Chierlo, Luca Bisanti, Alberto de Gliricis, Domenico e Vincenzo Burchia, Vincenzo Ceci, Antonio Zambella e Francesco Morandi. Ancora oggi la popolazione di Cattaro parla un dialetto locale che è un misto tra veneto e slavo, con la consistente presenza di termini romanzi.

Il periodo austriaco e quello napoleonico  Monete napoleoniche coniate a Cattaro nel 1813

Col trattato di Campoformio del 1797 passò all'Arciducato d'Austria, ma nel 1805, con la pace di Presburgo, fu assegnata al Regno d'Italia napoleonico, ed infine annessa nel 1810 alle Province illiriche dell'Impero francese, dove divenne capoluogo di un dipartimento. Dopo il suo assedio nell'ottobre 1813 - gennaio 1814, la città fu restituita all'Impero austriaco in seguito al Congresso di Vienna (1815).

 Scorcio di Cattaro nel 1912.

All'arrivo della notizia della concessione austriaca della Costituzione, il 23 marzo 1848, durante la primavera dei popoli, la popolazione si riversò per le strade acclamando all'Italia, mentre lo stesso giorno la municipalità di Cattaro votava l'annessione al Regno Lombardo-Veneto. Il vladika del Montenegro, preoccupato per queste sollevazioni, si rivolse ai bocchesi e ai ragusei (pur cittadini austriaci) affermando che qualora fosse stata dimostrata qualunque altra esaltazione per il Risorgimento italiano egli avrebbe "ridotto in cenere" e "cosparso di sangue" l'intera Dalmazia meridionale.

Contemporaneamente il vladika inviava un battaglione che con le armi allontanasse l'eventualità che l'iniziale sollevazione si tramutasse in una vera e propria insurrezione. Gli abitanti però continuarono a seguire gli eventi risorgimentali italiani tant'è che tra I Mille, che con Garibaldi salparono da Quarto alla volta della Sicilia, v'era anche Marco Cossovich, nativo di Venezia ma di famiglia e sentimento bocchese, il quale viene anche nominato, tra i pochi, da Garibaldi nella sua opera I Mille.

Come conseguenza della terza guerra d'indipendenza italiana, che portò all'annessione del Veneto al Regno d'Italia, l'amministrazione imperiale austriaca, per tutta la seconda metà del XIX secolo, aumentò le ingerenze sulla gestione politica del territorio per attenuare l'influenza del gruppo etnico italiano temendone le correnti irredentiste. Durante la riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria tracciò un progetto di ampio respiro mirante alla germanizzazione o slavizzazione dell'aree dell'impero con presenza italiana:

«Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l'influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Sua maestà richiama gli uffici centrali al forte dovere di procedere in questo modo a quanto stabilito.»

(Francesco Giuseppe I d'Austria, consiglio della Corona del 12 novembre 1866[2][3][4].)

La politica di collaborazione con i serbi locali, inaugurata dallo zaratino Ghiglianovich e dal raguseo Giovanni Avoscani, permise poi agli italiani la conquista dell'amministrazione comunale di Ragusa nel 1899. Nel 1909 la lingua italiana venne vietata però in tutti gli edifici pubblici e gli italiani furono estromessi dalle amministrazioni comunali[5]. Queste ingerenze, insieme ad altre azioni di favoreggiamento al gruppo etnico slavo ritenuto dall'impero più fedele alla corona, esasperarono la situazione andando ad alimentare le correnti più estremiste e rivoluzionarie.

Il tentativo di istituire la coscrizione obbligatoria, effettuato e fallito nel 1869 ed infine riuscito nel 1881, causò due brevi rivolte popolari. Per quanto riguarda i dalmati italiani, etnia italiana autoctona anche di Cattaro, nel 1895 si riunirono attorno alla locale sede della Lega Nazionale. Nel censimento del 1910 si annoveravano solo 538 italiani in tutto il circondario di Cattaro. Ma scuole italiane sorsero, nello stesso periodo, a Morigno[6], Perasto[7], Petrera, Combur[7] e La Bianca[7]. Tuttavia, nel censimento jugoslavo del 1927, gli italiani risultavano solo 240. Quindi anche Cattaro fu coinvolta nel processo di croatizzazione della Dalmazia avvenuto durante la dominazione austroungarica.

Il periodo jugoslavo e quello italiano  Cartina della Dalmazia e della Venezia Giulia coi confini previsti dal Patto di Londra (linea rossa) e quelli invece effettivamente ottenuti dall'Italia (linea verde). In fucsia sono invece indicati gli antichi domini della Repubblica di Venezia Stemma e motto socialista su una delle porte storiche di Cattaro: L'altrui non chiediamo, il nostro non concediamo. La provincia italiana di Cattaro, che fu operativa dal 1941 al 1943 in seguito all'invasione della Jugoslavia, operazione militare effettuata durante la seconda guerra mondiale

Durante la prima guerra mondiale Cattaro fu teatro di alcune delle più aspre battaglie combattute tra il Montenegro e l'Impero austro-ungarico. Nel corso di questo conflitto avvenne anche l'ammutinamento di Cattaro, che interessò nel febbraio 1918 gli equipaggi delle unità navali della Imperiale e Regia Marina austro-ungarica ancorate nel porto della città, che furono motivati dalle pessime condizioni di vita e dalla carenza di viveri. Dopo il 1918, a guerra terminata, assieme all'intero Montenegro, la città venne inglobata nel neonato Regno di Jugoslavia.

Il 17 aprile 1941, durante l'invasione italotedesca della Jugoslavia, Cattaro fu occupata dalle truppe italiane. Con la ratifica del trattato di Roma del 13 maggio successivo la cittadina e l'area delle Bocche (circa 600 km²) furono direttamente annesse all'Italia[8]. Questi territori andarono così a costituire la neonata provincia italiana di Cattaro, inclusa all'interno del Governatorato di Dalmazia, il quale comprendeva a sua volta anche la provincia di Zara e la provincia di Spalato. Il governatorato fu la riproposizione dell'omonimo ed effimero istituto impiantato dagli italiani in Dalmazia all'indomani della sconfitta dell'Austria-Ungheria del 4 novembre 1918, e sgomberato in seguito agli accordi italo-jugoslavi sfociati nel trattato di Rapallo.

Occupata dai tedeschi dopo il proclama Badoglio dell'8 settembre 1943, a guerra terminata Cattaro ritornò alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia venendo inclusa nella Repubblica Socialista del Montenegro. Il 15 aprile 1979 un altro terremoto danneggiò la città, che venne prontamente restaurata.

L'appartenenza al Montenegro

Dalla disgregazione della Jugoslavia Cattaro ha seguito le sorti della zona, e dal maggio 2006 è parte della nuova repubblica indipendente del Montenegro. Nel corso del XX secolo la popolazione croata, che costituiva un tempo la maggioranza, è calata drasticamente ed oggi i montenegrini sono maggioritari in tutta la regione.

^ a b Le bocche, su letrevenezie.net. URL consultato il 21 febbraio 2019. ^ Silvio Troilo, Il diritto al nome nella propria madrelingua dei membri delle minoranze, Torino, Giappichelli Editore, 2017, p. 53, ISBN 9788892108172. ^ Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi, Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971 ^ (DE) Jürgen Baurmann, Hartmut Gunther e Ulrich Knoop, Homo scribens : Perspektiven der Schriftlichkeitsforschung, Tübingen, 1993, p. 279, ISBN 3484311347. ^ Dizionario Enciclopedico Italiano (Vol. III, pag. 730), Roma, Ed. Istituto dell'Enciclopedia Italiana, fondata da Giovanni Treccani, 1970 ^ Cfr. alle pp. 324-327 in Istituto Idrografico della Marina Portolano del Mediterraneo, volume 6, Adriatico Orientale (edizione 1994, nuova tiratura febbraio 2002), Genova. (Pubblicazione annessa alla cartografia ufficiale dello Stato - legge 2 febbraio 1960, n. 68). ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Idrografico ^ Treccani - CATTARO di Elio MIGLIORINI - Oscar RANDI - Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)
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