تدمر

( Palmira )

Palmira (in palmireno , Tadmor, "palma"; greco Παλμύρα, Palmyra, come in latino; in aramaico, Tadmor, in arabo: تدمر‎, Tadmur), chiamata anche la Sposa del Deserto, fu in tempi antichi una delle più importanti città della Siria, e per un certo periodo capitale dell'importante Regno di Palmira, un impero di breve durata governato dalla regina Zenobia in contrasto con l'impero romano nel III secolo d.C. La piccola cittadina moderna nei pressi delle rovine porta lo stesso nome e si trova nel Governatorato di Homs.

Il sito archeologico ha subito gravissimi danni durante la guerra civile siriana, a opera di sistematiche distruzioni del gruppo terrorista dello Stato Islamico nel 2013, ma è stata riconquistata dalla Siria nel 2016.

Origini  Il tempio di Baal.

La città, nota con il nome di Tadmor nel II millennio a.C., è menzionata per la prima volta in documenti provenienti dagli archivi assiri di Kanech, in Cappadocia, nel XIX secolo a.C., e poi è citata più volte negli archivi di Mari, nel XVIII secolo a.C. Viene poi citata ancora negli archivi assiri, nell'XI secolo a.C., come Tadmor del deserto. A quel tempo era solo una città commerciale nella estesa rete che univa la Mesopotamia e la Siria settentrionale. Tadmor è citata anche nella Bibbia (Secondo libro delle Cronache 8.4) come una città del deserto fortificata da Salomone. La città di Tamar[1] è menzionata nel Primo libro dei Re (9.18), anch'essa fondata e fortificata da Salomone.

Dopo queste citazioni su Palmira cala il silenzio per circa un millennio, e solo nel I secolo a.C. la città viene citata con il nuovo nome, che le è stato dato durante il regno dei Seleucidi (IV - I secolo a.C.).

Periodo greco-romano Seleucidi
  Lo stesso argomento in dettaglio: Seleucidi.

Quando i Seleucidi presero il controllo della Siria nel 323 a.C. la città fu abbandonata a sé stessa e divenne indipendente. Palmira fiorì come città carovaniera durante il I secolo a.C., come ci testimonia lo storico giudeo Flavio Giuseppe, nel secolo successivo, sviluppando un proprio dialetto semitico e un proprio alfabeto. Anche se la Siria era divenuta provincia romana nel 64 a.C., pare che Palmira abbia mantenuto una certa autonomia e la città era tanto ricca che, nel 41 a.C., Marco Antonio cercò di occuparla per saccheggiarla ma fallì nel tentativo.

Romani  Il teatro romano. Il decumano massimo della città.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Limes orientale.

In seguito Palmira fu annessa ufficialmente alla provincia romana di Siria, verso il 19 d.C., durante il regno di Tiberio (14-37), e con Nerone (54-68) fu integrata nella provincia. In quegli anni lo scrittore Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia, descrive Palmira mettendone in rilievo la ricchezza del suolo e la sua importanza per il ruolo che ricopriva come principale via di commercio tra Persia, India, Cina e l'impero romano. Sotto Tiberio era già così ricca che costruì il santuario di Baal, con il tempio dedicato a Baal, a Yarhibol (il Sole) e Aglibol (la Luna) e con la cooperazione degli sceicchi nomadi l'autorità di Palmira fu riconosciuta dalle oasi del deserto, tanto da renderla un vero e proprio stato. Nel 24 avevano fondato una colonia sull'Eufrate e avevano un fondaco a Vologasia, città del regno dei Parti, da dove raggiungevano le coste del golfo persico, dove arrivavano le navi provenienti dall'India.

 Rilievo di giovane con stilo e tavoletta cerata Busto funerario femminile di Palmira dalla collezione conservata al museo del Louvre. Dallo stile di tali ritratti è evidente l'influenza romana e l'abbigliamento elaborato dei soggetti testimonia la ricchezza della città.

Sotto Traiano la città fu compresa nella nuova provincia di Arabia, risultante dall'annessione dello stato satellite della Nabatea. Nel 129 Adriano visitò Palmira e la proclamò città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana. Tra la fine del II e l'inizio del III secolo, Settimio Severo oppure il suo successore, il figlio Caracalla, concessero a Palmira lo statuto di città libera.

Palmira, benché fosse in una posizione strategica sia per l'impero romano che per quello partico, non era mai stata coinvolta nelle guerre tra le due potenze, ma dopo che nel 224 il fondatore della dinastia sasanide Ardashir I ascese al potere, a partire dal 230 il commercio palmireno diminuì a causa dell'occupazione sasanide della Cappadocia (Nisibis cadde nel 237) e della Mesopotamia; la città di Carre nel territorio tra il Tigri e l'Eufrate cadde nel 238. Negli anni seguenti le incursioni dei Sasanidi continuarono con continuità anche sotto il regno del successore di Ardashir, Shapur I, che arrivò a minacciare Antiochia. In questo contesto si inserì la figura di Odenato.

Odenato, discendente della famiglia gentilizia palmirena dei Settimi, che ricevette la cittadinanza romana, quando nel 193 parteggiò per Settimio Severo contro Pescennio Nigro venne nominato governatore della provincia di Siria da Valeriano. Nel 260, dopo che Valeriano fu sconfitto a Edessa e venne catturato, Odenato intervenne in aiuto dei Romani e inseguì sino a Ctesifonte l'esercito sasanide che, sconfitto dal generale Callisto, si stava ritirando. Durante tale azione Odenato riuscì a procurare notevoli perdite al nemico e l'impresa fu apprezzata dall'imperatore Gallieno, figlio di Valeriano, e dopo che Odenato, durante la ribellione dei Macriani nel 261, sconfisse e uccise il generale Callisto, gli conferì il titolo di Dux Romanorum e "Corrector totius Orientis". I titoli indicavano una generica preminenza, ma non il governo effettivo, che spettava ai governatori romani. In seguito Odenato però si proclamò anche re dei re indicando che stava creando uno Stato autonomo. Fu per merito di Odenato che negli anni successivi i Persiani non effettuarono altre incursioni.

Regno indipendente di Zenobia di Palmira
  Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Palmira, Campagne orientali di Aureliano, Assedio di Palmira e Zenobia.
 Il regno di Palmira alla sua massima estensione, in verde Bassorilievo rinvenuto a Palmira, Museo Nazionale di Damasco: possibile ritratto di Zenobia.

Nel 268, a seguito di un complotto politico (ordito dalla moglie di Odenato, Zenobia)[2], Odenato e il figlio maggiore Hairan furono assassinati da Maconio[3], cugino o nipote (a seconda delle fonti) di Odenato. Poco dopo la morte del governatore (re dei re), sua moglie Zenobia prese il potere in nome del figlio minorenne Vaballato, con il sogno e l'ambizione di creare un impero d'Oriente da affiancare all'impero di Roma. Il disinteresse apparente degli imperatori romani e la morte, nel 269, dell'imperatore Claudio II e del fratello Quintillano, incoraggiarono la regina a ribellarsi all'autorità romana. Si autoproclamò Augusta e assunse il titolo onorifico di Discendente di Cleopatra.

Nel 270 Zenobia nominò comandante supremo delle truppe palmirene l'abile generale Zabdas, e lo inviò in suo nome all'attacco delle province romane di Arabia, Palestina ed Egitto, conquistandole. L'Egitto aveva una notevole importanza per il fatto che, dopo la chiusura delle vie carovaniere del nord, il commercio con l'India passava proprio da quella regione. Allora Zenobia si spinse con le sue truppe a nord, conquistò la Cappadocia e la Bitinia arrivando sino alla città di Ancira. Zenobia però non aveva l'approvazione del Senato di Roma, inoltre non tutte le legioni di stanza in Oriente la seguirono. In quello stesso anno (270) Aureliano viene acclamato imperatore dalle legioni del limes danubiano.

All'inizio del 272 Aureliano riconquistò l'Egitto, poi la Bitinia e la Cappadocia, e dopo avere avuto ragione della cavalleria pesante palmirena ad Antiochia, sconfisse l'esercito palmireno comandato dal generale Zabdas e dalla stessa Zenobia nella battaglia di Emesa.

 Zenobia raffigurata su una moneta.

Mentre Palmira era sotto assedio, la regina e il Consiglio cittadino pensarono di inviare un'ambasceria, guidata da Zenobia in persona, presso il re persiano Sapore I (ignorando che questi fosse deceduto in quei frangenti), con lo scopo di ricevere rinforzi e salvare così il Regno di Palmira. Zenobia decise allora di salire sul più veloce dei suoi dromedari assieme al figlioletto, e di tentare di raggiungere il regno dei Sasanidi, ma a sessanta miglia da Palmira venne raggiunta e catturata dall'Imperatore poco prima che attraversasse l'Eufrate.

Con la loro regina catturata e gran parte dell'esercito annientato e stremato, il generale Zabdas sul finire del 272 consegnò la città ai romani: il Regno di Palmira era stato sottomesso senza che l'oasi e la città avessero subito alcuna violenza. Le province orientali riconobbero di nuovo l'autorità di Aureliano. Successivamente la regina e i suoi fedelissimi raggiunsero in catene Emesa per essere processati. La regina, timorosa per la sua vita (l'esercito romano aveva infatti esplicitamente chiesto che fosse giustiziata), fece ricadere la colpa della sua ribellione ai suoi consiglieri, che con i loro consigli avevano influenzato le sue decisioni, essendo ella una femmina (sesso debole) e dunque facilmente influenzabile. Ne fece le spese il filosofo Longino, primo consigliere di Zenobia, reo di avere scritto la lettera con cui la regina aveva rifiutato la resa, e punito con la morte. Assieme al filosofo Cassio Longino molti altri funzionari di Zenobia, come il sofista Callinico e lo stesso generale Zabdas, furono condannati a morte ma Zenobia ebbe invece salva la vita.

Zenobia e Vaballato, i due sconfitti, furono inviati a Roma, ma secondo quanto testimoniato dallo storico bizantino Zosimo il figlio morì durante il viaggio. La regina venne però mostrata in ogni città che Aureliano raggiunse per tornare in Occidente.[4]

Palmira, che non aveva sofferto danni in occasione della resa, l'anno dopo (273) a seguito di una ribellione fu saccheggiata[5], i suoi tesori furono portati via e le mura furono abbattute; la città fu abbandonata e tornò a essere un piccolo villaggio, divenendo una base militare per le legioni romane.

Tardo impero romano, Bisanzio e conquista araba

Diocleziano tra il 293 e 303 fortificò la città per cercare di difendere Palmira dalle mire dei Sasanidi. Fece costruire entro le mura difensive a occidente della città un grande accampamento (il campo di Diocleziano), con un pretorio e un santuario per le insegne per la Legio I Illirica. A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano.

Durante il periodo della dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza. Nel VI secolo l'imperatore Giustiniano, per l'importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione. Nonostante ciò la città venne conquistata dagli Arabi di Khalid ibn al-Walid nel 634. Sotto il dominio degli Arabi la città andò in rovina.

Benché la storia di Palmira fosse nota il sito e l'oasi vennero visitate solo nel 1751 da una comitiva di disegnatori (tra cui l'italiano Giovanni Battista Borra) capeggiati da due inglesi, Robert Wood e James Dawkins, che nel 1753 pubblicarono in inglese e francese Les Ruines de Palmyra, autrement dite Tadmor au dèsert, che crearono grande interesse per il sito e l'oasi. Solo però verso la fine del XIX secolo vennero iniziate ricerche di carattere scientifico e si cominciarono a copiare e a decifrare le iscrizioni. Infine, dopo l'instaurazione del mandato francese sulla Siria, vennero iniziati gli scavi per portare alla luce i vari reperti. Scavi che sono continuati negli anni, ma interrotti dalla guerra nel 2015[6].

^ Questa località che qualcuno pensa che si possa trattare di Tadmor, in realtà è una località vicina al Mar Morto. ^ Maconio forse era stato sobillato dall'imperatore Gallieno, con la promessa di metterlo al posto di Odenato, ma molto più probabilmente da Zenobia, che voleva che a Odenato succedesse uno dei suoi figli e non Hairan che era figlio della prima moglie del marito. ^ Maconio non riuscì a succedere allo zio (o cugino) perché fu assassinato subito dopo. ^ Zenobia e Vaballato dopo la cattura furono inviati a Roma, ma, secondo quanto testimoniato dallo storico bizantino Zosimo, il figlio morì durante il viaggio. Zenobia venne esibita come trofeo durante le celebrazioni per il trionfo di Aureliano del 274. ^ Il tempio di Baal fu saccheggiato per vendetta dalla Legio III Cyrenaica che, in questo modo, vendicò il saccheggio del proprio tempio a Bosra da parte dell'esercito di Palmira, nel 270. ^ L'Isis conquista Palmira. Unesco: "Già distrutti alcuni monumenti". Casa Bianca "preoccupata", su Repubblica, 21 maggio 2015.
Fotografie di:
Zones
Statistics: Position
1413
Statistics: Rank
86480

Aggiungi un commento

Questa domanda è un test per verificare che tu sia un visitatore umano e per impedire inserimenti di spam automatici.

Sicurezza
681749235Fai clic/tocca questa sequenza: :codice

Google street view

Dove puoi dormire vicino Palmira ?

Booking.com
487.421 visite in totale, 9.187 Punti di interesse, 404 Destinazioni, 47 visite oggi.