Il palazzo di Caterina (in russo Екатерининский дворец?, Ekaterininskij dvorec, noto anche col nome di Grande Palazzo di Carskoe Selo) era la residenza estiva degli zar di Russia, eretta in stile rococò e facente parte del complesso architettonico di Carskoe Selo, nella città di Puškin a circa 25 km, o meglio 24 verste a sud-est di San Pietroburgo.

L'edificio, iniziato ufficialmente nel 1717 su ordine dell'imperatrice russa Caterina I (da cui il nome), venne più volte ricostruito nel corso del XVIII secolo sino a giungere alla forma attuale. Dopo il crollo della monarchia zarista, l'Unione Sovietica aprì il palazzo come museo. Durante la seconda guerra mondiale il palazzo fu gravemente danneggiato. Il suo recupero ha richiesto molti anni e ancora non è terminato. Il ripristino è oggi guidato dalla scuola di restauro di Leningrado su base strettamente scientifica.

Prima del palazzo

La creazione del palazzo di Caterina trae le proprie origini certamente da una struttura presente qui già prima della costruzione del sito. Già nell'antichità queste terre erano appartenute alla Russia che le aveva comprese nella regione dell'Ingria, ma nel XVII secolo esse erano state occupate dal Regno di Svezia che già nelle proprie mappe indicava il sito col nome di "Sarishoff" o "Saarismoisio", che tradotto dal finlandese significa "maniero su un punto elevato", fatto che lascia chiaramente intuire come in precedenza qui vi fossero dei fortilizi per la difesa militare dell'area.

Immediatamente dopo la fine della campagna della Neva nel 1702, il castello venne dato ad Aleksandr Menšikov che venne nominato governatore generale del territorio liberato, ma già dal 24 giugno 1710 venne trasferito in proprietà su ordine di Pietro il Grande alla sua futura moglie, Caterina (il loro matrimonio ufficiale ebbe luogo nel febbraio del 1712) con già incluse le terre che andranno poi a costruire il nucleo del parco del palazzo.

Il palazzo di Caterina I  Caterina I di Russia iniziò la costruzione del palazzo nel 1717

Nel 1717 Caterina I aveva chiesto all'architetto tedesco Braunstein di costruirle un palazzo per passare l'estate, ma già nel 1743 l'imperatrice Anna chiese agli architetti Zemcov e Kvasov di espandere il palazzo che oramai era dedicato alla zia Caterina.

La figlia di Caterina, Elisabetta, nuovamente trovò lo stile della reggia sorpassato e nel maggio 1752, chiese al suo architetto di corte, l'italiano Rastrelli (progettista di parte della città di San Pietroburgo e di molti edifici prestigiosi) di demolirla e sostituirla con un edificio ancor più grandioso, in uno stile rococò flamboyant. I lavori durarono circa 4 anni, e il 30 luglio 1756 l'architetto presentò all'imperatrice, a tutta la sua corte stupita e agli ambasciatori stranieri un nuovissimo palazzo con una facciata lunga ben 325 metri.

 Elisabetta al palazzo di Caterina in un dipinto di Eugene Lanceray

Elisabetta era ancora in vita, e già l'edificio era molto famoso per le sue facciate estremamente lussuose: più di 100 kg d'oro sono stati usati per decorare il sofisticato fronte di stucchi e le numerose statue sul tetto: ai tempi si vociferava che addirittura l'intero tetto fosse ricoperto d'oro. Questi particolari dorati brillarono sulla facciata del palazzo fino al 1773, anno in cui Caterina II fece rimpiazzare l'oro con delle dipinture verde oliva, abbastanza banali e monotone.

Il palazzo si raggiunge attraversando un grande giardino alla francese: centro di questo giardino è il padiglione dell'Hermitage, azzurro e bianco, a fianco al lago e progettato da Zemcov nel 1744 e revisionato da Rastrelli solo un lustro dopo, e che trova il suo formale coronamento in una enorme statua dorata che rappresenta il ratto di Persefone. L'interno è arredato con tavoli da pranzo equipaggiati da meccanismi montavivande: l'entrata principale è fiancheggiata da due edifici di forma semicircolare e l'insieme ricorda vagamente piazza San Pietro, a Roma. Tutto il complesso è separato dalla città vera e propria di Carskoe Selo da una cancellata di ferro battuto decorata molto finemente.

Sebbene il palazzo sia comunemente associato a Caterina II, lei lo vedeva come un esempio di "architettura di panna montata" ormai fuori moda. Al momento della sua ascesa al trono, alcune statue del parco stavano per essere ricoperte d'oro, come la defunta zarina Elisabetta aveva ordinato, ma l'ordine che fu subito sospeso appena la nuova imperatrice venne a sapere quanto queste opere costassero; nelle sue memorie si dimostrò sempre molto contraria alle stravaganze estremamente dispendiose di colei che la precedette sul trono.

«Stavano ancora costruendo il palazzo, ma era come la tela di Penelope: ciò che oggi era edificato, sarà distrutto domani. Quella casa è stata buttata giù fino alle fondamenta sei volte, poi ricostruita nuovamente prima d'essere portata allo stato attuale. La somma di un milione seicentomila rubli venne spesa nella costruzione. Ci sono dei resoconti che lo provano; ma oltre a questa somma l'imperatrice vi spese molto denaro dalle sue proprie tasche, senza nemmeno contarlo.»

Per gratificare la sua passione per l'antico e l'arte neoclassica, Caterina chiamò l'architetto scozzese Charles Cameron, che non solo rinnovò l'interno di un'ala nello stile palladiano in voga in quel periodo, ma fece anche edificare gli appartamenti privati dell'imperatrice, un modesto esempio di stile greco chiamato "le stanze d'ambra", all'estrema sinistra dell'edificio principale. Conosciuto per i suoi elaborati decori in diaspro, l'appartamento venne progettato in modo da essere connesso alle altre opere di Cameron e, come Caterina impose, il parco venne trasformato in una specie di moderno parco dei divertimenti.

 Un particolare della Camera d'ambra

In seguito alla morte della zarina, nel 1796, al palazzo di Caterina il nuovo zar preferì quello di Pavlovsk: i regnanti successivi preferirono soggiornare infatti al vicino castello di Alessandro, evitando, con due sole eccezioni, di farvi nuove aggiunte o modifiche, e trattandolo con il riguardo dovuto a un monumento alla ricchezze di Elisabetta e alla gloria di Caterina.

Nel 1817 lo zar Alessandro chiamò Vasilij Stasov perché rimodernasse alcuni degli interni del palazzo della nonna nello stile più à la page in quel periodo, lo stile impero. Circa 20 anni più tardi, la cosiddetta "scala Stasov" rimpiazzava la vecchia scala circolare che portava alla cappella di palazzo: sfortunatamente, la maggior parte degli interni di Stasov, in particolar modo quelli costruiti durante il regno di Nicola, non sono stati restaurati dopo i saccheggi anche nella seconda guerra mondiale. Durante la Rivoluzione di Ottobre del 1917, infatti, il palazzo venne dapprima saccheggiato e successivamente si pensò di convertirlo col parco in un museo da aprire al pubblico da parte delle autorità nazionali e in parte utilizzato come orfanotrofio, rinominando di conseguenza l'intero complesso nel 1918 come Detskoe Selo ovvero "Villaggio dei bambini". Il 9 giugno del 1918 venne ufficialmente inaugurato il museo. Nel 1937, per commemorare il 100º anniversario della tragica morte dello scrittore russo Aleksandr Puškin che aveva studiato presso il vicino liceo istituito dallo zar Alessandro I, il villaggio venne così chiamato in suo onore. Nel gennaio del 1983 il palazzo e il parco ottennero lo status di parco nazionale e nel 1990 venne istituita la riserva nazionale di Carskoe Selo.

Durante la ritirata che seguì l'assedio di Leningrado, l'esercito tedesco distrusse intenzionalmente buona parte del palazzo, lasciandolo come un guscio svuotato di quegli arredi che erano stati lasciati dai russi incaricati di nasconderli per preservarli. Soltanto una piccola parte è stata salvata in questo modo, ma ha già rivestito una grande importanza nel restauro del palazzo, terminato in quasi totalità per il tricentenario della città nel 2003.

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