उत्तर सेंटीनेल द्वीप
( Isola di North Sentinel )L'Isola di North Sentinel (nome inglese, letteralmente "Sentinella del Nord"; उत्तर सेंटीनेल द्वीप Uttar Senteenel dveep in hindi, উত্তর সেন্টিনেল দ্বীপ Uttar Senteenel dveep in bengali) è una delle isole Andamane nel golfo del Bengala. L'isola si trova a ovest della parte meridionale delle Andamane del sud, ed è il territorio di una tribù di indigeni, i sentinellesi, che rifiutano qualsiasi contatto con il mondo esterno. La tribù viene annoverata tra le ultime popolazioni in tutto il mondo a rimanere ancora virtualmente incontaminate dalla civiltà moderna. A causa di tale isolamento, sono note solo informazioni molto limitate sull'isola.
L'isola appartiene al distretto di Andaman Meridionale, parte del territorio indiano degli arcipelaghi di Andamane e Nicobare. Le autorità indiane riconoscono il desiderio degli isolani di poter vivere in modo appartato e limitano il proprio ruolo al monitoraggio remoto.
Gli onge[1] erano consapevoli dell'esistenza dell'isola di North Sentinel e il loro nome tradizionale per indicarla era Chia daaKwokweyeh[2][3]. Per quel poco che è stato osservato dei sentinellesi in maniera remota, è stato rilevato che gli onge hanno con questi forti somiglianze culturali. Tuttavia gli onge che furono portati sull'isola dai colonizzatori britannici nel corso del XIX secolo non furono in grado di comprendere la lingua sentinellese, ed è quindi ipotizzabile un significativo periodo di separazione tra i due popoli[2][3].
La dinastia CholaRajendra Chola I (1014-1044 d.C.), uno dei re della dinastia tamil Chola, conquistò le isole Andamane e Nicobare per usarle come base strategica navale per lanciare una spedizione navale contro l'Impero Srivijaya (un impero buddista con base sull'isola di Sumatra, in Indonesia). I tamil chiamarono le isole Tinmaittivu ("Isole della Forza / del Valore / della Verità" in lingua tamil)[4].
L'impero MarathaLe isole Andamane e Nicobare nel loro complesso fornirono una base marittima temporanea nel XVII secolo per le navi dell'impero Maratha. L'ammiraglio della marina Maratha, Kanhoji Angre, stabilì la supremazia navale con una base nelle isole e gli si riconosce il merito di aver annesso queste isole all'India[5][6][7][8].
Le visite britanniche nel XIX secoloPassando davanti all'isola nel 1771, l'agrimensore britannico John Ritchie osservò "una moltitudine di luci" da un natante idrografico della Compagnia britannica delle Indie orientali, il Diligent[2][3][9]. Homfray, un funzionario inglese, visitò l'isola nel marzo 1867, scortato da forze di polizia e da un piccolo gruppo di andamanesi[10].
Verso la fine della stagione dei monsoni di quello stesso anno, la Ninive, una nave mercantile indiana, finì distrutta su una barriera corallina vicino all'isola. I 106 sopravvissuti tra passeggeri ed equipaggio sbarcarono sulla spiaggia con le scialuppe della nave e furono costretti a difendersi dagli attacchi dei sentinellesi. Alla fine furono trovati e tratti in salvo da una squadra di salvataggio della Royal Navy[3].
Nel gennaio 1880 una spedizione guidata da Maurice Vidal Portman, un amministratore del governo che sperava di osservare gli indigeni e le loro abitudini, sbarcò con successo sull'isola. Il gruppo trovò una rete di sentieri e numerosi piccoli villaggi abbandonati. Dopo alcuni giorni la spedizione catturò sei sentinellesi (una coppia di anziani e quattro bambini) e li portò a Port Blair. L'ufficiale coloniale responsabile dell'operazione scrisse che l'intero gruppo «si è ammalato rapidamente, e il vecchio e sua moglie sono morti, così i quattro bambini sono stati riportati a casa con numerosi doni»[10].
Il 27 agosto 1883, dopo l'eruzione del Krakatoa, fu effettuato da Portman un secondo sbarco sull'isola in quanto le esplosioni del vulcano furono erroneamente scambiate per dei colpi di cannone e questi interpretati come richiesta di soccorso da parte di una nave. Una squadra di ricerca sbarcò su North Sentinel e lasciò doni per gli indigeni, prima di fare ritorno a Port Blair. Tra il gennaio 1885 e il gennaio 1887, Portman visitò l'isola diverse altre volte[10].
XX secoloCon l'intento di stabilire rapporti amichevoli con i sentinellesi, a partire dal 1967 diverse squadre esplorative indiane effettuarono brevi sbarchi sull'isola ogni pochi anni[2].
Nel 1974 North Sentinel fu oggetto della visita di una troupe cinematografica che girava un documentario, intitolato Man in Search of Man. Era accompagnata da alcuni antropologi, poliziotti armati e da un fotografo del National Geographic. Al loro arrivo a ridosso delle rive, gli antropologi fecero gesti amichevoli, ma i sentinellesi reagirono scagliando una pioggia di frecce. Protetti da armature imbottite, i poliziotti sbarcarono in un punto lontano dalla gittata degli archi dei nativi e lasciarono alcuni doni sulla spiaggia: giocattoli, noci di cocco, un maiale vivo e alcune pentole. Fecero appena in tempo a reimbarcarsi quando furono oggetto di un nuovo e più intenso lancio di frecce, una delle quali colpì il regista alla coscia sinistra. L'uomo che lo aveva centrato fu osservato ridere con soddisfazione prima di sedersi. Gli altri nativi invece rivolsero le loro attenzioni ai doni, trafiggendo il maiale e la bambola prima di seppellirli nella sabbia, appropriandosi con evidente piacere delle pentole e in particolar modo delle noci di cocco[9] che non crescono sull'isola e di cui si dimostreranno in seguito sempre molto ghiotti[11].
Nel 1975, l'ex re del Belgio Leopoldo III, durante un viaggio intorno alle Andamane, partecipò assieme a dei dignitari locali a una crociera notturna nelle acque al largo dell'isola di North Sentinel. L'imbarcazione si avvicinò alle rive abbastanza da consentire a un guerriero sentinellese di prendere minacciosamente di mira col suo arco il re, che espresse il suo entusiasmo per l'avventura[9].
A metà del 1977, la nave da carico MV Rusley si arenò sulle barriere coralline attorno alle spiagge, mentre sorte analoga capitò alla MV Primrose il 2 agosto 1981[12]. Pochi giorni dopo il naufragio di quest'ultima, gli uomini di equipaggio a bordo, ancora in attesa dei soccorsi, notarono la presenza di piccoli uomini dalla pelle scura che trasportavano lance e frecce ed erano intenti a costruire barche sulla spiaggia. Presagendo il peggio, il capitano lanciò via radio un messaggio di emergenza per richiedere la consegna di armi da fuoco in modo che il suo equipaggio potesse difendersi da un eventuale attacco. Tuttavia la Primrose non ricevette alcun aiuto, a causa del mare grosso e di una vasta tempesta che impedì ad altre navi di raggiungerla. Fortunatamente le stesse condizioni proibitive e il fatto che il natante fosse circondato dalla barriera corallina impedirono anche agli isolani di avvicinarsi e abbordarlo. Una settimana dopo, tutti i membri dell'equipaggio furono salvati da un elicottero sotto contratto con la società petrolifera indiana Oil and Natural Gas Corporation (ONGC)[13]. È noto che in entrambe queste occasioni i sentinellesi utilizzarono i relitti per ricavarne materiale ferroso. I coloni provenienti da Port Blair visitarono in seguito i siti per recuperare il carico. Nel 1991, le squadre di salvataggio furono autorizzate a smantellare le navi[12].
I primi contatti pacifici con i sentinellesi furono effettuati il 4 gennaio 1991 dal team di Pandit Triloknath, direttore dell'Anthropological Survey of India[11][14]. Diversamente dalle altre visite, sempre condotte da team completamente maschili, nel team di Pandit era presente una donna, la famosa antropologa Madhumala Chattopadhyay, già nota per essere riuscita a stabilire relazioni di grande fiducia e reciproca stima con altre popolazioni indigene delle Andamane, come gli Onge e i Jarawa, che avevano migliorato molto la qualità della vita di quei popoli, in particolare dal punto di vista medico[15].
La presenza di Chattopadhyay cambiò radicalmente la situazione, l'avvicinamento dei ricercatori non fu percepito come un atto di aggressione (tra i sentinellesi solo gli uomini portano e usano le armi) e la reazione dei sentinellesi fu completamente diversa dalle precedenti, il team fu fatto avvicinare e i regali furono consegnati direttamente nelle loro mani. Fu il primo contatto faccia a faccia con i sentinellesi, dopo le violente incursioni dei colonialisti del secolo precedente. Il mese successivo il team effettuò un'altra visita e le reazioni dei sentinellesi furono ancora più entusiaste.
Tuttavia, le visite degli studiosi indiani sull'isola cessarono[2] e nel 2005 il governo indiano impose un divieto incondizionato di avvicinamento a meno di 3 miglia dall'isola, vietando ulteriori studi scientifici.
XXI secoloNel 2006 i sentinellesi uccisero due pescatori che pescavano illegalmente granchi del fango attorno all'isola. L'ancoraggio improvvisato della loro barca non era riuscito a impedire che venisse portata via dalle correnti mentre erano addormentati; così l'imbarcazione si spostò nei pressi delle rive dell'isola, dove i due uomini furono uccisi. Un elicottero della Guardia costiera indiana, inviato per recuperare i corpi, fu respinto dai guerrieri sentinellesi che scagliarono un nugolo di frecce[16].
Il 20 novembre 2014 Survival denunciò che i pescatori di frodo avevano preso di mira le acque intorno all'isola di North Sentinel, mettendo così in grave pericolo la tribù; l'organizzazione sollecitò le autorità a garantire che l'isola fosse protetta dalle invasioni esterne[17].
Il 21 novembre 2018 un missionario statunitense di nome John Allen Chau, recatosi sull'isola per convertire la popolazione locale al cristianesimo, rimase vittima degli indigeni non appena messo piede sull'isola[18].
«... Nella grande iscrizione di Tanjore del 1050 d.C., gli andamani sono citati sotto un nome tradotto insieme ai Nicobari, come abitanti di Nakkavaram o "terra del popolo nudo".»
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