Il Fuji (富士山 Fuji-san?) è un vulcano alto 3.776 m ed è la montagna più alta del Giappone.
Considerato una delle "tre montagne sacre" (三霊山 Sanreizan?) del Paese insieme al monte Tate e al monte Haku, a tal punto che gli shintoisti considerano doveroso almeno un pellegrinaggio sulle sue pendici nella vita, venne inserito nella lista dei "famosi cento monti del Giappone" (Nihon hyaku meizan) di Kyūya Fukada. Con la sua cima innevata per dieci mesi all'anno è uno dei simboli del Giappone, luogo speciale di bellezza paesaggistica e uno dei siti storici del Giappone, nonché patrimonio mondiale come sito culturale (l'UNESCO riconosce venticinque siti di interesse culturale all'interno del monte Fuji).
«Fra le terre di Kai/e quelle di Suruga lambita dalle onde/sta la vetta del Fuji. Gli alti cirri/osano appena avvicinarsi e mai/volano fin lassù gli uccelli. Il ghiaccio/raggela irosi incendi e il fuoco/distrugge la caduta neve.
Vano è cercar parole, non v'è un nome/degno di lui. Che sia/un misterioso kami?[1]»
L'origine del nome Fuji è incerta.[2] Gli attuali kanji utilizzati per scrivere Fuji (富 e 士) significano rispettivamente "ricco" o "abbondante" e "uomo di un certo lignaggio". Secondo quanto si legge in un racconto del X secolo, Taketori monogatari, questa denominazione deriverebbe dalla parola fushi o fuji (不死? lett. "immortale", ovvero "no" e "morte")[3] o dalla frase "montagna ricca (富 fu?, che significa "ricco" o "abbondante") di guerrieri (士 shi, ji?, "soldato" o "uomo di alto rango", utilizzato per esempio nella parola bushi 武士, "samurai") che ne ascendono le pendici".[4]
Secondo un'etimologia popolare fuji verrebbe da fuji (不二? rispettivamente "no" e "due"), nel senso di "senza eguali", "incomparabile" o "secondo a nessuno"; oppure da fujin (不尽? "no" e "fine"), nel senso di "senza fine" o "qualcosa che supera ogni altra cosa in misura".[3] Atsutane Hirata (1776-1843), un erudito giapponese del periodo Edo, sosteneva che il nome derivasse dalla parola omofona avente il significato di "montagna dalla forma di una spiga di riso". John Batchelor (1854-1944), un missionario inglese, riteneva invece che il nome provenisse dalla parola Ainu fuchi o huchi (fuoco) della divinità del fuoco Kamui Fuchi, tesi contestata però dal linguista giapponese Kyosuke Kindaichi (1882-1971) sotto il profilo dell'evoluzione fonetica. D'altra parte l'esito di alcune ricerche sulla localizzazione dei toponimi contenenti la parola fuji suggerisce che essa appartenga alla lingua Yamato piuttosto che a quella Ainu. Kanji Kagami, un toponomastico giapponese, ha osservato che il nome ha la stessa radice delle parole huji (藤? lett. "glicine") e niji (虹? lett. "arcobaleno"), poi variate in fuji, il cui significato richiamerebbe la tipica forma curvilinea delle pendici del monte.[5][6][7]
Un altro significato possibile deriva invece dalla parola fushimi o fujimi ("sotterraneo"), intesa come "acqua che scorre nel sottosuolo" che si trova in abbondanza nelle zone vicine al monte Fuji e che era indispensabile per la creazione di insediamenti sicuri nel Giappone antico. In antichità era infatti più probabile che i giapponesi dessero nomi propri alle sorgenti d'acqua piuttosto che ai monti. Con il passare del tempo tale zona ricca di sorgenti prese lei stessa il nome di Fuji e la montagna che vi sorgeva fu chiamata Fuji-no-takane (ふじの高嶺? lett. "l'alta vetta del[la zona di] Fuji").[8]
Durante il periodo Marumachi iniziò la produzione di pitture maṇḍala per incoraggiare le persone a compiere i pellegrinaggi al monte HokusaiIn alcuni testi occidentali il Fuji-san è a volte riportato come Fujiyama, poiché il terzo kanji del suo nome, 山, può essere pronunciato anche -yama. Tuttavia questa non è la pronuncia corretta, come dimostra il detto «Fujiyama, geisha!», usato dai giapponesi per indicare il Giappone frainteso dagli occidentali.[9] Il suffisso 山, che significa "montagna", va dunque letto con la pronuncia on'yomi -san, ma non va confuso con i diversi caratteri さ e ん, pure letti -san, utilizzati con riferimento alle persone nel significato di "signore" e "signora".
Altri nomi giapponesi del monte Fuji, ormai obsoleti o aulici, sono Fuji-no-yama (ふじの山? lett. "la montagna del Fuji"), nome utilizzato per la prima volta nel racconto popolare Hitachi no kuni fudoki datato 713 circa,[2] Fuyō-hō (芙蓉峰? lett. "la cima del loto"[10]) e Fu-gaku (富岳 / 富嶽?), il primo carattere di "Fuji" (富士?) e "montagna" (岳?), nome utilizzato, per esempio, nell'opera Trentasei vedute del Monte Fuji.
Il Fuji come simbolo religioso Il santuario di Fujisan Sengen a FujinomiyaLe prime fonti che descrivono il culto legato alla figura del monte Fuji (富士信仰 Fuji-shinkō?) risalgono a prima dell'inizio del periodo Heian (794-1185).[11] Infatti la letteratura e i racconti mitologici di questo periodo narrano di un dio chiamato Miogi-no-Mikoto che, avendo chiesto inutilmente ospitalità per la notte al monte Fuji, fu costretto a cercare un'altra sistemazione presso il monte Tsukuba. In seguito il dio decise di vendicarsi, condannando il Fuji a essere sempre ricoperto di neve e a passare la sua esistenza in isolamento.[11] Nella raccolta di poesie Man'yōshū (seconda metà dell'VIII secolo) si possono trovare invece i primi riferimenti alla montagna in qualità di kami.[12] Infatti il Fuji, essendo stato un vulcano attivo fino al 1708, ha suscitato fin dall'antichità timore e rispetto nei giapponesi finendo per essere venerato come una vera e propria divinità.[11][13] Secondo l'Associazione dei santuari shintoisti in Giappone vi sono più di 1300 jinja dedicati all'adorazione dei kami legati alla montagna.[14] Essi sono chiamati santuari di Asama (浅間神社? una lettura alternativa è "santuari di Sengen"), benché l'origine certa della parola "Asama" sia oggetto di dibattito; si pensa che il suo significato originario possa essere collegato ai vulcani, alle eruzioni vulcaniche o alla presenza di sorgenti d'acqua sulle pendici della montagna stessa.[12][13] La principale divinità è Konohanasakuya-hime, manifestazione ultraterrena della vetta del Fuji. Secondo la tradizione è la figlia di Ōyamatsumi, dio della montagna, e sposa di Ninigi-no-Mikoto, dio del cielo. Per via della sua fedeltà è considerata un modello per le donne giapponesi, adorata come protettrice delle donne in gravidanza e dei navigatori, oltre a essere riconosciuta come la divinità della pesca, dell'agricoltura e della tessitura.[14] Il principale santuario di Asama è il Fujisan Hongū Sengen Taisha, situato nella città di Fujinomiya, prefettura di Shizuoka. Fu fatto costruire da Sakanoue no Tamuramaro nell'anno 806, su ordine dell'imperatore Heizei.[13][14][15] In seguito all'eruzione dell'864 che colpì la regione di Kai (l'attuale prefettura di Yamanashi), il suo governatore si convinse a fondare un ulteriore sito adibito all'adorazione del Fuji nella sua giurisdizione, aumentando così la popolarità del culto.[13][15] Nel corso dei secoli successivi numerose altre istituzioni dedicate al culto del Fuji sorsero non solo in prossimità della montagna, ma anche in altre regioni del Giappone.[13][15]
Un torii presso la sommità del monte FujiDalla fine del periodo Heian il culto shintoista legato al Fuji finì per fondersi alle pratiche e le nozioni della fede buddhista, quando nel 1149 l'asceta di fede Shugendō Matsudai Shōnin (末代上人?) costruì il primo tempio dedicato a Dainichi Nyorai sulla vetta del monte,[11] predicando il credo secondo il quale quest'ultimo si manifestasse sulla montagna in qualità di kami del Fuji.[12][15] Nei successivi due secoli iniziarono le prime ascensioni al monte, considerate un atto di fede indispensabile nella venerazione della divinità. Tuttavia solo dal periodo Muromachi (1336-1573) i pellegrinaggi al monte divennero davvero popolari,[13] grazie soprattutto all'istituzione di numerose confraternite (講 ko?) al capo delle quali vi era la figura dei cosiddetti sendatsu (先達?), praticanti religiosi che facevano da tramite tra i santuari e il monte, e degli oshi (御師?), figure semi-sacerdotali che fungevano da guida durante le scalate. Grazie a queste figure i pellegrini potevano raggiungere la vetta sacra del vulcano, pregare presso i templi dedicati alle divinità del Fuji e abbeverarsi presso le due sorgenti sacre di Kinmei-sui (金明水 lett. "la sorgente dell'acqua dorata"?) e di Ginmei-sui (銀明水? lett. "la sorgente dell'acqua argentata").[15]
Nel periodo Edo (1603-1868) i credi e le pratiche relative al culto del Fuji furono riprese e unificate da Kakugyō (角行?)[16] che, secondo la tradizione, ricevette questo incarico da En no Gyōja (役小角?), leggendario fondatore della fede Shugendō e uno dei primi a compiere l'ascensione al Fuji.[12] In obbedienza alle rivelazioni divine egli dedicò la propria vita al culto della montagna, predicando il credo secondo cui il Fuji era la fonte di nutrimento di tutte le cose, e tramite esso riavvicinare i fedeli e stabilizzare il Paese allora afflitto dalla guerra.[12][16] Questi insegnamenti acquisirono notevole popolarità tra la gente di Edo nei secoli XVIII e XIX, in cui le confraternite raggiunsero il numero di 808.[15] Inoltre la stessa città fu dotata di fujizuka (富士塚?) ovvero colline, sia naturali sia costruite dai fedeli, che fungevano da surrogati del Fuji e quindi adorate allo stesso modo.[15]
Durante il periodo Meiji (1868-1912), con il diffondersi delle idee nativiste della scuola Kokugaku (國學?), si assistette a un'opera di suddivisione e separazione della fede shintoista da quella buddhista (神仏分離 shinbutsu bunri?), suddivisione che comportò l'eliminazione di ogni riferimento ai rituali buddhisti dal culto del monte Fuji. Un ruolo importante in ciò lo ebbe Shishino Nakaba (宍野半?), sommo sacerdote (宮司 gūji?) del santuario Fujisan Sengen di Fujinomiya, che elevò il Fuji a go-shintai (御神体? lett. "sacro corpo del kami"), ovvero oggetti fisici nei quali risiedono i kami.[15] Da ciò Nakaba trasse ispirazione per la creazione di un nuovo movimento chiamato Fusōkyō (扶桑教?), basato sulle idee del Fuji-shinkō e attivo tuttora.[17]
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