Château de Chambord

( Castello di Chambord )

Il castello di Chambord è il più grande dei castelli della Valle della Loira e uno tra i più conosciuti e frequentati. È stato costruito per volontà del re Francesco I a partire dal 1519 nei pressi di una curva del fiume Cosson, corso d'acqua affluente del Beuvron che si getta a sua volta nella Loira. Sorge nel dipartimento del Loir-et-Cher, 14 km a nord-est di Blois e a circa 6 km dalla riva sinistra della Loira.

Il castello fu una delle residenze dei re francesi e costituisce uno degli esempi più significativi di architettura rinascimentale in Francia. Nel 1981 fu iscritto nella lista dei siti patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO, in cui rientra tuttora assieme, a partire dal 2000, a tutta la Valle della Loira. Dal 1840 il castello fa parte dei monumenti storici di Francia e nel 2005 è stato iscritto nel circuito delle Residenze reali europee.

Medioevo

Il sito ospitò sin dal X secolo una residenza fortificata costituita da una motta castrale di proprietà dei conti di Blois.[1][2][3][4] Nel XIV secolo intorno al castello erano presenti una cappella, un forno e dei mulini sul Cosson.[5] Fu proprio il corso d'acqua a dare il nome al villaggio: il toponimo "Chambord" potrebbe derivare infatti dal celtico Cambo ritos, ossia "guado sull'ansa [del Cosson]".[5] Alcuni documenti firmati da Tebaldo VI di Blois e dalla sua vedova Clemenza di Roches, datati tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo, furono sottoscritti proprio a Chambord.[6]

Insieme a tutti i possedimenti dei conti di Blois, il castello passò dalla famiglia Châtillon ai duchi di Orléans nel 1397, per poi essere annesso alla corona di Francia quando Luigi d'Orléans divenne Luigi XII nel 1498; già in quell'epoca il castello non aveva funzioni difensive ed era diventato un semplice casino di caccia.[7][8]

Il regno di Francesco I  Ritratto di Francesco I realizzato da Jean Clouet (1525 circa)

Nel 1516 Francesco I, di ritorno dall'Italia dopo il successo nella battaglia di Marignano, decise di costruire un castello ai margini della zona boscosa di Chambord per celebrare la sua gloria.[9] L'idea del re era di fondare una nuova città, Romorantin, ed edificare una grande residenza basandosi sui canoni della nuova architettura rinascimentale come descritto da Leon Battista Alberti nel trattato De re aedificatoria, fondendo elementi di derivazione italiana a elementi provenienti dalla tradizione francese.[8][10][11]

Il 6 settembre 1519 il re Francesco I diede ordine al suo ciambellano, François de Pontbriand, di stilare una lista delle spese necessarie alla costruzione del castello:[5][12] da allora ebbe inizio l'edificazione del grande palazzo che avrebbe avuto la funzione non di residenza permanente, ma di palazzina di caccia sotto le dipendenze del castello di Blois;[13] il re infatti, grande appassionato di caccia,[3][14] vi avrebbe soggiornato solo per 42 giorni in 32 anni di regno[15][16][17] insieme alla seconda moglie, Eleonora d'Asburgo, e alla favorita, Anne d'Heilly.[18] Questa architettura doveva celebrare il suo costruttore, Francesco I, soprannominato il "principe architetto".[19] Il progetto originale prevedeva solo un mastio dotato di quattro torri circolari agli angoli, che in ogni piano presentava quattro stanze disposte attorno allo scalone centrale.[20] Anche se quasi tutti i documenti originali sulla progettazione del castello sono andati perduti,[21] è possibile che anche Leonardo da Vinci, stabilitosi ad Amboise alla fine del 1516, vi abbia partecipato, così come l'architetto Domenico da Cortona.[8][22][23]

I lavori iniziarono con la demolizione di diversi edifici, tra cui il castello dei conti di Blois e la cappella a esso collegata,[2] e la costruzione delle fondazioni del mastio. Dopo essersi interrotti tra il 1525 e il 1526 a causa di eventi avversi come la sconfitta di Pavia e la prigionia del re a Madrid,[9][24] e dopo aver subito un rallentamento per la mancanza di fondi e la difficoltà a posare le fondazioni[25] (nel 1524 le mura erano a malapena al livello del terreno),[12] i lavori ripresero con delle modifiche che prevedevano l'aggiunta di due ali laterali, di cui una doveva ospitare la residenza del re. Il progetto fu semplificato: lo scalone centrale passò dall'avere quattro rampe ad averne solo due, mentre le gallerie centrali, pensate per rimanere aperte, furono chiuse. In quel periodo lavorarono al cantiere circa 1 800 operai e si susseguirono diversi architetti, come Jacques Sourdeau, che aveva seguito la costruzione del castello di Blois, Pierre Trinqueau, che lavorò al cantiere fino al 1538, Jacques Coqueau e Pierre Nepveu.[8][26][27][28][23][29]

Il mastio venne completato in occasione della visita dell'imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V, che soggiornò al castello tra il 18 e il 19 dicembre 1539 mentre si dirigeva verso la città di Gand con l'intento di punirla per non aver partecipato alle spese di guerra. Il corteo dell'imperatore venne accolto da balletti e lancio di fiori mentre le sale vennero tappezzate di arazzi.[24][30] Carlo V apprezzò il palazzo e lo definì "una sintesi di ciò che può effettuare l'industria umana".[31]

L'ala settentrionale fu completata nel 1544, mentre l'anno successivo vennero aggiunte una galleria esterna sostenuta da arcate e una scala a chiocciola; nel frattempo proseguirono i lavori all'ala meridionale e venne aggiunta una bassa cinta muraria a chiudere il cortile, alla maniera dei castelli medioevali come il castello di Vincennes.[24][29]

Dopo la morte di Francesco I nel 1547, la costruzione dell'ala sud proseguì durante il regno di Enrico II, come si evince dall'emblema "H" scolpito in alcune parti del castello,[9][14][31] per interrompersi con la morte di quest'ultimo nel 1559. Nel 1552 nel palazzo venne firmato il trattato di Chambord tra il re francese e i principi tedeschi che si opponevano a Carlo V.[31][32] Negli anni successivi il castello non fu occupato spesso; nel 1566, sotto il regno di Carlo IX, re amante della caccia,[31] vennero svolti lavori di restauro, ma Chambord era troppo lontano dai luoghi abituali di residenza della corte;[24] inoltre l'edificio, dotato di grandi finestre, sale enormi e soffitti molto alti, era molto difficile da riscaldare ed era caratterizzato da fastidiose correnti d'aria al suo interno.[17] I lunghi soggiorni erano impraticabili anche per la mancanza di un villaggio nelle vicinanze che potesse rifornire di cibo la corte. Anche Enrico III ed Enrico IV non frequentarono il castello e non vi intrapresero alcun lavoro.[14]

XVII secolo e il completamento della costruzione  Arrivo di Luigi XIV a Chambord, anni settanta del XVII secolo, dipinto di Adam Frans van der Meulen

Luigi XIII si recò a Chambord solo due volte: nel 1614, all'età di tredici anni, e nel 1616, insieme alla regina Anna d'Asburgo, di ritorno da Bordeaux.[33] Dal 1639 il castello fu occupato da Gastone d'Orléans, fratello del re, che aveva ricevuto in appannaggio la contea di Blois nel 1626.[34] Egli vi intraprese dei lavori di restauro che si conclusero nel 1642, in particolare l'allestimento di un appartamento, la sistemazione del parco e la bonifica delle paludi circostanti, che permisero di realizzare un piccolo giardino a nord dell'edificio;[35] la cappella rimase tuttavia ancora senza copertura.[24]

 L'appartamento di Luigi XIV

Fu solo con il regno di Luigi XIV che la struttura fu completata: il Re Sole aveva intuito l'importanza del messaggio di ricchezza e potenza costituito da Chambord. Egli affidò i lavori all'architetto Jules Hardouin Mansart, che, tra il 1680 e il 1686, completò l'ala sud, la copertura della cappella e la cinta del cortile, che fu destinata agli alloggi della servitù e fu dotata di un tetto mansardato.[23][24] Nello stesso periodo fu restaurata la copertura del secondo piano, il cui soffitto a cassettoni era stato severamente danneggiato dalle infiltrazioni di acqua piovana provenienti dalla terrazza sovrastante.[36] Luigi XIV soggiornò nove volte al castello, la prima nel 1650 e l'ultima nel 1685.[37][38] Talvolta il re era accompagnato da Molière, che metteva in scena per lui le sue commedie accompagnato dalla musica di Jean-Baptiste Lully e dalle coreografie di Pierre Beauchamp: il 6 ottobre 1669 venne rappresentata la commedia Il signor di Pourceaugnac[39] mentre il 14 ottobre 1670, in occasione della visita di un'ambasceria turca, fu rappresentata la commedia Il borghese gentiluomo.[14][40][41][42]

Luigi XIV fece allestire un appartamento al primo piano del mastio, sulla porzione di nord-ovest che si affaccia sul parco,[31] comprendente un'anticamera, un salone nobiliare e una sala delle parate; a tal fine, furono unite due delle quattro stanze previste dal progetto originale. Il re soggiornò a Chambord insieme a Madame de Maintenon nel 1685; da quando la corte si stabilì a Versailles, tuttavia, le visite del re si fecero sempre più rare. Durante il regno di Luigi XIV ci fu anche la creazione di un giardino alla francese di fronte alla facciata nord e alla facciata est, progettato da Mansart,[35] e fu scavato un canale per farvi scorrere il fiume Cosson:[43][44][45] i lavori iniziarono nel 1684 e videro il rialzamento della zona per mezzo della costruzione di muri di contenimento al fine di evitare il facile allagamento del giardino.[46][47]

XVIII secolo e Rivoluzione francese

Il 10 dicembre 1700 il re di Spagna Filippo V soggiornò a Chambord in compagnia dei duchi di Berry e Borgogna.[43]

Re Luigi XV fece sistemare nel castello suo suocero Stanislao Leszczyński, re detronizzato di Polonia, tra il 1725 e il 1733.[14][42] Negli anni 1729 e 1730 il compositore Louis Homet fu al suo servizio come musicista di corte.[48] Su richiesta di Leszczyński, che lamentava l'insalubrità della zona dovuta alla presenza di paludi, dal 1730 furono ripresi i lavori ai giardini iniziati cinquant'anni prima: furono costruiti dei ponti, tra cui quello che consentiva di raggiungere il giardino, e delle dighe; le pareti della terrazza artificiale furono rialzate; fu pulito e allargato il letto del Cosson.[46] Il 25 agosto 1733 Stanislao Leszczyński e sua moglie lasciarono Chambord per raggiungere i ducati di Lorena e di Bar, che gli erano stati assegnati.[49] Subito dopo la loro partenza furono piantumati castagni, bossi e aranci a formare un giardino alla francese.[35]

Il castello rimase disabitato per dodici anni; nel 1745 Luigi XV lo donò a Maurizio di Sassonia,[50] che ne divenne governatore a vita, con un reddito di 40 000 lire.[51] Egli fece costruire delle baracche per il suo reggimento in cui si trasferirono soldati Polacchi, Ungheresi, Turchi, Tartari e persino coloniali della Martinica[50] e risiedette nel palazzo dal 1748 al 1750, anno in cui morì.[52][53] Il generale eseguì una sistemazione del giardino, facendovi piantare degli alberi di agrumi e facendovi contornare i vialetti da siepi,[27][46] e fece progettare un teatro di corte dall'architetto Giovanni Niccolò Servandoni.[54] Durante la sua permanenza il reggimento montava la guardia quotidianamente e venivano eseguite esercitazioni militari a cavallo.[55] Dopo la sua morte i cannoni del castello spararono per sei giorni una salva ogni quarto d'ora in segno di lutto.[50]

Dopo la morte di Maurizio di Sassonia, il complesso fu abitato solo dai suoi governatori. August Heinrich von Friesen, nipote del maresciallo di Sassonia,[56] morì nel castello nel 1755;[57] gli successe il marchese di Saumery fino al 1779, quindi il marchese di Polignac, che fu cacciato durante la Rivoluzione nel 1790.[14][27]

Durante la Rivoluzione, gli abitanti dei villaggi vicini saccheggiarono il parco e il palazzo. Gli animali di grossa taglia furono abbattuti e gli alberi vennero tagliati o distrutti dalle mandrie al pascolo nel parco mentre il giardino non fu più curato;[47] una parte del fossato, prosciugato, fu trasformata in un orto.[46] La situazione era talmente grave che nel maggio 1790 fu inviato un distaccamento di un reggimento di cavalleria per fermare i saccheggi, e successivamente, nel 1791, fu mandato un distaccamento del 32º reggimento di fanteria per ristabilire l'ordine. Tra ottobre e novembre 1792 il governo rivoluzionario mise in vendita i mobili che non erano stati rubati, compresi la carta da parati e i pavimenti, mentre le tappezzerie furono smembrate per recuperarne fili d'oro e di argento;[27] per riscaldare le stanze durante le vendite furono bruciate le porte intarsiate.[58] Parallelamente alle aste proseguivano i saccheggi notturni; un inventario redatto il 29 pratile dell'anno IV (17 giugno 1796) conferma la situazione di degrado, ma nonostante tutto il monumento sfuggì alla distruzione.[59]

Età napoleonica e Restaurazione  Fotografia del 1851 che ritrae una scala d'angolo del castello

Il 13 messidoro dell'anno X (2 luglio 1802), Napoleone Bonaparte assegnò il castello alla quindicesima coorte della Legion d'onore al comando del generale Pierre Augereau;[27] egli tuttavia si recò a Chambord solamente due anni dopo e lo trovò devastato dai saccheggi e in uno stato di abbandono. Fece chiudere il parco al pubblico, riparando le recinzioni, nonostante le proteste della popolazione.

Sotto il primo Impero, nel 1805, Napoleone decise di istituire presso il castello un istituto di educazione per le figlie dei titolari della Legion d'Onore,[27] ma il progetto non ebbe seguito. Nel 1809 il complesso fu ceduto dalla Legion d'Onore allo Stato;[27] il possedimento, innalzato a principato di Wagram, fu così assegnato al generale Louis Alexandre Berthier, principe di Neuchâtel, come ricompensa per i suoi servizi, con una rendita di 500 000 franchi.[27][50][60] Berthier, che aveva il compito di sistemare il castello in cinque anni,[14] si recò a Chambord solo una volta nel 1810 per una battuta di caccia; egli intraprese comunque una ristrutturazione del palazzo e delle adiacenze, traendo un vantaggio economico dalla vendita del legname proveniente dall'abbattimento degli alberi del parco.[27] Alla sua morte, nel 1815, il palazzo fu ereditato dalla vedova del generale, che decise di venderlo non essendo in grado di sostenere le spese per la sua gestione.[14][27]

 Incisione raffigurante la facciata nord del castello nel 1860

Nel 1821 il castello fu acquistato con una sottoscrizione nazionale e donato al pronipote di Luigi XVIII, Enrico di Borbone, duca di Bordeaux, che aveva solamente un anno e che ricevette pertanto il titolo di conte di Chambord.[9][27] Con la rivoluzione del 1830 Carlo X e i membri della famiglia reale, tra cui suo nipote Enrico, furono esiliati. Il conte di Chambord fu tenuto lontano dalla Francia da tutti i successivi regimi, ma continuò a interessarsi alla manutenzione del palazzo e del parco. Fece amministrare il possedimento da un suo delegato e finanziò importanti campagne di restauro degli edifici e del parco; fece anche aprire il castello al pubblico.[45] Nonostante il giardino fosse molto più semplice che nel Settecento, avendo solo aiuole, vialetti con ghiaia e filari di alberi, fu affidato un progetto completo di riqualificazione al paesaggista Achille Duchêne, che però venne abbandonato.[46]

Durante la guerra franco-prussiana il castello fu utilizzato come ospedale militare e nel 1871 fu abitato per breve tempo dal conte di Chambord, che da quella residenza inviò un messaggio ai francesi chiedendo il ripristino della monarchia.[45] Quando egli morì, nel 1883, il complesso fu ereditato dagli ex-duchi di Parma e Piacenza, suoi nipoti:[45] Roberto I e suo fratello Enrico, conte di Bardi. Alla morte di Roberto I nel 1907, la proprietà fu ereditata da suo figlio Elia.[61]

Dal XX secolo a oggi  Fotografia del 1919, in cui si può ancora vedere la mansarda che sovrasta la cinta del cortile, successivamente rimossa

Dopo essere stata confiscata durante la prima guerra mondiale, la tenuta di Chambord fu acquistata il 13 aprile 1930 dallo Stato francese per undici milioni di franchi.[42][61] Lo Stato fece rimuovere il tetto a mansarda che copriva la cinta del cortile con l'intento di riportare l'edificio il più possibile vicino allo stato in cui si presentava nel Rinascimento. La gestione del castello fu condivisa tra l'Amministrazione delle proprietà, l'Ufficio nazionale delle acque e delle foreste e l'Ispettorato dei monumenti storici. Questa decisione fu confermata dopo la seconda guerra mondiale, il 19 luglio 1947.[62]

All'inizio della seconda guerra mondiale, Chambord divenne il centro di smistamento delle opere d'arte provenienti dai musei di Parigi e del nord della Francia, che dovevano essere spostati per proteggerli dai bombardamenti tedeschi. Alcune opere, come la Gioconda, rimasero nel castello solo pochi mesi, mentre altri rimasero a Chambord per tutta la durata della guerra.[63] Il primo convoglio di opere d'arte, comprendente il famoso dipinto di Leonardo da Vinci, partì dal Louvre il 28 agosto 1939,[64] seguito da altri 37 convogli per un totale di oltre 3 690 dipinti; in seguito le opere furono spostate più a sud, come nel castello di Saint-Blancard, dove tra le altre furono conservate le antichità di epoca egizia.[65][66][67][68]

 Vista del castello dall'alto

Dopo essere scampato ai bombardamenti, allo schianto di un bombardiere americano nel 1944[69] e all'incendio del 7 luglio 1945 che distrusse il tetto dell'ala meridionale, e dopo il ritorno a Parigi delle opere del Louvre, iniziò per Chambord un importante restauro iniziato nel 1950 e durato quasi trent'anni sotto la direzione dell'architetto Michel Ranjard e, dal 1974, di Pierre Lebouteux. Sulla sommità della cinta del cortile nel 1950 fu realizzata una balaustra in pietra; tra il 1950 e il 1952 fu ricostruito il tetto distrutto dall'incendio; tra il 1957 e il 1960 fu restaurata la torre della cappella; nel 1960 fu risistemato l'appartamento di Francesco I; nel 1962 furono ristrutturate le officine, che contengono le preziose carrozze del conte di Chambord, costruite nel 1871 da Hermès, con le quali il nobiluomo avrebbe voluto fare il suo ingresso a Parigi da re.[50] Il canale nel parco fu riaperto nel 1972 e furono sgomberati e riempiti i fossati; nel 1970 furono rimossi dal giardino gli alberi ad alto fusto per lasciare spazio a delle distese erbose.[46]

Nel 1981 l'area è stata inserita nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.[70] Nel 1994, sotto la direzione di Patrick Ponsot, ripresero i lavori per la sistemazione delle terrazze, delle volte e dello scalone.[71] Dal 30 maggio 1952 si svolgono a Chambord degli spettacoli di musica e luci chiamati Son et lumière.[72]

 I giardini alla francese, dopo i restauri nel 2016-2017

Dopo una piena del Cosson che aveva interessato l'area,[73] da agosto 2016 a marzo 2017 sono stati restaurati i giardini alla francese che si sviluppano a nord-est dell'edificio.[44] Questi giardini, commissionati da Luigi XIV e completati durante il regno di Luigi XV, erano gradualmente scomparsi nel tempo e sono stati realizzati grazie al patrocinio dell'americano Stephen A. Schwarzman, fondatore del fondo di investimento Blackstone Group,[46] dopo una lunga ricerca archivistica e archeologica svolta dalla Scuola di paesaggistica di Versailles per ricostruire la loro disposizione originale.[35][44]

Nel 2019 il castello di Chambord, con un totale di più di 1 300 000 ingressi, ha fatto registrare un record di visite turistiche, con un incremento dell'11,1% sull'anno precedente.[74]

^ Bryant et al., p. 3. ^ a b Bouchet, p. 20. ^ a b Breton, p. 552. ^ (FR) Château fort, su pop.culture.gouv.fr. URL consultato il 19 settembre 2020 (archiviato il 14 dicembre 2020). ^ a b c De Buzon, p. 5. ^ De La Saussaye, Chambord, p. 37. ^ De La Saussaye, Blois, pp. 294-295. ^ a b c d Fabbri, p. 23. ^ a b c d Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore GV147 ^ De Lajarte, p. 332. ^ Chastel, p. 106. ^ a b Heydenreich, p. 282. ^ Yarwood, p. 323. ^ a b c d e f g h Cosmorama pittorico, p. 338. ^ Terrasse, p. 216. ^ Erlande-Brandenburg, p. 60. ^ a b Francia settentrionale e centrale, p. 356. ^ Fabbri, p. 30. ^ Chatenet, p. 35. ^ Erlande-Brandenburg, p. 65. ^ Tessier, p. 179. ^ Reymond, pp. 437-460. ^ a b c Enciclopedia Italiana. ^ a b c d e f Bryant et al., p. 1. ^ Tanaka, pp. 92-93. ^ Bouchet, p. 21. ^ a b c d e f g h i j k Arrivabene, p. 24. ^ De Buzon, p. 3. ^ a b (FR) Chambord, su universalis.fr. URL consultato il 2 novembre 2020 (archiviato il 14 dicembre 2020). ^ Chatenet, p. 59. ^ a b c d e Fabbri, p. 32. ^ Imbart de La Tour, p. 384. ^ De La Saussaye, Blois, p. 74. ^ Bouyer, p. 172. ^ a b c d (FR) Bruno Chauffert-Yvart, La renaissance des jardins de Chambord, su anabf.org. URL consultato il 27 settembre 2020 (archiviato il 14 dicembre 2020). ^ Bryant et al., pp. 9-10. ^ Loiseleur, p. 366. ^ Chirol, p. 53. ^ Molière, Monsieur de Pourceaugnac. ^ Molière, Le bourgeois-gentilhomme. ^ Chatenet, p. 154. ^ a b c Enciclopedia Britannica, Chambord. ^ a b Bouchet, p. 33. ^ a b c I giardini alla francese, su chambord.org. URL consultato il 1º novembre 2020 (archiviato il 14 dicembre 2020). ^ a b c d Il castello, su chambord.org. URL consultato il 1º novembre 2020 (archiviato il 14 dicembre 2020). ^ a b c d e f g (FR) Chambord. Les jardins à la française (PDF), su cdn1.chambord.org, 17 febbraio 2017. URL consultato il 23 settembre 2020 (archiviato il 4 novembre 2018). ^ a b Celeux-Lanval. ^ Turellier, pp. 5-13. ^ Bouchet, pp. 33-34. ^ a b c d e Fabbri, p. 33. ^ Néel, p. 90. ^ Bouchet, p. 34. ^ Néel, p. 186. ^ Milizia, p. 343. ^ Néel, p. 183. ^ Néel, p. 191. ^ Bouchet, p. 36. ^ De La Saussaye, Chambord, p. 67. ^ Chatenet, p. 193. ^ Giornale italiano, p. 1128. ^ a b Guida Verde, p. 148. ^ Chatenet, p. 198. ^ Chambord - Dossier di presentazione (PDF), 2018, p. 5. URL consultato il 17 febbraio 2021. ^ Mazauric, p. 23. ^ (FR) Le Louvre pendant la Guerre, regards photographiques 1938-1947. Dossier de presse (PDF), su louvre.fr. URL consultato il 23 settembre 2020 (archiviato il 24 aprile 2018). ^ (FR) Un brin d'Historie, su crf-st-blancard.com. URL consultato il 23 settembre 2020 (archiviato il 14 dicembre 2020). ^ (FR) Alexis Jakubowicz, Quand le Louvre était occupé, in Libération, 30 giugno 2009. URL consultato il 23 settembre 2020 (archiviato il 14 dicembre 2020). ^ (FR) Pierre-Jean Pyrda, Auch. Œuvres d'art spoliées par les Nazis: le débat rebondit dans le Gers, in La Dépêche du Midi, 13 marzo 2014. URL consultato il 23 settembre 2020 (archiviato il 14 dicembre 2020). ^ (FR) Liberator 22 juin 1944, su aerosteles.net. URL consultato il 23 settembre 2020 (archiviato il 14 dicembre 2020). ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore UNESCO ^ (FR) Patrick Ponsot, su compagnie-acmh.fr. URL consultato il 17 febbraio 2021. ^ (FR) Cécile Urbain, Pleins feux à Chambord, in Le Monde, 7 agosto 2008. ^ (FR) Audrey Capitaine, Inondations en Loir-et-Cher: quand Chambord devint une île, in La Nouvelle République du Centre-Ouest, 2 giugno 2016. URL consultato il 23 settembre 2020 (archiviato il 14 dicembre 2020). ^ (FR) Repères 2019 (PDF), su val-de-loire-41.com. URL consultato il 29 settembre 2020 (archiviato il 25 settembre 2020).
Fotografie di:
Zones
Statistics: Position
242
Statistics: Rank
277712

Aggiungi un commento

Questa domanda è un test per verificare che tu sia un visitatore umano e per impedire inserimenti di spam automatici.

Sicurezza
128739564Fai clic/tocca questa sequenza: :codice

Google street view

Dove puoi dormire vicino Castello di Chambord ?

Booking.com
490.009 visite in totale, 9.198 Punti di interesse, 404 Destinazioni, 58 visite oggi.