Contesto di Serbia

La Serbia (in serbo: Србија?), ufficialmente Repubblica di Serbia (in serbo: Република Србија?, traslitterato: Republika Srbija), è uno Stato dell'Europa sudorientale senza sbocco sul mare, compreso tra il bassopiano pannonico e la penisola balcanica.

Confina con l'Ungheria, la Romania, la Bulgaria, la Macedonia del Nord, il Montenegro, la Bosnia ed Erzegovina, de facto il Kosovo e la Croazia, conta circa 7 milioni di abitanti e la sua capitale è Belgrado.

La Repubblica di Serbia fu parte della Jugoslavia fino al 1992, successivamente ridotta alla sola unione statale di Serbia e Montenegro ma, in seguito al referendum del 21 maggio 2006, il Montenegro ha votato per l'indipendenza, la federazione è stata sciolta e la Serbia (così come il Montenegro) è divenuta uno stato sovrano. ...Leggi tutto

La Serbia (in serbo: Србија?), ufficialmente Repubblica di Serbia (in serbo: Република Србија?, traslitterato: Republika Srbija), è uno Stato dell'Europa sudorientale senza sbocco sul mare, compreso tra il bassopiano pannonico e la penisola balcanica.

Confina con l'Ungheria, la Romania, la Bulgaria, la Macedonia del Nord, il Montenegro, la Bosnia ed Erzegovina, de facto il Kosovo e la Croazia, conta circa 7 milioni di abitanti e la sua capitale è Belgrado.

La Repubblica di Serbia fu parte della Jugoslavia fino al 1992, successivamente ridotta alla sola unione statale di Serbia e Montenegro ma, in seguito al referendum del 21 maggio 2006, il Montenegro ha votato per l'indipendenza, la federazione è stata sciolta e la Serbia (così come il Montenegro) è divenuta uno stato sovrano.

Di più Serbia

Informazioni di base
  • Moneta Dinaro serbo
  • Nome originale Србија
  • Prefisso telefonico +381
  • Dominio Internet .rs
  • Mains voltage 230V/50Hz
  • Democracy index 6.22
Population, Area & Driving side
  • Popolazione 6647003
  • La zona 88361
  • Lato guida right
Cronologia
  •   Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Serbia.
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      Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Serbia.
     Migrazione dei serboi nel VII secolo secondo alcune interpretazioni del De administrando imperio: in giallo l'area di origine dei Serboi, in verde l'area di occupata dai Sorbs e i rosso l'area dove si stabilirono i Serbi.

    L'etnogenesi dei Serbi moderni è iniziata a partire dai secoli VI e VII[1][2], in seguito alla discesa di popolazioni slave in territori che erano ormai solo nominalmente province bizantine. Il loro insediamento fu favorito prima dall'invasione tra il 540 e il 562 dell'Armenia e della Siria da parte dei persiani Sasanidi, poi dalla guerra romano-persiana del 572-591 e dalla guerra romano-persiana del 602-628, che costrinsero l'impero bizantino a impegnare gran parte delle forze militari sul fronte orientale[3].

    Medioevo  Monastero ortodosso di Đurđevi Stupovi, a 7 chilometri dalla città di Novi Pazar, nella Serbia centrale, chiaro esempio dello stile serbo-bizantino (Patrimonio dell'Umanità)

    Il De administrando imperio riporta che popolazioni slave provenienti dalla Serbia bianca (corrispondente in massima parte all'attuale alta Lusazia)[4], dopo aver aiutato l'imperatore Eraclio I a respingere gli Avari attorno al 629,[5] ottennero l'autorizzazione formale a insediarsi nella Tessaglia, per poi migrare più a nord. Lo stesso imperatore costituì alcuni principati, tra cui il principato di Zeta, quali stati-cuscinetto da contrapporre alle ulteriori scorrerie degli Avari in territorio bizantino. Altro importante centro di aggregazione fu la fortezza di Ras, in latino Arsa, da cui deriva il nome di Raška, un'organizzazione statale che, nelle fonti occidentali del XII secolo era un esonimo per Serbia[6].

    Nel 1170, Stefan Nemanja, grande zupano (veliki župan) di Raška, che aveva preso il potere nel 1166 dopo la battaglia di Zvečan detronizzando ed esiliando i fratelli rivali, riuscì ad estendere il suo dominio su tutte le tribù serbe e sulla regione di Zeta (l'attuale Montenegro). All'epoca del passaggio della terza crociata, capeggiata da Federico Barbarossa, Stefano Nemanja tentò di assicurarsi l'appoggio dei crociati; si incontrò perfino con il Barbarossa a Niš, nel 1189, e poi di nuovo l'anno seguente, ottenendo così dall'imperatore di Bisanzio, Isacco II Angelo, il riconoscimento dell'indipendenza della Serbia. Dopo aver abdicato a favore del suo secondo figlio Stefano II detto Prvovenčani (1196-1227) ed avergli ceduto la corona di principe di Rascia (al primogenito Vukan II era stato affidato invece il Principato di Zeta), Stefano Nemanja si ritirò inizialmente nel monastero di Studenica e in seguito in quello di Vatopedi sul monte Athos, dove si trovava già un altro dei suoi figli, Rastko, il figlio minore, più noto con il nome di Sava. Stefan I riuscì, con difficoltà, a conservare l'indipendenza della Serbia, sia nei confronti dell'Impero latino di Costantinopoli, formatosi dopo la quarta crociata, sia dall'Impero bizantino, ricostituito a Nicea. Stefano II si alleò con Roma e la Repubblica di Venezia, sposando Anna Dandolo, nipote del doge Enrico Dandolo. Gli emissari di Papa Onorio III incoronarono Stefano II re di Serbia in nome del pontefice con l'auspicio di riunire la Chiesa serba con quella latina. Nel 1219 Stefano II fu incoronato nuovamente anche da suo fratello Sava, riconosciuto come metropolita della Chiesa serba diventata indipendente. Stefano I fu il vero fondatore della monarchia serba a vantaggio della dinastia dei Nemanjic. Alla sua morte, nel 1228, la Serbia completò la propria riorganizzazione attorno alla Raška, che divenne il centro di maggiore importanza durante il regno dei figli di Stefano II: Radoslav (1227-1233), Vladislav (1233-1243) e Uroš I (1243-1276). La dinastia dei Nemanjic era riuscita a tenere la Serbia distante dalle crisi che all'epoca devastavano i Balcani e a mantenere il Principato indipendente.

    Durante il regno di Stefano VI Uroš II (1282-1321) e di Stefano VII Uroš III (1321-1331), la Serbia estese il suo potere in Macedonia e in Bulgaria, ma fu con Stefan IX Uroš IV Dušan (1331-1355) che essa conobbe il suo apogeo e il massimo fiorire della sua civiltà. Stefano IX Uroš IV Dušan regnava all'epoca su di un "impero" che comprendeva la Rascia, la Zeta, la Macedonia, l'Albania e la Tessaglia, per giungere infine al golfo di Corinto.

    Fu allora che la Serbia si rese definitivamente indipendente dalla tutela del patriarca di Costantinopoli e, nel 1346, l'arcivescovo di Peć fu elevato al rango di "patriarca di tutti i serbi". Da quel momento fino ad oggi il patriarca di Peć sarà eletto da soli vescovi serbi. D'altronde fu proprio questo patriarca ad incoronare nello stesso anno, a Üskub (Skopje), Stefano IX Uroš IV Dušan col titolo di "Imperatore dei Serbi e dei Greci". La tradizione ha fatto di Stefano Dušan il "Carlo Magno della Serbia".

    La dominazione ottomana  Sinagoga di Novi Sad Battaglia della Piana dei Merli

    Con la sconfitta avvenuta il 15 giugno 1389, quando il principe ottomano Murad I sbaragliò l'esercito cristiano guidato dal principe serbo Stefan Lazar Hrebeljanović chiamato anche Knez Lazar, nella storica battaglia della Piana dei Merli (odierna Kosovo Polje), e i successivi scontri nel nord del paese, per la Serbia iniziò un lungo periodo di dominazione ottomana (1459-1804). Le terre dei serbi diventarono proprietà del sultano che le trasformò in feudi militari ereditari o attribuiti a vita a funzionari turchi.

    Come era avvenuto già in Bulgaria e in Albania, i contadini serbi diventarono fittavoli (chi affitta terreni coltivabili) degli occupanti turchi e tutte le famiglie serbe dovettero rifornire periodicamente l'esercito di reclute per il corpo dei Giannizzeri. Nel 1557 le relazioni tra i Serbi e gli ottomani migliorarono, soprattutto dopo che il Gran Visir di origine serba Mehmed-paša Sokolović (Sokollu Mehmed Pascià) ristabilì il Patriarcato serbo nella sua sede originaria a monastero patriarcale di Peć, permettendo di includere tutti i serbi dell'Impero. La Chiesa ortodossa serba diventò a quel punto l'anima della resistenza e unica custode delle tradizioni statali, della lingua e della cultura serba. Venne avviata anche la ricostruzione di alcuni monasteri. Tuttavia i buoni rapporti non durarono a lungo; dopo il fallimento della rivolta serba del 1688-1690, migliaia di serbi guidati dal Patriarca di Peć[7] Arsenije III dovettero rifugiarsi in Ungheria, dove il re Leopoldo I concesse loro terre e privilegi: questa fu l'origine della presenza di popolazione serba nelle provincie meridionali dell'Ungheria. Per rappresaglia, i turchi soppressero il Patriarcato di Peć e il clero serbo rimasto in patria venne annesso alla chiesa ortodossa greca.

    La Serbia, con l'inizio del XIX secolo, sostenuta anche dall'Impero russo, cercò di aumentare la sua autonomia rispetto all'Impero ottomano strutturandosi nel semi-indipendente Principato di Serbia (1815) che si caratterizzò con una lotta interna fra le due dinastie più potenti del Paese, gli Obrenović e i Karađorđević. Il risveglio dei serbi di Serbia non fu solamente politico ma anche intellettuale. L'insegnamento compì sensibili progressi: nel 1835, secondo i dati dell'epoca, vi erano in Serbia 60 scuole elementari e nessun istituto superiore; nel 1859, il numero delle scuole elementari era arrivato a 352, di cui 15 riservate alle ragazze, alle quali bisogna aggiungere l'istituto di istruzione superiore di Belgrado, aperto nel 1855. Tuttavia i serbi di Serbia erano nettamente in ritardo in questo campo rispetto a coloro che vivevano nell'Impero asburgico.

    Dall'indipendenza alla guerra mondiale  Pietro I Karađorđević

    Nel 1878 il congresso di Berlino riconobbe l'indipendenza della Serbia e del vicino Montenegro. All'indomani del congresso di Berlino, in cui venne ufficialmente riconosciuta come Stato sovrano, la Serbia rimaneva un piccolo paese con poco più di 50000 km quadrati, con strutture arcaiche e una popolazione di poco inferiore ai 2 milioni di abitanti. Senza accesso al mare, priva di ferrovie, la Serbia era costituita da un'immensa società contadina di piccoli e medi proprietari, le cui attività principali consistevano nella coltivazione dei cereali, nell'arboricoltura e nell'allevamento di maiali. Le poche industrie manifatturiere erano specializzate nella trasformazione di prodotti agricoli. La sola città importante all'epoca era Belgrado, la capitale, con circa 30000 abitanti.

    I due Stati parteciparono alle guerre balcaniche (1912-1913) contro Turchia prima e Bulgaria poi, uscendone rafforzati e ampliati territorialmente. Il progetto di una possibile unificazione dei due Regni fu bloccato però dall'Austria-Ungheria. Le relazioni tra il Regno di Serbia e la Duplice Monarchia andarono peggiorando, il governo serbo in particolare fece una propaganda fortemente anti austriaca, per cercare di minare gli equilibri che tenevano assieme uno stato così multietnico come l'Austria-Ungheria e per cercare di affermarsi come il principale stato che potesse fornire agli sloveni e croati della monarchia asburgica l'indipendenza; per fare ciò la Serbia era disposta anche a trascinare l'Impero Austro Ungarico in una guerra distruttiva. Nel 1914 l'erede al trono asburgico visitò la città di Sarajevo proprio nel giorno di Vidovdan, una delle ricorrenze più sentite dal popolo serbo. Francesco Ferdinando sosteneva l'idea della trasformazione dell'impero, da duplice a triplice monarchia, comprendente dunque un terzo stato formato dai territori slavi della monarchia asburgica, cosa che avrebbe minacciato le idee espansionistiche serbe. Il 28 giugno del 1914 un giovane serbo-bosniaco di nome Gavrilo Princip, sospettato di appartenere alle schiere dell'organizzazione chiamata Crna ruka ("mano nera"), assassinò l'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo.

    L'Austria-Ungheria decise di sfruttare l'occasione per muovere guerra alla Serbia, dopo aver spedito al governo serbo una lista di 'condizioni', tra le quali la possibilità per i militari austro-ungarici di circolare in territorio serbo senza dover rendere conto alle autorità serbe. Il Regno di Serbia, che pure aveva accettato le altre condizioni, si rifiutò categoricamente di accettare quest'ultima e ciò rese inevitabile che il conflitto localizzato diede inizio alla prima guerra mondiale dopo che Russia, Francia e Gran Bretagna si schierarono con la Serbia.

    La prima Jugoslavia

    Circondati dalle truppe nemiche austro-ungariche tedesche e bulgare, che avevano avviato l’offensiva nell’agosto del 1915, l'esercito serbo fu costretto a fuggire dal suo territorio e a cercare la salvezza, raggiungendo la costa albanese che era presidiata dalle navi italiane. l'Italia era infatti alleata della Serbia. Durante la fuga morirono molti uomini per il freddo e per le epidemie (tifo e colera si svilupparono rapidamente). A Durazzo giunsero centomila uomini, soldati e profughi civili, mentre altri cinquantamila arrivarono a San Giovanni di Medua. Con loro anche dei prigionieri austriaci, che erano stati catturati nei precedenti combattimenti (trasferiti poi all’Asinara, in Sardegna). Gli italiani avevano creato campi di assistenza sul territorio albanese, uno a Valona e l’altro a Durazzo, con ospedali, alloggi e magazzini, prima di avviare le numerose operazioni di trasbordo dei profughi con unità navali mercantili, scortate da navi militari, che facevano la spola tra la costa orientale e occidentale del mare Adriatico, utilizzando il porto di Brindisi come base logistica e stazione sanitaria marittima. Una buona parte dello sconfitto esercito serbo e lo stato maggiore al completo trovarono quindi rifugio a Brindisi, nel 1916.

    Dopo la conclusione della prima guerra mondiale, la Serbia, che era stata impegnata in guerra dalla fine del luglio 1914 e aveva subito molte perdite umane, paragonabili a quelli delle potenze occidentali, uscì ingrandita nei territori, grazie all'acquisizione della Vojvodina. In seguito alla Conferenza di pace di Parigi del 1919 diventò parte del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni che, dal 1929, divenne Regno di Jugoslavia sotto la dinastia dei Karađorđević.

    La Serbia nella seconda guerra mondiale

    Durante la seconda guerra mondiale, a seguito dello smembramento del Regno di Jugoslavia, la Serbia divenne uno Stato fantoccio della Germania nazista, affidato da Hitler al generale Milan Nedić, lo stesso che nel 1918 fece firmare la resa agli Imperi Centrali, in modo simile al generale Pétain in Francia, ed al nazista serbo Dimitrije Ljotić. Il Governo filonazista di Nedić collaborò pienamente con la Germania sino alla liberazione congiunta della capitale da parte dell'Armata Rossa e dei partigiani jugoslavi nell'ottobre 1944.

    Il maresciallo Tito, che era a capo del movimento comunista della Resistenza jugoslava, dopo un periodo trascorso all'isola di Lissa, dove risiedeva sotto protezione inglese, si trasferì a Belgrado, dove, per rendersi accettabile alla città ostile al comunismo, concedette ampie amnistie ai collaborazionisti, integrando molti di loro nell'Armata Popolare di Liberazione, e perseguitò aspramente gli oppositori fino a costringerli alla resa. Alla famiglia reale dei Karađorđević venne inoltre impedito di rientrare in Jugoslavia.

    La Serbia nella Jugoslavia socialista di Tito
      Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.
     Bandiera della Repubblica Socialista di Serbia.

    Dopo la seconda guerra mondiale la Serbia divenne una delle sei Repubbliche della Jugoslavia (1945-1991) insieme a Bosnia-Erzegovina, Croazia, Montenegro, Macedonia e Slovenia. Nei due decenni successivi al secondo conflitto mondiale la Jugoslavia fu ricostruita e il tenore di vita dei cittadini jugoslavi aumentò considerevolmente.

     Tito, presidente jugoslavo dal 1953 al 1980

    La nuova via dei comunisti jugoslavi venne chiamata autogestione (самоуправљање / samoupravljanje) con i lavoratori che controllavano le fabbriche e la produzione. De facto però ogni aspetto della vita politica, sociale ed economica era regolato dal potente partito comunista jugoslavo, l'autogestione era solo simbolica e l'economia gestita a livello centrale, un metodo che sarebbe fallito. La questione nazionale venne considerata risolta per sempre con il federalismo e con il dogma Братство и једниство / Bratstvo i jedinstvo (Fratellanza e Unità). Un altro esperimento tipicamente jugoslavo fu la politica estera indipendente, in collaborazione con i paesi del Terzo Mondo attraverso il Movimento dei non allineati. La Jugoslavia infatti non ha mai fatto parte della NATO o del Patto di Varsavia. Con la costituzione del 1974 in Jugoslavia venne creato uno dei sistemi burocratici più complessi mai visti. Le sei repubbliche divennero stati quasi indipendenti e l'unità del paese si reggeva ormai solo sul Partito Comunista, sull'esercito e sulla figura di Tito. Non molto tempo dopo la morte del maresciallo, avvenuta il 4 maggio 1980, i nazionalismi e i particolarismi etnici e religiosi si risvegliarono, acuiti dalla crisi economica che aveva colpito il paese. In Serbia ciò avvenne con l'ascesa al potere di Slobodan Milošević, in Croazia con la fondazione dell'Unione Democratica Croata di Franjo Tuđman e l'aria di secessione invase ben presto il territorio jugoslavo.

    La dissoluzione della Jugoslavia
      Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre jugoslave.
     La Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia.

    La struttura statale della Jugoslavia si bloccò definitivamente agli inizi degli anni 90, con l'ennesima crisi nella provincia del Kosovo, a maggioranza albanese, che chiedeva apertamente la definitiva indipendenza dalla Serbia. Di questo clima di tensione si servì abilmente Slobodan Milošević che riuscì ad apparire come l'unico in grado di riportare finalmente l'ordine in Serbia. Slobodan Milošević poté contare fin da subito sull'appoggio di diversi seguaci di peso e nel 1987 assunse il completo controllo del Partito Comunista Serbo e, indirettamente, della Serbia stessa. Negli anni seguenti si servì costantemente della retorica populista e nazionalista e del potere derivatogli dal suo partito per togliere di mezzo le dirigenze delle due regioni autonome, specialmente del Kosovo, nonché per tutelare le minoranze di etnia serba presenti in Bosnia e soprattutto in Croazia, portando ad un rapido deterioramento dei rapporti con le altre repubbliche della federazione jugoslava; Slobodan fu accusato di crimini contro l'umanità per le operazioni di pulizia etnica dell'esercito jugoslavo contro i musulmani in Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Kosovo ma il processo a suo carico presso il Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia (Tpi) si estinse nel 2006 per sopraggiunta morte prima che venisse emessa la sentenza. Il nazionalismo imperante sfociò in conflitti secessionisti e in guerre civili che coinvolsero diversi territori appartenenti alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia tra il 1991 e il 1995, causandone la dissoluzione.

    Ricostituzione come Stato indipendente
      Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica di Serbia (1990-2006).
     Il territorio della Repubblica Federale di Jugoslavia (1992-2003) prima e dell'Unione Statale di Serbia e Montenegro (2003-2006) poi; è evidenziata la regione secessionista del Kosovo

    Nel 1990 dopo il referendum costituzionale la Serbia assunse la denominazione di Repubblica di Serbia (Република Србија - Republika Srbija) che mantenne anche nel 1992, quando, in seguito alla ormai definitiva disgregazione della Jugoslavia di Tito e allo scoppio delle guerre jugoslave, insieme al Montenegro diede vita a un nuovo stato federale che prese il nome di Repubblica Federale di Jugoslavia (1992-2003) che a sua volta dal 2003 avrebbe preso il nome di Unione Statale di Serbia e Montenegro dopo che nel 2002 il governo federale della SRJ ebbe approvato una ristrutturazione della federazione nel tentativo di scongiurare l'indipendenza del Montenegro.

    La ristrutturazione della federazione non diede i risultati sperati. Dopo questo ennesimo fallimento, nel 2006 il governo montenegrino decise di indire un referendum per l'indipendenza a seguito del quale la federazione venne sciolta consensualmente.[8]

    La Repubblica di Serbia pertanto si ricostituì di nuovo come stato sovrano e indipendente dopo aver provato per quasi un secolo esperimenti di federazione e confederazione con gli altri popoli della penisola balcanica.

    Nel 1999 la provincia autonoma del Kosovo venne posta sotto il protettorato internazionale UNMIK e NATO con la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite numero 1244 del 1999, che prevedeva l'elezione di un parlamento locale; falliti i negoziati che avrebbero dovuto definirne lo status, il parlamento del protettorato ha approvato la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo il 17 febbraio 2008.[9] Al 29 dicembre 2020 il Kosovo è riconosciuto come Stato da 97 dei 193 Paesi membri dell'ONU (tra cui 23 dell'Unione europea). Sebbene sia iniziato un processo di normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina, sostenuto da Bruxelles e indispensabile per l'adesione all'UE della Serbia, quest'ultima non riconosce il Kosovo come stato sovrano.

    ^ John Van Antwerp Jr. Fine, The Early Medieval Balkans: A Critical Survey from the Sixth to the Late Twelfth Century, Ann Arbor, Michigan, University of Michigan Press, 1991, pp. 38, 41, ISBN 0472081497. ^ Nicholas Miller, Serbia and Montenegro, in Eastern Europe: An Introduction to the People, Lands, and Culture, vol. 3, Santa Barbara, CA, ABC-CLIO, 2005, p. 533. ^ Giorgio Ravegnani, Soldati e guerre a Bisanzio: il secolo di Giustiniano, Il Mulino, 2009, pp. 35, 109, 185, ISBN 978-88-15-13044-0. ^ Constantino VII Porfirogenito, De Administrando Imperio, Cap. XXXII ^ Florin Curta, The Making of the Slavs: History and Archaeology of the Lower Danube Region, c. 500–700, Cambridge University Press, 2001. ^ Јованка Калић, Рашка краљевина: Regnum Rasciae, in Зборник радова Византолошког института, vol. 41, 2004, pp. 183–189. ^ PanaComp.net – Patriarchate of Peć ( in inglese ).. ^ Republic of Serbia - The Constitutional Court: The Constitution of the Republic of Serbia (in serbo e in inglese). ^ Tale proclamazione non è stata accettata e dichiarata nulla e priva di ogni effetto dal Parlamento serbo il giorno seguente.
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